La provincia di Corrientes, abitata dalla comunità guaranì compresa entro i confini argentini (il resto di questo popolo è suddiviso tra Paraguay, Brasile, Uruguay e Bolivia), registra la più alta percentuale di terre vendute a investitori stranieri, impedendo alle comunità locali di continuare le tradizionali attività agricole e di allevamento, oltre a depauperare le risorse idriche. Le compagnie straniere controllano attualmente 1.200.000 ettari.
Nella grande zona umida dell’Iberà – circa 20.000 km² di cui 12.000 in area protetta – sono oltre 350.000 gli ettari in mani forestiere, compresa l’università americana di Harvard che ne sfrutta 86.000 per opere di forestazione intensiva.
“Le compagnie sanno come aggirare i vincoli, e qui si vede chiaramente, giorno dopo giorno, che il trasferimento delle terre non significa occupazione e progresso, ma emarginazione, delocalizzazione e morte”, afferma Cristian Piriz, portavoce dello Ysyry Ecological Group di San Miguel, una comunità che confina con le piantagioni di eucalipto gestite da Harvard.
Le organizzazioni degli agricoltori, le comunità indigene e gli ambientalisti stanno chiedendo al governo centrale argentino di rivedere l’appoggio alle multinazionali per acquistare terreni nella patria dei guaranì. Quello che possiamo fare noi è firmare una petizione internazionale per premere sulle autorità accademiche di Harvard affinché inizino a dialogare con la comunità indigena.

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