La seconda serata della Heiva presenta quattro gruppi d’eccezione, per la danza in categoria Hura Ava Tau (debuttanti): Te Ao Uri No Tautira, dai profondi princìpi legati alle tradizioni; il simpatico coro Vaihoataua; gli ottimi Tamarii Mataiea, campioni nel canto; e infine il Pupu Tuha’a Pae, per la danza in categoria Hura Tau (professionisti).

Te Ao Uri No Tautira ripercorre le gesta della tribù di donne guerriere costrette a rifugiarsi nella vallata di Vaionifa dagli uomini, invidiosi della loro forza.
I Vaihoataua ci cantano una storia poco conosciuta. Pare che il misterioso albero fiammeggiante, Pua’ura nö te ‘Outu ‘Araea  (Caesalpinia pulcherrima) di Faa’a, che oggi purtroppo non esiste più, fosse un guerriero di Hauiti, diventato albero a testimonianza dell’amore nato fra il guerriero Tu Te Hau Ari’i e la bella sirena Meherio. Per tutta la sua vita questa pianta colorata e maestosa ha avuto il portamento da valoroso guerriero, sempre all’erta, affrontando con tenacia tutte le tempeste.
L’albero, più che centenario, lunedì 22 dicembre 2014 è stato distrutto dalle intemperie; non si è potuto che farlo a pezzi per rimuoverlo, ma un suo ramo è stato conservato per ripiantarlo nella stessa posizione. Anche il sindaco Oscar Temaru si è recato nella punta di Outuaraea, a contemplare con tristezza la fine di questo simbolo.

I Tamarii Mataiea ci cantano la storia del nome della montagna Fa’ahe’e Tepairu: il vento, quando soffiava, scivolava sulla cresta della montagna scendendo sulla pianura di Tau’a’a, dove scorre il fiume Vaiho’ata. Le cannucce di palude (Phragmites australis) crescono fino alla piccola punta di Tautaunoa, sito importante per gli abitanti della vallata, che usavano queste piante per coprire le coltivazioni di taro (Colocasia esculenta), per confezionare i more (costumi di danza), per realizzare i tetti dei faré (le case), per costruire le zattere per andare a pesca e nutrire la propria famiglia.
Gli scogli To’a Roa To’a Aari e To’a Hatapu erano la dispensa della gente! Durante i giorni di festa si riunivano tutti per preparare insieme con un unico cuore l’avvenimento. Nessun capo poteva governare questo territorio. Quando il gruppo Tamarii Mataiea partecipa a degli eventi, segni premonitori – tapao –  lo annunciano: il mare di Rautirare ruggiva o l’Uriri (Cavaliere d’Italia, uccello di palude: Himantopus himantopus) si metteva a cantare lungamente per ricordare l’arresto della regina Pomare IV a opera del re Tetuaairoro che voleva impedirle di percorrere il suolo di Vaiuriri.
Al risuonare delle percussioni la gente del luogo sa di doversi preparare.

Guerra feroce per il pupu (gruppo) Tuha’a Pae – anche se mascherata dal titolo La compassione del Re Taa’itini per il suo popolo – scatenata da un problema di cibo.
Nell’isola di Rurutu viveva una comunità composta da due clan.
Gli Arearii erano abili a maneggiare le armi, tanto da essere soprannominati “popolo a due mani”. Il loro piccolo territorio non era adatto a piantare il taro, per mancanza dei corsi d’acqua indispensabili a questa coltura; si nutrivano prevalentemente di’uru, l’albero del pane (Artocarpus) che mangiavano cotto sulla brace o lavorato in tioo, una pasta che si può conservare a lungo.
Il resto dell’isola era occupato dal clan dei Peva, dominati da un dio malvagio. Possedevano grandi campi di taro e spesso preparavano il delizioso tupenu affogando il tubero nel latte di cocco. Un giorno, i bambini degli Arearii si avventurarono nel territorio dei Peva e, alla vista di quel cibo delizioso, ne domandarono un poco. Vennero scacciati in malo modo dalle donne, che lanciarono loro le foglie di banano sporche del cibo che avvolgevano; i bambini, affamati, le leccarono. Una volta tornati al villaggio, i genitori si accorsero delle tracce di tupenu sulle labbra dei figli, che raccontarono loro l’accaduto, facendoli infuriare.
L’insulto è grave, la guerra è dichiarata, il combattimento inizia! Gli Arearii hanno la peggio e subiscono gravi perdite, i Peva, spietati, gettano i corpi dei nemici uccisi in mare e li deridono: hanno il membro in erezione! Il loro dio Tai’o’aia – malvagio sì, ma fino ad un certo punto – si infuria per la mancanza di rispetto per le spoglie, ma i Peva persistono:
“Sesso tremante, sesso tremante, ti piace il mare? Sei venuto fino a qui per cercare la fine!”
Il dio, furioso, durante la notte divora l’anima del suo popolo.
L’altro clan, avvertito dal dio malvagio, deve solo accendere un enorme falò e farci cadere dentro i nemici, oramai privi di volontà, per sterminarli.
Alcuni sopravvissuti, nascosti nelle grotte della montagna, sono pronti a riprendere la battaglia, ma il loro giovane re, succeduto al padre morto, decide saggiamente di vivere in pace condividendo fra tutti le coltivazioni dell’isola. La guerra ha fine.
Nella realtà storica, capitava spesso che la stessa isola venisse popolata da migrazioni successive, con etnie di diversa provenienza, causando scontri di ogni tipo.

La terza serata

L’ultima serata di questa prima settimana ha presentato il gruppo Hei Rurutu, vincitore delle ultime tre edizioni della Hura Tapairu, per la prima volta in gara alla Heiva. Ballano la storia del giovane Ta’ema che, pur non essendo stato scelto come apprendista per ‘orero, l’arte oratoria, segue di nascosto le lezioni; quando il prescelto del suo villaggio ha un’amnesia in piena declamazione, prende lesto il suo posto e meraviglia gli spettatori con il vivace racconto della storia della sua isola, Rurutu.
Il coro appena fondato, Te Pare OnTahiti Aea, canta di come lo Spirito della Notte si riposi, cullato dalla dolce melodia delle onde fra gli effluvi del profumo di fara e hinano rispettivamente radice e fiore del Pandanus tectorius che, con la loro forma, simboleggiano i sessi maschile e femminile. Divertente il loro canto comico, pieno di doppi sensi sul rori, oloturia, nella scenetta fra il pescatore ubriaco che chiede alla vecchia di cucinare quelli che aveva raccolto, cercando poi di sedurla… La donna non si perde d’animo e lo prende a bastonate!

I Tamarii Rapa No Tahiti con il loro tipico canto dall’effetto rallentato, raccontano di come una madre sia riuscita a tornare dall’aldilà per rivedere la propria figlioletta, ma due pescatori, che la avevano seguita di soppiatto, la mettono in fuga spaventandola con le loro urla.
Heikura Nui sottolinea il cambiamento degli uomini nei confronti della natura, esortando il ritorno alla terra e al suo rispetto.

Heikura Nui – Ritorno alla terra

Anche nelle remote isole polinesiane i problemi ecologici iniziano a farsi sentire, come si può evincere dal testo di questo gruppo.

Dai tempi dei tempi ai nostri giorni, questa conoscenza resta nella memoria dell’Uomo…
Questa conoscenza è parola che diventa terra, mare e cielo, quindi natura.
Questa conoscenza è parola che diventa essere umano, quindi popolo.
….
Il popolo polinesiano viveva secondo natura e c’era rispetto fra i due.
Quando si andava nella natura, si sentiva il buon odore dei fiori e si incontravano grande varietà di alberi che rinnovavano il soffio vitale.

Oggi il rispetto per la natura non trova più posto nella vita dei polinesiani.
Quando si cammina nella terra si sente l’odore nauseabondo dei rifiuti che stagnano nelle foci dei fiumi, le case sono costruite col cemento.
Il polinesiano distrugge la natura invece di beneficiare della sua buona terra, curata dagli antenati che non dimenticavano di ringraziare l’Origine per i benefici che ne ottenevano.
Cosa facciamo noi alla natura oggi?
Stiamo sostituendo distruzione al rispetto.
Il primo precetto del grande ari’i, capo, Tetuna’e il legislatore dice:
“Che l’uomo rispetti il suo Paese natale, i genitori che lo hanno messo al mondo.”

‘Orero
L’inizio
Nessun popolo ha maggior patrimonio della saggezza.
Dai tempi dei tempi ai nostri giorni, questa conoscenza resta nella memoria dell’Uomo…
Questa conoscenza non è stata scritta, è stata pronunciata ed essa fu.
Non fu vista dagli occhi dell’Uomo, fu visionata dall’Origine.
Il popolo polinesiano usa la piroga di legno come mezzo per navigare sull’Oceano.
L’Origine usa la piroga della parola per creare questo Mondo.
L’Origine ordina ed il cielo la ascolta.
L’Origine ordina ed il mare la ascolta.
Il Creatore ordina e la terra ascolta.
Il grande dio Ta’aroa foggia parecchie persone e nasce allora il popolo.
Ai tempi, il popolo polinesiano guarda, ascolta, apprende, osserva e ama questa parola che diventa Mondo e sorgente di vita per lui.
Questa importante parola è piena di messaggi e di saggezza…
Ecco nascere la mitologia.
È una parola importante studiata e condivisa da Uomo a Uomo.
È una parola importante che continua a vivere dai tempi dei tempi fino ai nostri giorni.

Il legame con la natura
Dai tempi dei tempi fino ai nostri giorni, questa conoscenza resta nella memoria dell’Uomo…
L’Uomo utilizza questa ricchezza, si mette a costruire lentamente ed a vivere.
La pace ed il benessere hanno il loro posto nella vita dell’Uomo.
L’Uomo e la terra si capiscono.

Che fare?
….
Ai tempi dei nostri antenati, il male non aveva posto nelle loro vite.
Vivevano in armonia con la terra.
Non si nutrivano che di buone parole e di vita.
Bevevano tutti i giorni l’acqua del rispetto.
La terra e l’Uomo sono la stessa cosa perché sono le parole che diventano esseri viventi.
La terra, il mare e il cielo sono le prime parole pronunciate e nasce allora il bene.
Gli antenati non dimenticavano mai di domandare con umiltà all’Origine la sua benedizione, prima di usare la natura.
Gli antenati non dimenticavano di ascoltare il messaggio che la terra aveva per loro.
Oggi il popolo accetta con talmente tanta gioia che il male entri nella sua casa, che non è altro che la sua terra.
Quale essere umano apprezzerebbe di essere attaccato a cattivi pensieri o ad azioni che feriscono?
Avrà forse l’Uomo dimenticato l’importanza della sua terra?
Sara forse tempo che l’uomo si accorga dei benefici che lo circondano.
La terra, il mare e il cielo non hanno affatto cambiato la loro attitudine.
Dalla notte dei tempi, fanno ciò che l’Origine chiede loro di fare.
La terra non smette di aiutare l’Uomo nella sua vita.
Quest’ultimo porta il male sulla sua terra.
L’Uomo costruisce degli oggetti senza nemmeno domandarsi se sia bene per la sua terra e per il suo popolo.
L’Uomo non pensa che a sé stesso con le sue azioni.
Il popolo polinesiano era una famiglia che viveva in armonia con la natura.
Cosa aspetta per rispettare la sua vita?

La rottura
….
I tempi sono cambiati, lo spirito si è evoluto.
….
L’Uomo usa questa parola vivente, si mette a costruire precipitosamente e il popolo cerca di sopravvivere.
L’Uomo usa questa parola vivente, ma l’utilizza senza rispettarla.
La perseveranza e il male trovano posto nella vita dell’Uomo.
La corda che lega l’uomo alla terra si rompe poco a poco.
Oh Uomo, guarda le tua vita.
Oh popolo, ascolta la sua voce piene d’amore.
Oh polinesiano, ecco il messaggio: ritorna alla terra!