Gli Hutteriti: una comunità religiosa nata nel XVI secolo in Sud Tirolo, che, in un altro continente, ha conservato pressoché immutati la lingua, i costumi e le tradizioni dei padri. Il rigore della vita comunitaria, familiare, scolastica, religiosa.

Sembra un paradosso. Eppure gli Hutteriti delle province canadesi hanno mantenuto immutati, per oltre quattrocento anni, le abitudini, gli abiti e la lingua dei loro progenitori tirolesi del XVI secolo.

distribuzione hutteriti in canada
Il Canada e gli Stati Uniti d’America e gli insediamenti degli Hutterer divisi nelle grandi famiglie dei Schmiedeleut (i fabbri), dei Dariusleut (la gente di Dario) e dei Lehrerleut   (i maestri).

La setta, detta degli Hutterer, si formò in Moravia intorno al 1529 e prese il nome da Jakob Hutter, di Moos in Val Pusteria, che morì martire della fede anabattista. Gli Hutteriti furono a lungo perseguitati da cattolici e protestanti e costretti a drammatici esodi in Cecoslovacchia, Transilvania, Ucraina. Quando gli Hutteriti dovettero, nel 1874, lasciare la Russia degli zar (a causa dell’introduzione del servizio militare obbligatorio), trovarono una nuova patria nel Nordamerica. Inizialmente si stabilirono nel South Dakota, più tardi nel North Dakota, nel Montana, Washington e Minnesota e nelle province canadesi di Alberta, Manitoba e Saskatchewan. Oggi sono circa 22.000, divisi in colonie agricole chiamate Bruderhöfe, fattorie dei fratelli, varianti da 60-70 fino a un massimo di 123 membri l’una.

Arche nel mare del peccato

Cosi vengono chiamate dai fratelli hutteriti le loro comunità agricole. I fratelli vivono una vita di lavoro e preghiera scandita dagli insegnamenti della Bibbia. Pochissimi sono i contatti con il mondo. Sperduti nelle immense distese delle province canadesi meridionali, gli Hutteriti sono gelosi del loro isolamento, che è la condizione essenziale per attuare la loro dottrina comunitaria.
“Tutti coloro che sono diventati credenti — così è scritto negli Atti degli Apostoli 2,44-45 — stanno insieme e tengono ogni cosa in comune. Chi ha proprietà e sostanze le vende e ne fa parte a tutti, secondo il bisogno di ognuno.”
Tutti devono lavorare, uomini e donne, grandi e piccoli, a seconda delle capacità. Il principale sostentamento proviene dall’agricoltura, ma ci sono anche fratelli che allevano il bestiame e che fanno gli artigiani. Così una colonia si garantisce l’autosufficienza per quanto riguarda i bisogni primari. L’unica concessione che gli Hutteriti fanno al mondo della tecnica è l’uso dei mezzi meccanici più moderni applicati all’agricoltura e all’allevamento del bestiame.
Gli uomini lavorano nei campi o nelle stalle, le donne si preoccupano della cucina, degli orti, filano, tessono e cuciono i vestiti della comunità.
La colonia è retta da un predicatore coadiuvato da cinque o sei aiutanti che presiedono le varie attività: c’è il “boss della fattoria”, “l’apicoltore”, “l’allevatore di bestiame”, “l’economo” e il “maestro”.
I fratelli hutteriti conservano pressoché intatti i costumi e la lingua dei loro progenitori europei, rifiutano la radio, la televisione e tutti i beni “ di consumo ”. Il reddito delle comunità è molto alto e serve al sostentamento e ai bisogni specifici di ogni gruppo.
La massima autorità è quella religiosa, quella del predicatore che decide del bene della comunità e distribuisce equamente i lavori e i compiti.

Venerdì mattina si fa il pane. Ogni donna della comunità è impegnata una settimana su tre in questo compito. Ogni mese e mezzo cambia il turno per la cucina o per la mungitura delle mucche.
Venerdì mattina si fa il pane. Ogni donna della comunità è impegnata una settimana su tre in questo compito. Ogni mese e mezzo cambia il turno per la cucina o per la mungitura delle mucche.

Le donne sono responsabili, a turno, della grande cucina comune e della conservazione dei prodotti alimentari della colonia. I pasti vengono consumati in un grande refettorio dove gli uomini siedono separati dalle donne e dai bambini.
I costumi degli Hutteriti sono ben poco mutati nei secoli. Gli uomini portano calzoni e giacche nere, un cappello nero a larghe falde; i loro visi sono ornati da grandi barbe da partriarchi (ob-bligatorie per gli uomini sposati); proibiti i baffi, perché considerati militareschi. I calzoni sono sorretti da imponenti bretelle.
Le donne hanno abiti lunghi alle caviglie, grandi grembiuli e, in testa, sempre, un fazzoletto o una cuffia. I capelli infatti devono essere raccolti e nascosti perché ritenuti elemento pecca
minoso. Nessun ornamento è permesso. L’unica civetteria è quella di portare gli occhiali!
Lo stesso principio va applicato anche alle abitazioni: niente specchi o quadri, niente radio o televisione, niente musica o ballo o fumo, tutti strumenti del demonio.
Solo i fratelli non ancora battezzati possono farsi fotografare o usare l’automobile.
Durante il tempo libero i fratelli vanno a far visita alle comunità vicine, chiacchierano dei raccolti, combinano matrimoni e pregano. Non si fanno banchetti. Ogni tipo di godimento terreno, anche quello del cibo, è ritenuto peccato.
Un rappresentante della comunità è addetto agli scambi. I ragazzi e le ragazze possono seguire questo fratello nei suoi viaggi nelle vicine città per prendere contatto con il resto del mondo e vederne la degradazione e la bruttura, per comperare le cose necessarie alla colonia o per andare dal medico.

La scuola

Dato che gli adulti sono impegnati nel lavoro per tutta la giornata, i bambini vengono educati alla vita comune nelle scuole. I bambini piccoli sono curati e custoditi nella scuola dei piccoli, dove fanno servizio le “ante” (tante = zia), donne che hanno superato i sessantanni e non sono più adatte a lavori pesanti.
Dai sei ai quindici anni i bambini crescono sotto lo sguardo vigile del maestro che insegna loro a leggere e a scrivere in lingua tedesca, ma si cura soprattutto di impartire gli insegnamenti della Bibbia, che è legge della comunità.
Anche la scuola, come le case, non ha ornamenti. Non ci sono quadri o lavagne; i bambini siedono in file, da una parte i maschi, dall’altra le femmine. La lezione di svolge pressappoco così:
Maestro: “Chi ha strappato la mela, Sara?”
Sara: “È stata Eva.”
Maestro: “Chi ha detto a Eva di strappare la mela, Judith?”
Judith: “È stato il serpente a dirlo.”
Maestro: “E chi aveva detto di non farlo, Greta?”
Greta: “Il Padre Eterno lo aveva detto ad Adamo e a Eva.”
Maestro: “Che cosa è successo dopo, Susanna?”
Susanna: “Adamo e Eva sono stati puniti con la morte.”
Maestro: “E perché Adamo ed Eva volevano strappare la mela, Teresa?”
Teresa: “Perché volevano diventare sapienti e conoscere il bene e il male.”
Naturalmente, non a caso, il maestro rivolge le sue domande sul peccato alle femmine!
Dopo le domande c’è l’ora della scrittura e del canto. Si copiano in gotico i versetti della Bibbia e si cantano canti religiosi.
Ma non c’è solo il maestro che si prende cura dell’educazione dei bambini. Gli Hutteriti ebbero, dopo la prima guerra mondiale, quale condizione del permesso di soggiorno in Canada, l’obbligo della frequenza della scuola pubblica.
I bambini della comunità non possono lasciare la colonia: così si è arrivati a un accomodamento. Un insegnante inglese viene ogni giorno e tenere la sua regolare lezione.
Durante le ore della maestra inglese la classe si trasforma. I banchi vengono disposti a cerchio e gli scolari ordinati secondo l’età e non secondo il sesso. La maestra porta con sé, quali sussidi didattici, il globo e la lavagna e arreda la classe con i più svariati cartelloni di piante e animali. Ma l’insegnamento della “Miss” non sconvolge solo l’ordine dei banchi e la pulizia delle pareti. La Miss dice che la storia del peccato originale è solo una leggenda, che gli uomini discendono dalle scimmie e che la terra è vecchia di un miliardo d’anni, e non solo di 6000 come afferma il maestro (2000 dalla creazione alla distruzione di Sodoma e Gomorra, 2000 fino alla nascita di Cristo, e 2000 fino ai nostri giorni). La Miss insegna che la terra gira e il sole sta fermo.
Chi mente e chi dice il vero? La breve pausa fra le lezioni della Miss al mattino e l’insegnamento del maestro al pomeriggio sono, giorno dopo giorno, un balzo di centinaia di anni. Nell’arco di una giornata si passa dal medioevo all’èra atomica. Un mondo diverso irrompe nelle semplici menti dei bambini hutteriti: “Le onde del mare del peccato lambiscono l’Arca di Dio.”
Ma naturalmente i bambini non prendono molto sul serio la giovane donna in jeans (“Voi donne non porterete abiti maschili”, Mosè, 22,5). La Miss non sa parlare né scrivere il vero tedesco, fuma durante la pausa, e per il weekend va persino a ballare: tutte cose che la porteranno alla sicura dannazione.

Il battesimo

Per un fratello hutterita il battesimo è il punto più alto della vita nella comunità. Il battesimo non è per gli Hutteriti un sacramento ma un comandamento, e viene impartito a quei fratelli che, raggiunta la maggiore età, lo richiedano a conferma della loro volontà comunitaria.
Digiuno e penitenza precedono il rito poiché, dicono le Sacre Scritture, “chi saprà uccidere la propria natura rinascerà in Cristo all’immortalità. Sarete così rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna” (Pietro, 1,23).

Due giorni e due notti vengono vegliati i morti con canti, preghiere e sermoni. La morte non è vista come una tragedia, ma come una tappa dolorosa e necessaria per rag¬giungere l’eternità.
Due giorni e due notti vengono vegliati i morti con canti, preghiere e sermoni. La morte non è vista come una tragedia, ma come una tappa dolorosa e necessaria per rag¬giungere l’eternità.

Il matrimonio

Il modello ideale di matrimonio per un fratello hutterita è di nuovo quello dell’Antico Testamento: Abramo che lascia la sua terra per sposare Sara senza averla mai vista.
Un giovane hutterita che vuol prender moglie si rivolge al predicatore della comunità vicina e questi, con il consiglio degli anziani, cercherà la ragazza più adatta. Alla ragazza prescelta è data la possibilità di rifiutarsi, ma solo per una volta. Una comunità onorata non si deve far guidare dai sensi (il piacere della carne e degli occhi non va valutato sopra misura), ma dal bene comune.
Le nozze vengono celebrate circa un anno dopo la presentazione dei futuri sposi (Giuseppe, dicono i testi sacri, dovette aspettare sette anni per avere Rachele) e non sono una festa allegra. “Quando viene la primavera”, dice un’antica canzone, “le fanciulle sono pronte a sposarsi e a morire.”
La giovane sposa lascia la sua comunità per essere accolta in quella dello sposo, dove, per la verità, non l’aspetta una vita molto diversa da quella che ha lasciato.
Ogni sei settimane sarà il suo turno per mungere, per cucinare o per fare il bucato. Se avrà dodici figli, come sua madre e la madre di sua madre, avrà diritto, a ogni parto, a godere dell’aiuto di sua madre che la raggiungerà dalla comunità d’origine e starà con lei un intero mese.
Separazione e perdita sono i fili conduttori della vita degli Hutteriti. Più e più volte nei secoli i fratelli hanno dovuto separarsi e abbandonare le loro terre. Sta scritto: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa. Ma Gesù rispose: Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto al regno di Dio” (Luca, 9,61-62).
Ma non soltanto la violenza altrui o il matrimonio o la morte separano gli Hutteriti in questa valle di lacrime. Dice la legge che, quando una comunità raggiunge le 125 anime, è tempo di comperare altre terre e di dividersi. Es ist Zat zum Voreindergehen (letteralmente, in dialetto tirolese: “è tempo di dividersi”). L’esperienza di secoli ha espresso il numero di 125 come limite massimo per il tipo di economia delle colonie agricole degli Hutteriti.

Le donne con i loro costumi e le allegre cuffie nei campi.

Il denaro non manca e, almeno in Canada, la terra si può ancora comperare. Naturalmente sorgono non poche difficoltà. I vicini anglofoni trovano del tutto ridicoli i poor Huts che rifiutano ogni gioia della vita. Ridono dei loro abiti neri, delle loro scarpe fatte a mano, dei fazzoletti delle donne e delle barbe degli uomini. “Bisogna lottare contro la via hutterita al comunismo”, si borbotta, ma critiche e proteste valgono a poco.
Gli Hutteriti comperano legalmente la terra e la pagano bene. La nuova “arca nel mare del peccato” viene costruita in breve tempo. Tutto è come nella comunità madre: sei case d’abitazione, una schiera a ovest e una a est, la cucina comunitaria a sud, la scuola a nord. Solo le montagne sono un po’ più lontane, ma tant’è, a tutto ci si abitua. Quando tutto è pronto, le case, la scuola, la cucina e le stalle, ci si prepara alla divisione. Di tutto vengono fatte due parti uguali: divisi i macchinari, gli utensili, gli animali e le provviste.
Ora tocca agli uomini. Nessuno sa se dovrà andare o rimanere; e gli uomini sono un po’ più complicati dei macchinari, delle mucche o delle oche surgelate. Le due comunità dovranno avere la stessa struttura: ci vorranno due predicatori, due maestri, due economi, due boss della stalla e così con il resto.
Su due lavagne vengono scritti i nomi e le famiglie che a questi “capi” sono legate da vincoli di parentela o di lavoro. Arrivati a due parti quasi uguali (60 e 65 o 63 e 62), i due predicatori tirano a sorte la comunità che resta e quella che parte. Terminata questa cerimonia i fratelli hutteriti si inginocchiano, pregano che il Signore sia propizio alla scelta e festeggiano con caffè, pane dolce e pianti.
Visto il forte incremento demografico, la divisione di una comunità è necessaria ogni 15-20 anni e c’è gente che, in una vita, ha cambiato ben tre volte di sede. Non fa niente — dicono i fratelli hutteriti — se in 450 anni hanno cambiato 12 nazioni e 2 continenti.
Come può finire questa storia? O meglio, fino a quando i fratelli hutteriti del Canada potranno rimanere nelle loro utopia religiosa, conservando intatti nel tempo i costumi e la lingua della loro madrepatria di 450 anni fa?
Queste e molte altre sono le domande che ho posto a due rappresentanti degli Hutteriti, Peter Tschetter e Jakob Gross in cammino sulle strade del mondo a visitare i luoghi che diedero i natali al loro fondatore e capo, il predicatore Jakob Hutter di Moos in Val Pusteria.
Mi trovavo tra gli spettatori alla conferenza dei fratelli hutteriti tenuta a Bolzano, nella “Uraniasaal des Waltherhauses”, il 9 ottobre 1984.
La risposta non è venuta però dai fratelli hutteriti. Uno dei presenti ha detto testualmente: “Heiss und kalt, lief mir über den Rücken; wir kämpfen hier jeden Tag um unsere Sprache, und da kommen zwei aus Amerika, deren Vorfahren dieses Land vor 400 Jahren verlassen haben, und sie reden noch Tirolerisch.” (Freddo e caldo mi viene giù per la schiena. Noi siamo qui a combattere ogni giorno per la nostra lingua e ti vengono due dall’America, i cui avi hanno lasciato questa terra da 400 anni, e parlano ancora dialetto tirolese).

Le fotografie sono di Tim Rauter, tratte dal volume Das vergessene Volk, di Michael Holzach, n. 1, Hoffman und Campe Verlag, Hamburg.

Pubblicato nel 1985 su:

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