Nella sua battaglia contro l’islam militante, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi si serve non solo di bombardieri e soldati, ma anche dei religiosi dal bianco turbante di Al-Azhar, da un millennio il centro di cultura islamica dell’Egitto.
Nel gennaio scorso, durante un discorso trasmesso in tv da una sala conferenze di Al-Azhar al Cairo, Sisi ha chiesto “una rivoluzione religiosa” nell’islam. Il pensiero radicale, ha detto al pubblico di studiosi islamici, è diventato “una fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto del mondo”. Questo deve cambiare, e agli insegnanti tocca un ruolo di primo piano da svolgere, in scuole, moschee e trasmissioni radiotelevisive.
“Voi imam siete responsabili davanti ad Allah. Il mondo intero è in attesa. Il mondo intero è in attesa delle vostre prossime parole perché questa nazione è dilaniata”.

al-Sisi
Abdel Fattah al-Sisi è stato eletto Presidente della Repubblica Araba d’Egitto nel maggio 2014 con una maggioranza superiore al 96%.

Sorpresi dalla franchezza del presidente, gli studiosi sono diventati “bianchi come lenzuoli”, come hanno riferito alcuni presenti. L’avvertimento del presidente è parte di un progetto assai più vasto. Per contenere il movimento radicale islamico che assedia la sua nazione, Sisi ricorre preferibilmente alla legge e alla forza bruta. Ma sta anche promuovendo una versione più moderata e meno politicizzata della fede.
In questa lotta, l’istituzione Al-Azhar è uno dei fronti più importanti per Sisi, nonché per l’intera regione. L’esito dello scontro in Egitto, la capitale intellettuale e culturale del mondo arabo, ha ramificazioni ben oltre i suoi confini.
La moschea di Al-Azhar è stato costruita nel X secolo ed è una delle più antiche in Egitto. Ha fondato una università che si è diffusa nell’islam sciita fino alla fine del califfato fatimide nel 1171. Si è poi trasformata in moschea sunnita dove si insegnano le quattro scuole di questa confessione.
Oggi le diverse facoltà universitarie e i centri di ricerca hanno 450.000 studenti, molti provenienti da Paesi asiatici e africani. Vi fa capo una rete di oltre 9000 scuole in tutto l’Egitto frequentate da più di 2 milioni di studenti.
Gli insegnanti, i predicatori e i ricercatori di Al-Azhar hanno finora introdotto pochi e modesti cambiamenti. Essi includono riletture dei libri di testo e la creazione di un centro di monitoraggio online per controllare le dichiarazioni militanti sui social media, in modo l’istituto li possa meglio confutare. Ma ancora non esiste un programma compiuto di riforme, e i dirigenti di Al-Azhar ammettono apertamente le difficoltà delle sfide che li attendono.
Per vincerle, Sisi dovrà riuscire dove i suoi predecessori hanno fallito: far coesistere misure di sicurezza severe con un’istruzione volta a promuovere una versione più moderata dell’islam. Le passate esperienze in Egitto, Siria, Algeria e Iraq dimostrano che i tentativi di reprimere l’estremismo possono anche alimentarlo. Finora i risultati di Sisi sono stati alterni.
Il presidente è profondamente religioso, tanto da avere un callo sulla fronte a forza di premerla, anno dopo anno, sul tappeto della preghiera. La moglie e la figlia indossano il velo. La sua pietas era talmente nota che il suo predecessore, Mohamed Morsi, figura di spicco dei Fratelli Musulmani e primo presidente democraticamente eletto in Egitto, lo nominò capo dell’esercito nell’agosto 2012.
Eppure Sisi è stato anche abbastanza duro da togliere il potere a Mohamed Morsi dopo che il leader della Fratellanza era diventato impopolare. Da allora, si è scatenato con brutalità contro la Fratellanza. Centinaia di sostenitori del gruppo sono stati uccisi, migliaia gettati carcere. Questo mese un tribunale del Cairo ha raccomandato la condanna a morte per Morsi in relazione a un’evasione di massa dalle carceri nel 2011.
Far convivere questo pugno di ferro con un messaggio di moderazione è difficile. Alcuni studenti di Al-Azhar si dicono profondamente scettici nei confronti dell’istituzione e dei piani governativi. Molti accusano l’università di essere un megafono dello Stato, che favorisce le élite politiche e militari a spese delle masse povere dove i militanti trovano la maggior parte delle loro reclute.
Alcuni studenti hanno detto alla Reuters che il giro di vite sulla sicurezza è controproducente. La mano pesante del Cairo, secondo loro, finisce per radicalizzare persone che sarebbero aperte a un messaggio di moderazione.
Gli osservatori occidentali apprezzano gli appelli di Sisi all’azione, ma si chiedono anche se abbia un vero e proprio progetto. “C’è il nocciolo di una grande idea in ciò che Sisi vuole fare”, ha detto uno di loro. “Ma la sua visione non sembra chiara e non si capisce come la porterà avanti”.

Moschea e università di Al-Azhar, cortile centrale.

Modernizzare i testi

I critici dicono che i grandi imam di Al-Azhar hanno in varie occasioni emesso editti religiosi a sostegno della politica governativa. Durante il periodo di Hosni Mubarak, presidente per tre decenni fino alla sua caduta nel 2011, il grande imam è stato nominato con decreto presidenziale.
Il governo militare succeduto a Mubarak ha dato ad Al-Azhar maggiore indipendenza. Consentiva a un comitato di Al-Azhar di eleggere il grande imam, anche se il vincitore doveva ancora essere ratificato con decreto presidenziale.
Quando Morsi è salito al potere nel 2012, Al-Azhar ha criticato la sua politica e ha accusato i Fratelli Musulmani di piazzare i propri uomini nelle più elevate posizioni accademiche. Ottenendo posti nelle facoltà, la Fratellanza ha nel complesso aumentato la propria influenza nell’istituzione.
Ma dalla presa di potere di Sisi, Al-Azhar ha epurato i professori dell’èra Morsi, tornando a un sistema di nomine in cui lo Stato svolge un ruolo determinante. Inoltre ha pubblicamente appoggiato la repressione di Sisi contro la Fratellanza e i suoi militanti. Il grande imam, Ahmed al-Tayeb, è stato uno dei pochi personaggi pubblici che affiancarono Sisi allorché annunciò il golpe militare nel 2013, dopo giorni di proteste di massa contro Morsi.
L’università ha emanato nuove norme secondo le quali qualsiasi studente o docente che inciti, sostenga o si unisca a proteste che interrompano l’apprendimento o promuovano sommosse o atti vandalici, sarà espulso o licenziato.
A partire dal 2013, l’ateneo ha anche iniziato a semplificare i programmi per renderli più compatibili con l’età moderna, ha detto Abbas Shuman, vicedirettore di Al-Azhar. I passaggi che parlano di bottino di guerra e schiavitù sono stati rimossi dai libri di testo, ha detto, perché erano applicabili durante le conquiste musulmane, ma ora sono considerati obsoleti.
Un’introduzione a una versione online di un libro sulla teologia islamica ora recita: “Presentiamo questo contenuto scientifico per i nostri figli e le figlie e chiediamo a Dio che li benedica con la tolleranza e il pensiero moderato … e che possano mostrare la giusta immagine dell’islam alle persone”.
Parlando nella sede di Al-Azhar, nella Cairo vecchia, Shuman ha detto che tali cambiamenti sono ragionevoli. “Al-Azhar è costruita sull’eredità islamica. Ma non tutto di essa è sacro”, ha detto.
L’università insiste sul fatto che gli studenti non dovrebbero leggere i vecchi testi religiosi senza guida. E il professor Abdel Fattah Alawari, decano della facoltà di teologia islamica, riferisce che sono state create commissioni speciali per rileggere i libri scritti dai professori per assicurarsi che non tendano all’estremismo.
I religiosi stanno anche cercando di modernizzare i metodi di comunicazione. Al-Azhar ha recentemente inaugurato un canale YouTube per contrastare la propaganda islamista, e ha iniziato a utilizzare i social media per condannare le atrocità dello Stato Islamico. Sceicchi di Al-Azhar hanno fatto visita ai centri giovanili di tutto il Paese per promuovere il pensiero moderato e scoraggiare il radicalismo.
Abdel Hay Azab, presidente dell’università, ha dichiarato: “Al-Azhar educa scienziati, predicatori, medici e ingegneri. Così, quando Al-Azhar fornisce i propri servizi educativi alla società, deve far sì che la religione non sia vista come un ostacolo dalla società stessa”.

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Da sinistra, il primo ministro Ibrahim Mahlab, il presidente Al-Sisi e il grande imam di Al-Azhar, lo sceicco Ahmed el-Tayeb.

Fiqh in versione light

Le riforme non sono state accolte con favore universale. I campus universitari di Al-Azhar hanno assistito a numerose proteste violente pro Fratelli Musulmani dopo la deposizione di Morsi. Alcuni studenti si oppongono alle modifiche apportate al programma di studi.
Yousef Hamdi, studente del terzo anno di Teologia islamica, si è detto sconvolto dal fatto che non gli abbiano insegnato le quattro scuole di pensiero tradizionali e le loro differenze (sarebbero saltate fuori sentenze di antichi religiosi di fama che incitavano “all’uso della forza contro l’oppressione e al rifiuto del sovrano”).
Come altri studenti, Hamdi ha l’impressione che le riforme siano sinonimo di un insegnamento parziale dell’islam. Il risultato – osserva – è che alcuni allievi adesso cercano libri che insegnino quella che ritengono la pura e tradizionale giurisprudenza islamica. “Un certo numero di studenti si sono radicalizzati proprio per essersi rivolti a questi testi senza l’aiuto e l’istruzione di Al-Azhar”.
Un altro studente, intervistato dalla Reuters nella metropolitana del Cairo per evitare intercettazioni da parte dei servizi di sicurezza, ha detto che il passaggio a una versione più morbida del fiqh (l’interpretazione della sharia, la legge islamica) ha fatto arrabbiare la gente. “Vogliono cambiare il piano di studi… L’hanno trasformato in ‘fiqh-lite’”.
Shuman, vicedirettore di Al-Azhar, sostiene che i cambiamenti del programma non hanno indebolito il fiqh così come viene insegnato. “La sharia ha regole che non sono più applicabili all’età moderna e che vanno rivedute”.
Ma H. A. Hellyer, docente presso la Brookings Institution di Washington, ha messo in discussione l’approccio di Al-Azhar. “Gli studenti devono poter contestualizzare tali riferimenti in modo corretto. Altrimenti finiranno per dar retta a quei radicali che questi riferimenti di certo glieli forniranno, ma in modo terribilmente sbagliato”.
Non è difficile trovare testi radicali. Appena fuori dalla moschea di Al-Azhar, nel centro storico del Cairo, il labirinto di vicoli è zeppo di librerie che vendono sia i titoli islamici tradizionali sia i libri di studiosi più estremisti, tra cui Ibn Taymiyya e lo sceicco Kishk.
Un libretto di Ibn Taymiyya contiene dichiarazioni isolate tipo “L’onestà nella fede non è completa senza la jihad per amore di Dio”. Studiosi islamici le hanno criticate poiché non propongono alcun contesto in cui la jihad appaia giustificata.
Alcuni librai affermano di vendere ancora senza problemi i testi di Sayyid Qutb, un leader della Fratellanza Egiziana di metà XX secolo che è ampiamente considerato il padre della moderna ideologia islamista.

I contro del pugno di ferro

L’inasprimento delle politiche di sicurezza può minare i tentativi di riforma dell’istruzione, inasprendo la visione degli studenti che già simpatizzano per gli islamisti ed emarginando alcuni moderati.
Prendiamo il diciottenne studente di Al-Azhar, il cui soprannome è Abu Obeida al-Ansari. Il tagazzo ha frequentato le scuole di Al-Azhar fin dall’infanzia. Due anni fa si unì alle manifestazioni del Cairo contro Sisi. I manifestanti erano furiosi per la repressione che aveva ucciso decine di membri e simpatizzanti dei Fratelli Musulmani. L’adolescente fu poi arrestato, a suo dire, per essersi fatto trovare accanto a un membro della Fratellanza in una strada bloccata dalle forze di sicurezza.
Ansari ha detto alla Reuters via Facebook che Al-Azhar ha sbagliato a sostenere Sisi: l’istituzione è “infiltrata” dalle agenzie di sicurezza egiziane e dal pensiero filogovernativo, e insegna cos’è la legge sharia ma non come metterla in atto.
Ansari è stato anche disilluso dai Fratelli, che ritiene troppo arrendevoli di fronte alla repressione governativa. “Voglio unirmi allo Stato Islamico”, ha detto, “in Libia, in Siria o in Iraq, e poi tornare in Egitto per vendicarmi di tutti gli apostati nell’esercito e nella polizia che hanno ucciso e arrestato i miei amici.”
Ha aggiunto: “Tutti devono partecipare alla jihad. L’ho imparato dalle mie ricerche, dal fiqh che ho studiato e dalle fatwa dello Stato islamico”.
Anche Islam Yehya, che studia Teologia Islamica ad Al-Azhar, è irritato dalla repressione di Sisi. Le forze di sicurezza, ha detto, “credono che tutti gli studenti di Al-Azhar siano terroristi o membri dei Fratelli Musulmani. E la verità è che Al-Azhar comprende Fratellanza, salafiti, liberali e laici e persone che non sanno niente di politica”.
Le tattiche della durezza alimenta un odio profondo per la polizia: “Due dei miei amici universitari sono andati in Siria per unirsi alle cellule terroristiche dopo essere stati torturati in prigione per due mesi”.
Il governo egiziano smentisce le accuse di violazione dei diritti umani e ricorda che i Fratelli, l’ISIS e Al Qaeda rappresentano una grave minaccia per l’Egitto.
Tuttavia, fonti della sicurezza ammettono che le università sono nel mirino. Un ufficiale di polizia ha detto alla Reuters che “la maggior parte degli studenti di Al-Azhar sono sospetti” e vengono regolarmente monitorati. A seconda di quanto si scopre, gli studenti sono sottoposti a ulteriori controlli oppure fermati. “Gli studenti di Al-Azhar hanno tendenze estremistiche e di solito sono facile preda di chi li inganna per arruolarli nelle cellule terroristiche”.
Anche altri concordano sulla linea dura. Abdul Ghani Hendi, consigliere per gli affari religiosi del parlamento egiziano, pensa che Al-Azhar debba essere completamente ristrutturata e messa nelle condizioni di fare autocritica. “Tutto il pensiero dominante di questa società è estremista. Dobbiamo ammetterlo con franchezza”.
In aprile, un funzionario del ministero dell’Educazione ha organizzato un rogo di libri nel cortile di una scuola privata, sostenendo che la biblioteca comprendeva testi islamici che incitavano alla violenza. L’azione ha provocato lo scherno di islamisti e laici allo stesso modo, visto che alcuni dei volumi bruciati non avevano nulla a che fare con l’islam.
Nondimeno, Sisi resta inflessibile nella sua lotta contro la militanza religiosa e pensa che Al-Azhar possa fare di più per promuovere un islam moderato. In un recente discorso, ha detto: “Abbiamo bisogno di muoverci in modo più veloce ed efficace”.

 

(Analisi di Mahmoud Mourad e Yara Bayoumy per Reuter. Trad.ne di “Etnie”)