Nell’ottobre 2015, dopo aver pubblicato un articolo di Vincent Schilling che invitava a non festeggiare il Columbus Day, ricevemmo giusto un paio di mail contrariate, lettori che con pieno diritto contestavano le ricostruzioni storiche di eccidi, stupri e sfruttamenti perpetrati dall’esploratore ligure.
Ebbene, è naturale che di fronte alla “rivisitazione” di figure mitiche, soprattutto se santi, navigatori ed eroi, la gente si schieri, o a favore della tradizione o con chi tenta di metterla in dubbio. Ma non è che appartenere alla seconda categoria comporti necessariamente l’adesione all’ennesima trovata progressista mainstream terzomondista eccetera, quella di moda in questa stagione estiva 2017, ossia la frantumazione dei simboli politicamente scorretti, dalla protostoria alla seconda guerra mondiale.
Le statue di Colombo… presenti in ogni angolo della terra, in America per ovvi motivi, in Spagna perché lì lo credono spagnolo, nelle decine di comuni della riviera ligure che gli hanno dato i natali… stanno a rappresentare l’uomo che ha aperto una via tra due continenti. Punto.
Se il compagno sindaco di New York considera persino questo secondo aspetto una iattura, abbatta pure le statue del Genovese, ma faccia anche la cortesia di tornarsene da dove sono arrivati i suoi antenati, restituendo Manhattan agli indiani algonchini.