Mentre i Papa Boys, mossi dal coraggioso appello a trasportare mezza Africa e l’intero Medio Oriente in Europa, aggredivano pacificamente la frontiera austriaca, l’intero panorama giornalistico italiano commentava con struggente commozione la consegna del Premio Carlo Magno 2016 a Jorge Bergoglio, il globalista argentino attualmente a capo del Vaticano. Poche le voci di dissenso, a parte l’incredulità della gente comune di fronte all’invito, rivolto a milioni di persone, a traslocare a casa nostra con armi, bagagli e culti di morte. Tra le rare analisi anche pacatamente critiche, quella di Davide Giacalone con il titolo EuroBergoglio, pubblicata su “Libero” dell’8 maggio.

Le parole di Bergoglio, sull’Europa, non stupiscono. Semmai impensieriscono tanti commenti senza spirito critico, tanti applausi senza pensiero, tanta voglia di non valutare le sue esatte parole, ma quel che si suppone dovrebbero voler dire. Fosse questione di fede mi asterrei, da rispettoso estraneo alla materia, ma sono questioni politiche. Meritevoli di attenzione. In particolare cinque, fra le cose che ha detto.
1) Si è chiesto: cosa ti è successo, Europa, madre dei diritti umani? È successo che quei diritti si sono affermati dopo secolari guerre e continue battaglie contro gli assolutismi. Statuali e religiosi. La chiesa cattolica non fu certo paladina della libertà di culto. L’Europa che ne è risultata, madre dei diritti, non è una società che ammette tutte le culture, per niente, è in sé una cultura che si basa sul diritto e la convivenza. A patto, naturalmente, che nessuna delle componenti voglia annientare le altre. È successo che questa fantastica costruzione, che è lo Stato laico, s’è trovata a fare i conti non con i musulmani (a proposito: buon lavoro al nuovo sindaco di Londra, democraticamente eletto, nonché incarnazione che solo uscendo da sé medesimi si può non fare i conti con le diverse fedi), ma con un fondamentalismo islamico fanatico, terrorista e annientatore. S’è trovata la guerra in casa ed ha il dovere di vincerla. Certo: senza tradire sé stessa. Ed è successo che i diritti di un tempo erano di parole e di fede, quindi gratis, mentre molti dei diritti di oggi sono tutele economiche, quindi costosi. E non si può pagare solo a debito.
2) Sogno, ha detto Bergoglio, una terra dove migrare non è delitto. Da noi non lo è. L’Unione europea è piena di emigrati (con la “e”, perché “migranti” è una truffa semantica). Alcuni capi di governo sono emigranti o discendenti di emigranti. Da noi è proibito farlo clandestinamente, violando le leggi. Ma se non fosse proibito l’avremmo scannata, quella madre dei diritti, perché non potrebbe mai sopravvivere alla negazione del diritto. Certo, le politiche dell’immigrazione vanno riviste, le frontiere esterne controllate, per evitare di sclerotizzare quelle interne. Certo, l’idea che un Parlamento (quello inglese) voti contro l’ingresso di tremila bambini soli crea disgusto. Ma anche quella è una perversa conseguenza della svagatezza con cui s’è fatto credere che le frontiere possano non esistere. Lo stesso Bergoglio, del resto, ha portato con sé dodici emigranti, dalla Grecia, ma ai suoi portoni bloccano tutti gli altri. Né potrebbe essere diversamente. L’equivoco è cresciuto al punto da sognare quel che siamo, segno che ci se ne è dimenticati.
3) La cultura del dialogo, ha detto, dovrebbe essere insegnata a scuola. Giusto. Dialogare, però, significa essere capaci di cambiare. Noi, ma anche gli altri. Ieri dialogammo con le forze comuniste, ma avvertendo che da noi non avrebbero mai potuto dominare, perché sarebbe stata la fine della libertà. La storia le ha sconfitte, evviva. Oggi dialoghiamo volentieri con tutte le culture, ma da noi infibulare una bambina porta in galera, non a discuterne. Supporre che una donna valga meno di un uomo non è per noi accettabile. Passi per la fede, ma non per la legge civile. Dialoghiamo, spieghiamo, ma non cediamo, altrimenti la madre dei diritti diventa la matrigna della sopraffazione.
4) Va sempre bene cercare “nuovi modelli economici”, ma ricordando che il nostro ha un miliardo di difetti, ma ha creato tanta ricchezza e immenso benessere. Sconosciuti nel passato e altrove. Bergoglio non dica che da noi i giovani scappano, perché non trovano lavoro: si muovono, spesso all’interno dell’Ue, ed è un bene. Piuttosto ci sono moltitudini che chiedono di entrare, masse di giovani che vorrebbero costruire qui la loro vita. Sono masochisti? No, sono razionali: in nessun altro posto c’è altrettanta libertà, sicurezza e benessere. Capisco che la lamentazione è la sola musica ammessa nella scena collettiva, ma cerchiamo di non renderci ridicoli, nel negare la solare evidenza.
5) Nessuno ha voluto riprendere o commentare la condanna pontificia del denaro dato in prestito in cambio di un interesse. Capisco, è imbarazzante. So che è un pregiudizio figlio di tanta cultura religiosa, cristiana come islamica. Ma è fuori dal mondo. L’Europa ricca e madre dei diritti s’è costruita anche facendo la banca e non identificandola con l’usura. Magari, come nel quadro di Quentin Metsys (e tanti altri), il banchiere conta i soldi e la moglie legge penitenzialmente le sacre scritture. Tante banche, nel mondo, hanno nel nome l’origine cristiana. Ripiombare nel passato non è un modo per costruire equità, ma per distruggere benessere.

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Più incisiva (al solito) e persino rabbiosa la reazione di Antonio Socci, sempre su “Libero”, uno dei pochi quotidiani a porsi qualche domanda su questa festa dell’invasionismo. Nel suo articolo Il Papa frusta l’Europa perché si suicida con troppa lentezza, Socci sostanzialmente tenta di spiegargli perché i “muri” europei gli permettono di predicare da San Pietro e non da una moschea.

L’attribuzione del Premio Carlo Magno a papa Bergoglio induce all’ilarità. Sarebbe come attribuire un Premio San Tommaso d’Aquino a Eugenio Scalfari.
Com’era prevedibile il papa argentino – dopo aver cestinato le “radici cristiane dell’Europa” e i “principi non negoziabili” che sono alla base della civiltà europea – ha proclamato il suo unico “principio non negoziabile”: l’immigrazione. E con essa l’affondamento dell’Europa.
Del resto – in barba al titolo del premio – la fallimentare Europa tecnocratica e laicista (cioè a guida tedesca e francese) ha, già da tempo, rinnegato Carlo Magno e il Sacro Romano Impero, cioè la cultura cristiana che ha costruito l’Europa dei popoli.
Bergoglio ha invitato a far memoria del passato, ma lui è a digiuno di storia. Infatti ha ripetuto la solita solfa sul dovere di “costruire ponti e abbattere muri”, ignorando che l’Europa è nata letteralmente dalla costruzione di solide mura di confine, difese per millenni con la spada. I franchi costruirono il primo nucleo del loro regno e del Sacro Romano Impero proprio quando, a Poitiers, nel 732 d.C. fecero muro per fermare la prima invasione islamica che dalla Spagna cercava di conquistare l’Europa.
Carlo Martello vinse grazie all’aiuto di visigoti, bavari, alemanni, sassoni e gepidi. Era il primo muro di difesa europea della nascente civiltà che stava prendendo forma nei monasteri benedettini, dove si salvavano e si tramandavano i tesori della cultura greca, giudaico-cristiana e latina e si faceva rinascere il lavoro, l’agricoltura e l’economia.
A parte le battaglie di Carlo Magno sui Pirenei, l’Europa, continuamente saccheggiata da scorrerie saracene, si salvò perché negli altri due, colossali, tentativi di invasione musulmana, gli europei fecero ancora muro e vinsero. A Lepanto nel 1571, grazie alla flotta della Lega Santa promossa da papa Pio V (a quel tempo i papi difendevano la cristianità dall’islamizzazione, mentre quello odierno vuole abbattere le frontiere e favorire l’invasione). La terza volta in cui fu scongiurata l’invasione islamica dell’Europa fu nel 1683, sotto le (solide) mura di Vienna. L’Impero Ottomano aveva già conquistato l’impero romano d’oriente, devastando la millenaria Bisanzio e avanzando, con 140 mila uomini, su per i Balcani fino a Vienna. Se fossero cadute le sue mura l’Europa sarebbe stata invasa e islamizzata. Ma un esercito cristiano (metà di quello ottomano), guidato dal re polacco Giovanni III Sobiesky e formato da austriaci, polacchi, italiani, franconi, sassoni, svevi e bavaresi, vinse e l’Europa fu salva per la terza volta.
Altrimenti oggi saremmo tutti turchi, come a Bisanzio che è diventata Istanbul. E la Basilica di San Pietro sarebbe una moschea com’è accaduto a Santa Sofia.
A dirla tutta – ma Bergoglio lo ignora – l’Europa è nata, fin dalla sua lontana origine greca, proprio costruendo un muro invalicabile rispetto alla debordante invasione orientale. Infatti l’Europa non esiste da sempre. Mentre tutti gli altri continenti sono entità geografiche definite, essa – che è un’appendice dell’Asia – nasce solo da un’identità culturale. La sua culla sono state piccole città greche come Mileto dove alcuni, a cominciare da Talete (VII secolo a.C.), presero a riflettere sull’essere, sul logos (la ragione) e sull’arché (il principio). L’ethos del pensiero, della ricerca sulla verità e sull’essere, fu il primo germe dell’uomo europeo che poi sbocciò con Socrate e Aristotele. Ma il bocciolo rischiò di essere subito travolto dall’oriente asiatico. L’Impero persiano – con la sua oscura cultura dei miti, delle inquietanti cosmogonie e delle opprimenti teocrazie – stava per divorarsi tutto l’occidente.
La scintilla della rivolta antipersiana nel 490 a.C. brillò proprio a Mileto, e prima a Maratona, poi alle Termopili, infine a Salamina, pochi valorosi combattenti greci respinsero l’immane potenza persiana.
Grazie a questo muro umano poté fiorire il primo germe d’Europa, poi esaltato da Roma, dalla civiltà giuridica del suo impero mediterraneo e infine abbracciato e reso fecondo dall’annuncio cristiano arrivato, ad Atene e Roma, con gli apostoli Pietro e Paolo che provenivano da Gerusalemme.
Questa è l’Europa. Solo da una città che ha solide mura e chiara identità si possono costruire ponti. Infatti questa cristianità europea poi portò la speranza cristiana dell’immortalità in tutti i continenti e insieme portò la libertà, la dignità umana e la razionalità. La quale ha partorito la tecnologia, la scienza e il benessere economico.
Ma dal rinnegamento di queste radici è nato anche il male, cioè i totalitarismi che hanno insanguinato l’Europa e il mondo del Novecento.
Sulle loro macerie, però, dal 1945, la pace, la prosperità e l’unità europea sono tornate grazie a statisti cattolici come Schuman, De Gasperi e Adenauer che riportarono i loro popoli alle radici cristiane (tutti e tre hanno la causa di beatificazione in corso o in via di apertura).
Dopo la caduta del Muro di Berlino dell’89 ha invece prevalso una tecnocrazia europea laicista che di nuovo ha spazzato via quelle radici sostituendole con la moneta unica e con politiche devastanti.
I grandi pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno lanciato l’allarme contro questa deriva nichilista e tecnocratica, una vera “dittatura del relativismo” che rischia di partorire nuovi mostri.
Se l’Europa avesse voluto ritrovare le sue radici e con esse l’energia di rinascere, li avrebbe ascoltati. Ma non l’ha fatto. Infatti nessun premio Carlo Magno è stato dato a Benedetto XVI, che è stato un vero gigante del pensiero europeo (basterebbe il suo storico discorso di Ratisbona). L’oligarchia progressista tedesca (a partire dai vescovi teutonici) detestava Ratzinger.
Oggi che l’Europa è allo sbando, in crisi, invecchiata, ha reciso le sue radici, viene invasa ed è affossata da una tecnocrazia fallimentare, il Premio è stato giustamente assegnato al simbolo perfetto dello smarrimento spirituale dell’Europa: l’argentino Bergoglio, il paladino dell’invasione, colui che più spinge per l’affondamento dell’antica Europa (sono stati Jean-Claude Juncker e Martin Schulz a motivare questa assegnazione).
E non a caso Bergoglio, nel suo discorso, ha chiesto all’Europa di spalancare le frontiere alla marea migratoria esaltando proprio quel “multiculturalismo” che di solito è una maschera del relativismo, spesso dell’odio anticristiano e soprattutto è la porta spalancata all’islamizzazione.
Infatti Benedetto XVI, nel suo dialogo con Marcello Pera intitolato @Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam@, dice: “La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie”.
È questa rinuncia alla sua identità e ai suoi valori che ha fatto invecchiare l’Europa e la rende un fragile vaso di coccio oggi nella competizione internazionale.
Ratzinger spiegava: “C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”.
Benedetto è stato spazzato via. Oggi il cuore stesso d’Europa, Bruxelles, è più islamico che cristiano, l’Europa è “disarmata” come una “terra di nessuno” dove chiunque può sbarcare (come dice il recente rapporto dell’Europol) e, in barba alle dichiarazioni buoniste, l’Ue si arrende addirittura alla Turchia pur di fermare temporaneamente l’invasione. Miope autolesionismo.
Un’Europa in mano a queste assurde tecnocrazie e senza solide radici cristiane non ha alcun futuro.