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Åke Hultkrantz, Concezioni dell’anima tra gli indiani del Nord America, Edizioni Ester, Caprie 2016.

Åke Hultkrantz (Kalmar, 1 aprile 1920 – Stoccolma, 12 ottobre 2006) è stato uno dei maggiori studiosi dello sciamanesimo tra i nativi nordamericani, coloro verso cui usualmente – e anche impropriamente, complice l’influenza del grande cinema western – si ha la tendenza ad affibbiare l’appellativo di “pellerossa”.
Questo testo (il cui titolo originale è Soul and Native Americans) è una sintesi precisa ed efficace di quello che fu il percorso investigativo effettuato dal grande studioso svedese in merito alle potenti visioni spirituali che animavano le innumerevoli tribù sorte un tempo nel continente nordamericano. Un resoconto approfondito, dunque, particolarmente utile per comprendere quanto questi popoli fossero già molto avvezzi a concetti come anima e psiche, anticipando di gran lunga certi aspetti teorici della moderna psicologia contemporanea. Tra queste pagine non possono che scorrere preziose testimonianze di ricca e versatile vita interiore, da cui trarre suggestioni profondissime.
Da sempre si specula sul reale significato del concetto di anima. Essa è il soffio vitale che alimenta il corpo. Essa è però, al contempo, il medium, lo strumento attraverso cui è consentito l’accesso a una realtà “altra”, una dimensione sconosciuta in cui la stessa anima passa dall’essere presenza fantasmatica accanto al cadavere (come vediamo nel libro) alla funzione di “guida”, per l’appunto, nel viaggio verso il regno dei morti o verso altre dimore ultraterrene.
Romanzi e film come Shining di Kubrick o Poltergeist di Tobe Hooper hanno creato fenomenali mitologie che in maniera conscia, oppure indiretta, ripercorrono, riesumano certe teorie affini alle tradizioni dei nativi. Case infestate da spiriti e presenze raccapriccianti rappresentano l’aspetto più inquietante e spettacolare di un’idea di anima che continua a manifestare una vita separata anche dopo la morte del corpo fisico. E che spesso vede quest’ultimo, in particolare, come un semplice “intralcio” alla sua natura eterna.

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