canto khayal

 

Nell’ambito del Festival d’Oriente l’Unione Induista Italiana, presente alla Fiera di Roma con un apposito spazio dedicato alla cultura millenaria di appartenenza, è lieta di presentare un evento unico nel suo genere improntato all’approfondimento del canto indiano khayal. A esibirsi sul palco allestito all’interno del Padiglione 6 sarà il M° Supriyo Dutta, un eccellente vocalista, versato nelle sottigliezze del khayal (il più importante genere di canto classico della musica indostana) propenso a un approccio analitico, capace di fornire ai propri interlocutori sia elementi basilari che sottigliezze della musica classica indiana. Ad accompagnarlo saranno Federico Sanesi alle percussioni tabla e Igor Orifici al flauto bānsurī.
Oltre al concerto, il trio offrirà una serie di dimostrazioni ed esercizi secondo un metodo di insegnamento orale, nel quale con la guida del maestro Supriyo Dutta sarà possibile conoscere in maniera pratica e agevole i suoni fondamentali dell’ottava musicale indiana e la struttura di alcuni rāga (“ciò che tinge di colore l’essere”), le forme melodiche classiche indiane. Si presterà particolare attenzione alla tecnica di emissione vocale (supportata da esercizi propedeutici e di respirazione mutuati dal pranayama) e all’intonazione pura della gamma di suoni sullo sfondo di un bordone, intessendo poi composizioni, variazioni e improvvisazioni basate su peculiari cicli ritmici.
Khayal significa letteralmente “immaginazione” e prevede un altissimo livello di improvvisazione e ricerca espressiva legata a specifici contenuti emozionali. Partendo da atmosfere solenni, meditative, romantiche, inizialmente in tempo libero, il khayal giunge gradualmente all’articolazione del tempo in composizioni con figurazioni melodiche e ritmiche, sempre rispettando le regole del rāga e intrecciandosi con il complesso linguaggio ritmico del tabla (percussione principale della musica indostana). Il khayal è patrimonio di tradizione orale antica e ricca di contenuti letterari, poetici, linguistici e filosofici.

Il canto khayal e lo stile di Indore: note storiche

La forma di canto classico conosciuta come khayal (termine arabo-persiano che significa “fantasia, immaginazione”) è un genere altamente evoluto della musica classica indiana, e il più diffuso oggi. Derivando dal dhrupad e dal dhamar, tra i più antichi generi musicali in uso e aventi origine nei templi indù, esso ha mantenuto quei fondamenti unici della tecnica vocale e della filosofia del suono indiane, conosciuta come nada-yoga, elaborandone la fluidità e la complessità ritmica e melodica.
La disciplina si trasmette da guru a discepolo con il sistema di trasmissione orale attraverso i secoli in un processo di “innovazione nella tradizione”, integrando alcuni elementi delle culture assimilate dalla tradizione indiana (soprattutto la poesia e la musica arabo-persiana).
Questo genere acquisisce una sua precisa identità nel XVIII secolo presso le corti Mughal, a opera di alcuni capostipiti quali i leggendari Sadarang e Adarang.
Il khayal è una forma di canto particolarmente romantico, sia per gli abbellimenti della forma musicale, sia per le liriche a cui fa riferimento il repertorio. Il verso poetico (in lingua hindi, brajvasi, avadhi, eccetera) è particolarmente importante anche se la parola diviene, ai fini musicali, materiale quasi astratto e può essere alternata da solfeggi e frequenti vocalizzi.
Il bhara khayal è l’esecuzione di composizioni basate su cicli ritmici in tempo molto largo (il canto è accompagnato dal tabla, strumento a percussione molto espressivo con un importante ruolo solista), e prevede una padronanza dell’intonazione, del tempo e del fraseggio tale da evocare profonda introspezione, magnificenza e sorpresa. Il chota khayal è invece più veloce e fa riferimento a schemi molto dinamici del tipo tema-variazione, con un uso sorprendente di rapide figurazioni melodiche all’interno dei cicli ritmici e nel raggio delle tre ottave. La musica strumentale fa riferimento sia al khayal che al dhrupad, in quanto i grandi maestri hanno trasmesso entrambi i generi, facendo evolvere stili diversi.
Ogni lignaggio musicale (gharana = famiglia, casata, ossia “scuola”) ha sviluppato stili peculiari nella trasmissione e creazione del repertorio classico indiano.
Supriyo Dutta fa riferimento alla Indore Gharana, che prende il nome dalla città del suo fondatore e maggiore esponente Ustad Amir Khan (1912-1974), una delle più influenti figure della musica classica indiana contemporanea.
Alcune importanti caratteristiche di questo stile sono lo sviluppo del raga in tempo lento, l’improvvisazione prevalentemente nell’ottava grave e media; la predilezione per raga e composizioni dal carattere solenne ed espansivo; l’articolazione del fraseggio usando permutazioni melodiche (generando tutti i possibili intervalli e ordini tra le note, una antica tecnica detta merukhand); l’uso dell’acciaccatura e la parsimonia nell’uso di molteplici ornamenti al fine di preservare le qualità introspettive nell’esecuzione; il raro uso di tihai, frasi convenzionali formulate matematicamente per concludere i cicli di improvvisazione; la pronuncia accurata del verso poetico; l’uso di suddivisioni temporali (laya jati) diverse per un’unica figurazione melodica (tan).
Supriyo Dutta è un musicista emergente della musica classica indostana. Inizia il proprio apprendistato all’età di cinque anni, dapprima come allievo di Shri Bidhan Mitra e in seguito, grazie a una borsa di studio, di Pandit Ramkrishna Basu (discepolo del grande Ustad Ameer Khan della Indore Gharana o “Scuola” di Indore). Riceve il diploma M.A. (Gold Medalist in musica vocale) presso l’Università di Kolkata Rabindra Bharati insieme ad altri riconoscimenti e premi di rilievo, quali il National Youth Festival presso la Sarbo bharati Sangeet-o-sanskriti Parishad, il Pasun Bandhopadhyaya memorial award.
Si è esibito in importanti concerti in India e ha cantato e tenuto laboratori di canto indiano in diversi Paesi d’Europa. La sua vocalità e sensibilità artistica non mancano di toccare profondamente il pubblico.
Supriyo accompagna l’attività concertistica a una intensa attività di insegnamento in India. Durante i concerti si accompagna con il surmandal, un particolare salterio intonato su specifici raga.