Nell’anno 15 a. C., le popolazioni celtiche dell’arco alpino centro-orientale opposero una strenua resistenza contro la conquista romana. Per celebrare, con questa data, la nascita storica del popolo ladino, il 1985 è stato proclamato “anno dei Ladini”. Nelle province di Bolzano, Trento e Udine le manifestazioni hanno coinciso con nuove iniziative volte alla richiesta, sempre disattesa, di una maggiore tutela dell’identità del gruppo linguistico. Ma, ancora una volta, a 2.000 anni di distanza, Roma impone cinicamente il principio del “divide et impera”.

Alle fertili vallate ladine i Romani arrivarono qualcosa come 16 anni prima della nascita di Cristo. Avevano, quali comandanti, Tiberio e Druso, i due fratelli della famiglia Claudia, figliastri di Ottaviano. L’anno successivo, l’imperatore romano Augusto scatenò la guerra contro i popoli alpini che, sconfitti l’anno prima dal console Bruto, avevano ripreso le armi. Druso sconfisse i Rezi passando dal Brennero fino al fiume Aenus (oggi Inn) ed arrivò al territorio abitato dal popolo dei Breoni, aprendo così una nuova via di comunicazione tra l’Italia ed il Danubio. Tiberio, invece, vinse i Vindelici sulle rive del lago Brigantinus (oggi Costanza) e poi nel bacino del basso Danau; Roma così conquistò quell’esteso territorio, che andava sotto il nome di Raetia et Vindelicia. Questi popoli alpini da allora, come scrive lo storico romano Strabone, si comportarono in maniera più pacifica e – ciò che interessava a Roma – iniziarono a pagare i tributi. Ma iniziava anche così, un lungo processo di assimilazione dei popoli celtici che abitavano su quei territori. La loro lingua, a contatto col latino popolare che parlavano i legionari conquistatori, incominciò a trasformarsi pian piano in quella lingua che oggi chiamiamo ladino.

Ed è proprio da quel 15 prima di Cristo, dice Hugo Valentin, consigliere provinciale di Bolzano e rappresentante dei Ladini di quella provincia, che “il nostro popolo si presentò sulla scena della storia”. Per questo, nel 1983, il Consiglio provinciale di Bolzano decise di proclamare il 1985 quale “anno dei Ladini”, popolazione che, in quella provincia, può contare su 18.000 individui, mentre la comunità di lingua tedesca conta su 280 mila persone e quella di lingua italiana su 124.000. Per il dottor Valentin, la celebrazione è importante soprattutto perché si tratta, con le iniziative decise, di garantire la sopravvivenza e di rinforzare l’identità del gruppo linguistico più debole della provincia, non soltanto perché è il meno numeroso, ma anche perché, non avendo alle sue spalle un sufficiente retroterra culturale, viene soffocato dalla esuberanza delle comunità di lingua tedesca ed italiana. La mozione con la quale si è deliberato di proclamare il 1985 “anno dei Ladini” è stata presentata dal consigliere provinciale Willi Erschbaumer, mentre la deliberazione della Giunta provinciale di Bolzano (che porta la data dell’8 ottobre 1984) è firmata dal suo presidente, Silvius Magnago. Per l’ “anno dei Ladini”, dunque, sono stati previsti numerosi convegni ed altre manifestazioni; l’obiettivo comune, comunque, è quello della tutela della lingua ladina. Si cercherà inoltre di sviluppare gli studi per l’unificazione delle parlate ladine delle diverse vallate, e la creazione di termini tecnici e scientifici. Sarà anche redatta una toponomastica interamente ladina laddove questa è la lingua della maggioranza degli abitanti, e sarà chiesto il riconoscimento del ladino quale terza lingua ufficiale nella provincia di Bolzano. Molte iniziative sono anche previste per quanto riguarda il sistema scolastico. Oggi, infatti, nei comuni ladini del Sud Tirolo, si adopera la lingua madre nella scuola materna ed in prima elementare; negli anni successivi, invece, vengono utilizzate le due lingue dominanti, con qualche concessione – peraltro molto ridotta – alla cultura ladina. Il risultato scolastico di un tale sistema potrà anche essere considerato di tutto rispetto, visto che i Ladini della provincia di Bolzano sono in grado di raccontare le leggende affascinanti del regno dei Monti Pallidi e del leggendario re Laurino in tre lingue; ma, dal punto di vista della sopravvivenza della loro lingua, è chiaro che il ladino e la cultura che esso esprime rischiano di scomparire sempre di più.

Ma tutto questo non basta, afferma il dottor Valentin, perché il problema della tutela non riguarda soltanto i Ladini del Sud Tirolo (Val Badia e Val Gardena) che, relativamente agli altri Ladini, sono sufficientemente tutelati sul loro territorio, ma anche le popolazioni ladine del Trentino e del Bellunese nonché i Ladini del Friuli, che oltretutto sono i più numerosi. Con questi ultimi, qualcosa comunque si sta muovendo: il dottor Valentin è da tempo in contatto con i responsabili del Movimento Friuli, che si sono prodigati perché anche il Friuli (e qualche comune lo ha già fatto) dichiarasse il 1985 anno dei Ladini. La Ladinia, poi, comprende anche parte della Svizzera: il cantone dei Grigioni, dove si parla una varietà di ladino romancio. Anche qui qualcosa si muove. La “Lia Rumantscha”, infatti, che è l’associazione culturale dei Romanci, ha organizzato, dal 5 all’ll agosto di quest’anno, una manifestazione per radunare il popolo romancio nel tranquillo paese di Savognin, nel cantone dei Grigioni. Le minoranze ladine, insomma, con queste iniziative vogliono far sapere al mondo che esistono e che vogliono continuare ad esistere. Per questo vogliono far sventolare, al cospetto delle superbe montagne dolomitiche, i mitici colori della bandiera ladina: verde, bianco e celeste. Magari con un po’ di ritardo, ma anche la provincia di Trento ha deciso di proclamare il 1985 “anno dei Ladini”. Nella seduta del 16 gennaio di quest’anno, infatti, il Consiglio provinciale di Trento ha approvato un ordine del giorno, presentato dai consiglieri provinciali Fedel e Casagrande, che riguarda le minoranze etnico-linguistiche dei Ladini della Val di Fassa e degli abitanti delle vallate di Fersina e dell’altopiano di Luserna. In questo documento, oltre a proclamare il 1985 “anno dei Ladini”, si impegna il Consiglio provinciale ad appoggiare con impegno la proposta di legge costituzionale per la tutela dei Ladini presentata in Parlamento. Pochi giorni dopo una delegazione, composta da esponenti del Consiglio provinciale, da rappresentanti della Val di Fassa e da parlamentari, viene ricevuta a Roma (è il 29 gennaio) dal Presidente della Camera, on. Jotti, alla quale viene presentata l’esigenza di una rapida approvazione del disegno di legge costituzionale che prevede la tutela dei Ladini della Val di Fassa, e che è già stato approvato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera. Infatti, all’inizio di questa legislatura, è stato ripresentato, tale e quale, il disegno di legge costituzionale Norme per la tutela del gruppo linguistico ladino presentato dal deputato Virgili (PCI) e sottoscritto da altri 21 parlamentari dell’arco che va dalla DC al PCI, dal PSI alla Sinistra Indipendente.

La proposta legislativa stabilisce che le leggi elettorali per l’elezione del Consiglio regionale e provinciale debbano garantire la rappresentanza, in entrambe le assemblee, dei Ladini trentini e che, nei comuni di Moena, Soraga, Mazzin, Campitello, Canazei, Vigo e Pozza di Fassa venga utilizzata la lingua ladina nelle scuole materne. Lingua e cultura ladina costituiranno, altresì, materia di insegnamento obbligatorio nelle scuole dell’obbligo e, nelle scuole delle località a maggioranza di lingua ladina, la conoscenza di questa lingua costituirà titolo di preferenza assoluta per insegnare. Vengono anche garantite la presenza di insegnanti ladini nel Consiglio scolastico provinciale e la nomina, da parte del Ministro, di un intendente scolastico. La conoscenza della lingua ladina costituirà anche titolo preferenziale, a parità di condizioni, per essere assunti nel pubblico impiego. È prevista anche la facoltà di poter adoperare la lingua ladina negli enti locali e negli atti, anche se i testi ufficiali rimarranno quelli in lingua italiana. Infine, il disegno di legge in questione prevede la costituzione di una commissione paritetica tra Governo, Regione e Provincia (con una rappresentanza obbligatoria delle popolazioni di lingua ladina) per stendere le norme di attuazione della legge costituzionale per i Ladini della provincia di Trento. In Friuli, invece, i 2.000 anni sono… già trascorsi, almeno se volessimo stare alla storia. Infatti, come è noto, i Romani sconfissero i Carni nel 183 a.C. (571 dalla fondazione di Roma), tanto che quel processo di formazione del quale abbiamo parlato per i Ladini delle province di Bolzano e Trento sarebbe iniziato, in Friuli, almeno 150 anni prima. I 2.000 anni da allora, insomma, sarebbero scaduti nel 1806, in piena era napoleonica quando, probabilmente, Napoleone era in tutt’altre faccende affaccendato, ed il Friuli non si trovava di certo nello spirito migliore per pensare come celebrare certi anniversari. Ad ogni modo, può andar bene anche il 1985, considerato che, oltre al significato di unità coi Ladini del Sud Tirolo e dei Grigioni, la celebrazione del Bimillenario potrebbe anche segnare – forse, visto come stanno andando le cose, sarebbe meglio dire: poteva – il giusto coronamento della lunga lotta del popolo friulano per ottenere una legge che tuteli la sua lingua e la sua cultura. Per questo, già alla fine del 1983, il Movimento Friuli si era attivato, presentando (ed i primi erano stati i suoi consiglieri comunali di Udine) ordini del giorno per far sì che anche nella regione Friuli-Venezia Giulia il 1985 venisse celebrato quale “anno dei Ladini”, di modo che tutti questi popoli, che vivono in Friuli, nel Sud Tirolo, nel Veneto e nei Grigioni potessero celebrare, in unità, questa loro festa. Alcuni di questi ordini del giorno sono stati approvati, in qualche comune, anche se, per la verità, non sembra che questa occasione abbia destato, in Friuli l’interesse che meritava. Eppure, i Friulani sono un popolo che ha tanto lottato per il riconoscimento del diritto alla tutela della propria lingua ed identità, ed è riuscito perfino a raccogliere 50.000 firme che sono state presentate in Parlamento. Alla fine del 1984, inoltre, dopo tante lotte, il Consiglio regionale votato un ordine del giorno nel quale si invitava il Parlamento ad approvare, in tempi brevi, la legge per la tutela della cultura e della lingua friulana, secondo il disposto costituzionale. Diversi comuni (e tra questi quelli di Udine e di Tolmezzo) avevano, nel frattempo, approvato ordini del giorno analoghi. Invece, il 1985, “anno dei Ladini”, non è iniziato troppo bene per i Ladini friulani, considerato che la Commissione Affari Costituzionali ha iniziato a prendere in esame una bozza di proposta ben diversa da quella del testo unificato già approvato dal Comitato ristretto il 31.7.1984. Si tratta, infatti, di un testo che ha fatto propri gli emendamenti presentati, a nome del Governo, dal ministro Vizzini. Secondo tale proposta, sarebbe necessario almeno il 20% degli elettori per chiedere al comune che quel territorio rientri nell’ambito di quello ammesso a tutela. La proposta di legge per la tutela dei Ladini della provincia di Trento, invece, si muove con ben altre pro-spettive, anche per quello che riguarda la preferenza accordata a coloro che conoscono la lingua ladina nei posti di lavoro pubblici. Cosicché, nel 1985, anno che i Ladini celebreranno uniti, sarà proprio lo Stato a dividerli, se andranno in porto le diverse proposte di cui abbiamo parlato. Fratelli nella lingua, nella storia e nella cultura, ma diversi per lo Stato che continua nella divisione e nel soffocamento delle comunità linguistiche, con criteri che non corrispondono certamente al dettato costituzionale. Insomma, la Roma di 2.000 anni fa può ritornare ancora tra le verdi vallate del Sud Tirolo, in quelle del Trentino e del Friuli, per continuare ad imporre quel “divide et impera” che pensavamo sepolto.