Nel 1865 usciva una guida pratica per i funzionari sabaudi che dovevano trasferirsi a Firenze, la nuova capitale. Una piccola miniera “antropologica” di curiosità d’epoca e abitudini autoctone per insegnare ai piemontesi a convivere con i neo-concittadini toscani.

 

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Vita da scapoli

Abbiamo supposto fin qui di servire da Cicerone ad un Monsù Travet, buon marito e buon padre di più o meno numerosa prole, il quale per le esigenze del suo stato, per economia, od anche per elezione debba fare la vita di famiglia. Ora è tempo che consacriamo qualche pagina anche a quegli impiegati, i quali sono soli sulla terra… della capitale, e sono per ciò costretti a pensare, essi soli, a tutto – fino alla stiratrice.
E qui naturalmente dobbiamo fare una distinzione importantissima, indispensabile fra quegli scapoli i quali o pel lauto stipendio o pel censo proprio possono vivere bene a Firenze come a Torino, come ovunque senza lesinare sul loro budget, e quegli altri noti sotto il collettivo e sventurato nome di applicati, i quali oltre allo stipendio non posseggono che… la speranza d’aumentarlo colle promozioni.
Pei primi non abbiamo nulla a dire in modo particolare. Ciò che li potesse interessare come cittadini in generale, o come semplici curiosi, lo troveranno nel complesso di questa nostra Guida.
Passiamo dunque a quanto può interessare i secondi.
Il vivere  A Firenze in generale si fa buona vita e non si spende molto. Certamente tutto è un po’ rincarito in quest’ultimi tempi, e forse avrà ancora a rincarire per le nuove condizioni della città. Malgrado ciò siamo ancora di molto, ma di molto lontani dal punto in cui è arrivato il vivere a Torino.
Pensioni  Ciò che a Torino, e in altre città, si chiama una pensione – ciòè una mensa di famiglia per tanto al mese, a Firenze non esiste – per regola – E forse perchè non se ne sentì il bisogno fin qui. Ma è sperabile che s’introduca anche quest’uso, sia per opera dei cittadini sia per opera di famiglie d’impiegati, come appunto accade ora qui.

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Dunque, per i nostri solitari impiegati (e applicati, ovvero dipendenti amministrativi di grado inferiore), scarseggiano quelle abitazioni a più camere con servizi e pasti in comune che abbondano a nord dell’Appennino e nella letteratura naturalista francese: le “pensioni”. Per l’alloggio, dunque, la guida non può far altro che rimandare al doloroso capitolo sugli affitti. Il vitto è invece ben risolto dalla presenza di numerose trattorie per tutti i gusti, mentre se ne vanno aprendo di nuove per corrispondere all’aumento di bocche impiegatizie da sfamare.
Firenze – viene ancora rimarcato – non è cara in confronto a Torino, e si può mangiare bene senza svenarsi. A mo’ di esempio, ci viene proposta integralmente la carta di una delle “primarie trattorie” della città. La riportiamo; e a chi fosse interessato a tradurre i prezzi dei piatti in valuta attuale, ricordiamo che i valori in lire (£ 0,20… £ 1,80… eccetera) vanno moltiplicati per il coefficiente 4,707 (€ 0,94… € 8,47… eccetera). Dove si evince che se uno avesse voluto vivere di primi (come fa certa gente oggi), se la sarebbe cavata anche con uno stipendio modesto…

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Caffè  Per chi è abituato a fare colezione al caffè, diremo che a Firenze si ha un eccellente caffè e latte con, o senza, arrosto per 30 centesimi.
Come? – direte voi – per 30 centesimi un caffè e latte e un arrosto ?
Adagio! Quando voi entrate in un caffè a Firenze e ordinate un caffè e latte, il fattorino vi chiede immediatamente se lo volete con arrosto? Se voi rispondete che sì, vi porta sopra il tondo quattro belle fette di pane abbrustolite e spalmate di burro fresco. – Ecco l’arrosto – Se dite che no, vi porta dei kiffel e delle paste.
Ma se un caffè e latte non vi basta, oppure se non vi piace, potete comandare la bistecca che è, poi, la costeletta ai ferri, a meno che non sia panata. In tutti i caffè di Firenze che si rispettino si cuoce la bistecca fiorentina. E sia detto fra parentesi, la bistecca fiorentina gode d’una fama europea e non usurpata.
Con la non cospicua somma di cent. 70 o tutt’al più 80 si mangia la bistecca con un pane o due, e si prende una tazza di caffè. Se volete bere vino, poi, è un altro affare.
Una tazza di caffè costa come a Torino cent. 15 o cent. 20 secondo che vi portano zucchero in polvere o raffinato e a pezzi.
Alla trattoria – fra parentesi – la tazza si paga cent. 30.
Siccome poi a Firenze i centesimi non ripugnano alla popolazione – come ripugnano a Torino così  se al fattorino del caffè quando vi rende il resto lasciate sul baciletto due o tre centesimi, state sicuro che se li piglia. Se poi vi lasciate un soldo, avete diritto ad esser preso per un milord.
Tuttavia non diremo che questa mancia sia d’obbligo come lo è a Parigi. – Si dà anche nulla senza esporsi a passare per ispilorci.
Gigi Porco  Il nome non è bello, ma la colpa non n’è nostra. Lo chiamano così. Gigi Porco è una specie di pizzicagnolo che vende salami d’ogni qualità, da consumarsi sul sito. Vogliamo dire che col salame vi dà anche il pane, il vino e da sedere. E tutto ciò per pochissimi quattrini.
Gigi Porco è una celebrità fiorentina; e sarà una vera provvidenza per quegli applicati ai quali, non piacendo digiunare col caffè e latte, lo stipendio non consentisse di farlo al restaurant.
Crediamo superfluo darvi l’indirizzo di questo benefattore dell’umanità. Non avrete che a domandarne conto al primo che incontrerete. Lo conoscon tutti, vi ripetiamo.
Osterie e birrerie  Chi ama passare la sera sorseggiando vino o birra, troverà a Firenze birrerie e osterie. Quest’ultime non sono sì frequenti come a Milano, ma sufficienti al bisogno. E c’è a scommettere che ne apriranno di nuove.
In questi luoghi si fuma, e si giuoca a tutti quei giuochi che sono onesti e tollerati dalle leggi.
Quanto alle birrerie, ve ne ha parecchie di veramente belle.
Facchini   I facchini a Firenze non solo non sono così numerosi come a Torino – ove ve ne ha troppi – ma si può anzi dire che sieno scarsissimi. Sicché chi vive da scapolo ed ha spesso bisogno dell’opera di questo utile ceto sociale, per commissioni d’ogni genere, durerà un po’ di fatica a mettergli sopra la mano – con licenza parlando.
Lustra-scarpe  Più numerosa, e quindi sufficiente è la classe se non nobile, almeno necessaria dei lustra-scarpe, disposta a servirvi per due soldi. E siccome a Firenze il fango quando piove, e la polvere quando fa secco, non mancano mai, il lettore ci sarà grato se ama d’essere pulito, come ne siam certi, d’averlo intrattenuto anche dei lustra-scarpe.

 

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Le note già dolenti del trasporto pubblico

Gli autori della Guida pratica popolare di Firenze tengono molto a pubblicizzare dotazioni, fasce orarie e prezzi delle vetture private, cioè delle carrozze a uno o due cavalli con cui i nuovi residenti possono spostarsi per la città. Ma a un certo punto sono costretti ad ammettere che il trasporto pubblico (gli omnibus, diffusissimi nelle città europee dall’Appennino in su) è ridotto ai minimi termini, con due sole linee che fanno capo rispettivamente a piazza del Duomo e piazza della Signoria.
Prima dello spostamento della capitale, il centro toscano riusciva forse a sopportare l’assenza di trasporti “popolari” (la carrozza a nolo costava da 7,50 a 10 euro l’ora, quasi il doppio se si usciva dai confini urbani, contro la cinquantina di centesimi a corsa dell’omnibus), ma con l’arrivo della corte, del governo e del parlamento, la situazione diventa critica. A metà 1865, il Comune è costretto ad appaltare il nuovo servizio a una ditta bolognese, che già gestiva la diligenza tra Pistoia e Porretta. Con il subentro di vari azionisti, l’azienda si amplierà fino a diventare, l’anno successivo, l’Impresa Generale degli Omnibus per la Capitale d’Italia, che durerà fino al 1905. 1)

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Con l’intervento dei bolognesi, le due linee iniziali di cui parla la nostra guida mettono a disposizione del pubblico 60 omnibus, 160 cavalli, 48 cocchieri e 37 conduttori supplementari. Il trasporto, dalle 8 alle 22, avviene a bordo di omnibus e giardiniere, vetture con i lati aperti e una capacità massima di 12 persone. L’attività è notevole: già nel 1866 il movimento è di 2.019.622 passeggeri che cresceranno fino a 3.128.529 nel 1871, ultimo anno di permanenza del governo italiano a Firenze. 
Con il tempo, e anche senza il fardello della capitale, i trasporti fiorentini ottocenteschi diventeranno sempre più sviluppati (ma mai realmente sufficienti), con tramvie a vapore a unire le frazioni e i comuni limitrofi… e naturalmente petizioni contro queste diavolerie moderne, con motivazioni del tenore: “Tutte le madri tremano per i loro figli, i quali saranno continuamente esposti al pericolo d’essere schiacciati, passando la linea ferroviaria ad un solo metro di distanza dalle case abitate”…
Ma, comunque la si percorra, Firenze resta sempre meravigliosa:

Poche città offrono come Firenze, un più ampio campo a chi ama passeggiare al largo, per godere i benefizii del sole o quelli della fresca ombra – secondo la stagione.
Si può, anzi, dire che tutta la periferia della città è un passeggio solo, delizioso, svariato sì per le declinazioni del suolo, che pei cento punti di vista bellissimi.
Ma nel senso più stretto della parola, per chi sotto il nome di passeggiate intende più particolarmente quei luoghi o totalmente artefatti, o naturali e ridotti più acconci dall’arte, che servono di convegno al mondo ozioso ed elegante, diremo che di tali luoghi la nuova Capitale del Regno ne possiede tre; e sono le Cascine, fuori di Porta al Prato, il Giardino Reale di Pitti, detto anche Boboli, e il Parterre, fuori Porta a San Gallo.
Le Cascine  Alle quali convien forse meglio il nome di bosco che di giardino, sono senza dubbio il più bello fra i pubblici passeggi che decorino le diverse metropoli italiane. Se la Villa di Napoli è più amena per la sua posizione in riva al mare, e quindi pel suo vasto ed incantevole orizzonte, se è fatta più vaga dalle sue cento aiuole di fiori, le Cascine sono in compenso più grandiose e per la loro estensione , ch’è di qualche miglio in circuito e per le foltissime macchie di maestose piante secolari, e per gli ampi viali aperti alla circolazione delle vetture. Per soprappiù anche le Cascine costeggiano l’acqua, la quale se non è del mare, è per lo meno dell’Arno. Non mancano a rendere questo passeggio più lieto e più romantico, nè le fontane, nè silvestri costruzioni fatte ad arte. Nel centro trovasi la Reale Palazzina, e le Cascine propriamente dette, innanzi alle quali, in un vasto spianato sogliono suonare le musiche militari nelle ore dello speciale passeggio.
Giardino Zoologico  A destra del gran viale trovasi il prato destinato alle evoluzioni militari; e prima del prato, cioè, più vicino alla città havvi il Giardino Zoologico ricco di animali, sì indigeni che esotici, e assai vagamente disposto. Quivi, tuttavia per avere ingresso si paga la tassa di centesimi 50.
Il Giardino di Pitti  Attinente al Palazzo di tal nome, residenza reale. È aperto al pubblico tutti i giovedì e le domeniche dell’anno dalle ore 9 antimeridiane alle 4 pomeridiane.
È vastissimo – assai più del Giardino Reale di Torino – ed è ciò che chiamasi propriamente un giardino all’italiana come se ne trovano tanti a Roma, cioè a scompartimenti un cotal poco simetrici, a labirinti, a rosai, a terrazzi, a vaste scalee, a fontane in iscultura, a viali decorati da vasi, e da statue. E siccome si estende sul dosso d’una collina piuttosto di ripido pendio, così da quasi ogni punto di esso si godono panorami amenissimi.
Gli servono di cinta le stesse mura della città che si convergono quasi ad angolo al culmine del colle; e quivi a quest’angolo, in cima cioè, sta il forte detto il Belvedere, che giustifica pienamente il nome suo. Gli è da questo forte, in comunicazione col Palazzo Reale, che uno dei figli del Granduca nel 1859 voleva bombardare la Città. Ma, poi, non avendo trovato cannonieri disposti a compiacerlo, pensò meglio di prendere il largo con papà e mamma e fratelli, per non più ritornare. ???
Il Parterre   che viene terzo in ordine e terzo per l’importanza non è nè molto vasto, nè molto rimarchevole per isfoggio d’arte. Trovasi appena fuori la Porta San Gallo. Al costrutto è un prato cinto da siepi attraversaio da parecchi viali paralleli e costeggiati da alberi. È un luogo insomma, che par fatto apposta per lasciarvi trastullare, e scorrazzare i bambini, intanto che le serve fanno all’amore coi soldati del presidio, amore al quale possono abbandonarsi senz’apprensioni, perciocché in quel ricinto non entrano nè vetture, nè cavalli.
Ai puristi non rechi, poi, meraviglia il nome tutto francese di questo giardino. La Metropoli della lingua italiana, si piace anzi moltissimo, per antitesi, di gallicismi; nè questo è il solo. Vi abbiamo citato, a suo luogo anche il frisore (parrucchiere).
Dintorni   Se dopo aver ammirato il Real Giardino di Boboli, o percorsi i magnifici viali delle Cascine, il lettore avesse vaghezza d’uscir fuori alla campagna e conoscere i dintorni di Firenze, può scegliere alla ventura, per qual senso parta dalla città, chè per ogni parte s’avvia a deliziose passeggiate e s’incontra in splendide ville, e monumenti e punti di vista ammirabili.
Egli può uscire da Porta Romana e salire, breve tratto, a Belvedere di dove gli si offre, in superbo panorama, la vista di Firenze ed atlingere la villa detta Poggio Imperiale, ovvero, prolungando fino a tre miglia la sua passeggiata, raggiungere la Certosa.
Che se avviasi invece per porta San Miniato può visitare la magnifica basilica di questo nome, e le bellissime opere d’arte che racchiude.
La porta al Prato lo conduce alla villa Demidoff ed alle Doccie, grandiosa fabbrica di porcellane della quale giustamente si vanta l’industria fiorentina; più in là la villa reale detta la Petraja, quindi a dieci miglia, Poggio a Cajano, pure residenza reale.
Per la porta San Gallo può giungere alla villa Careggi ed a Fiesole, colle sue memorie e rovine etrusche, e le sue cave che forniscono la materia ai mirabili lavori in pietre dure dell’arte fiorentina.

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Villa medicea della Petraia.

Scuole, teatri e altro…

Sei arrivato da Torino con tutta la famiglia? Vuoi, ovviamente, mandare i tuoi figli a scuola? La guida ci offre un elenco – che non staremo a ripetere – di istituti, premettendo che la pubblica istruzione nella nuova capitale “non è fiorentissima”. Le scuole sono poche, soprattutto le elementari, ma il Municipio ne sta aprendo quattro nuove per affrontare il nuovo corso politico.
In compenso le biblioteche non mancano. E neppure i teatri, che sono undici di cui due “diurni”. Il prezzo del biglietto varia tra 1,80 e 12 euro circa.
Succosa la chiusura del nostro libercolo, con una serie di note sparse sulla vita fiorentina.

Raccogliamo in quest’ultimo capitolo – e sommariamente senza alcun nesso fra l’una e l’altra – alcune avvertenze che crediamo utili anch’esse e corrispondenti al programma della presente Guida.
Il clima mitissimo di Firenze non isfugge – come altrove abbiamo avvertito – ai rigori, sebben brevi, dell’inverno.
Per ciò i fiorentini si coprono non altrimenti che un abitante della settentrionale Torino. Come in quest’ultima città, cosi a Firenze, nei mesi iemali fanno pompa di sè pesanti paletots, punch, pelliccie per gli uomini; e manicotti, palatine, boa pel sesso gentile.
Più di frequente che la mazza, o canna, convien portare a Firenze il paracqua che – tra parentesi, chiamasi ombrello, forse per far credere che a vece delle pioggie frequentissime s’abbia a difendersi dai raggi di un sole troppo spesso assente.
Siccome in questo mondo – ove trovasi anche Firenze – il male va sempre di pari passo col bene, cosi le case Lungarno le quali sono certo fra le più belle e più vistose, hanno l’inconveniente, in estate, dei molesti riverberi del fiume e della molestissima visita di sciami di moscherini.
Una buona istituzione di cui va dotata Firenze è quella dei Neri, appellativo popolare col quale i fiorentini designano le guardie urbane (policemans di Londra).
Allorché un forestiere s’imbatte in un bell’uomo all’aspetto severo, vestito di un lungo frac nero, con un cappello orlato sull’alto di pelle nera, munito di una poderosa mazza a pomo di metallo, col giglio fiorentino ricamato sui risvolti del bavero, può far conto di avere in lui non solamente un protettore contro i mariuoli, ma anche una guida sicura che gli può fornire qualunque schiarimento o indicazione gli occorra e lo ravvii.
Essendovi anche a Firenze la piccola miseria dei calli vi sono per necessità i callisti.
Occorre però avvertire che d’ordinario il callista si va a cercare nella bottega del frisore (con questo strano gallicismo chiamano i fiorentini il parrucchiere), il quale cumula la doppia professione.
Su questo proposito dobbiamo soggiungere che è frequente nel piccolo commercio il cumulo delle professioni.
Così, per esempio, il tabaccaio fa anche il cambiavalute, e rivende i giornali.
Numerosi sono in Firenze i negozi di musica e quelli nei quali si danno a nolo i pianoforti. Ad ogni tratto potrete leggere in puro… francese: Pianos à louer.
Non crediamo che la nuova capitale abbia il primato sulle altre città in fatto di mariuoli tagliaborse; peraltro li vanta forse migliori e più destri.
Per appoggiare il nostro asserto con un esempio recente ricordiamo il furto di una lampada d’argento staccata colla scala all’altar maggiore di una delle principali chiese, coram populo, e nell’ora della gran messa in canto.
Nella stagione estiva Firenze offre la comodità di amene e vicinissime case di campagna sui sovrastanti colli le quali si appigionano anche a quartieri, e a prezzi assai modici.
Un’avvertenza assai importante per l’economia domestica si è che il prezzo degli oggetti di mobiglia, e specialmente di mobiglia per agiate ma modeste famiglie, è assai elevato.
Il nostro monsù Travet voglia tener conto nel suo preventivo di questa circostanza ed approfitti dell’agevolezza che gli è fatta non solo per trasportar seco ciò che ha, ma anche per provvedersi di ciò che gli mancasse.
Fra le botteghe meglio provviste e assortite vanno poste quelle di telerie e biancherie lavorate tanto per uomo che per donna.

 

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N O T E

1) Le informazioni sono tratte dalla tesi di laurea di Simone Giovannini, Storia del trasporto pubblico a Firenze dal 1865 alla Seconda Guerra Mondiale.