“I fatti di Barcellona accadranno di nuovo, ci sono almeno 50.000 radicalizzati in Europa”. A lanciare l’allarme, in un’intervista pubblicata il 31 agosto scorso sul quotidiano spagnolo El Mundo, è stato Gilles de Kerchove d’Ousselghem, coordinatore dell’antiterrorismo dell’Unione Europea, che ha rivelato come, secondo i dati a sua disposizione, attualmente sul territorio europeo siano presenti almeno 50.000 individui legati all’islam radicale.

Falsi rifugiati

Molti di loro hanno approfittato degli imponenti flussi migratori degli ultimi tempi per entrare in Europa come rifugiati politici e poi darsi alla macchia. Secondo l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM), durante i primi otto mesi del 2017 sono infatti arrivati nel nostro continente, via terra e via mare, circa 130.000 migranti. Italia, Grecia e Bulgaria sono state le porte di accesso preferenziali per l’Europa. Le nazionalità sono ben assortite, a seconda della prossimità logistica e strategica al proprio Paese d’origine. Per quanto riguarda l’Italia, gli arrivi a luglio sono stati, in ordine decrescente: Nigeria, Bangladesh, Guinea, Costa d’Avorio e Mali. La Grecia si è fatta invece “carico” degli immigrati provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Congo; mentre la Bulgaria ha registrato i numeri maggiori di accessi dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iraq e dalla Turchia.
L’evidente nesso tra migranti e terroristi è confermato dai dati diffusi dalla Bundeskriminalamt, la polizia federale tedesca, secondo cui più di 400 immigrati che sono arrivati in Germania come richiedenti asilo tra il 2015 e il 2016, sono oggi indagati come membri di gruppi jihadisti sul fronte medio-orientale. Le autorità tedesche sono infatti alla ricerca di decine di individui appartenenti a Jabhat al-Nusra (Fronte al-Nuṣra), il violento gruppo armato jihadista salafita attivo nel contesto della guerra civile siriana che, secondo Der Spiegel, sarebbe entrato in Germania mescolandosi ai profughi richiedenti asilo politico. Si ritiene che quest’ultimi, tutti ex-membri della brigata Liwa Owais al-Qorani, un gruppo ribelle sciolto dallo Stato Islamico nel 2014, siano responsabili del massacro di centinaia di soldati e civili siriani. La polizia tedesca – riporta il Gatestone Institute – ha riferito di averne individuati circa 25 e di essere riuscita ad arrestarne alcuni, tuttavia decine di loro sono ancora a piede libero, nascosti in città e paesi in tutta la Germania.

Confini chiusi

Il deputato inglese indipendente del Parlamento Europeo, Steven Marcus Woolfe, ha efficacemente descritto l’attuale pericoloso scenario europeo, reso possibile dall’irresponsabile e suicida mancanza di controlli alle frontiere, dichiarando: “In primo luogo, i potenziali terroristi utilizzano il percorso dei migranti mediterranei come un modo per entrare in Europa in maniera non controllata. In secondo luogo, grazie alla mancanza di frontiere in Europa a causa delle norme di Schengen, una volta all’interno del territorio europeo, sono in grado di muoversi liberamente da un Paese all’altro. I confini chiusi sono una necessità”.
Il rischio di una strumentalizzazione della crisi migratoria ai fini di una strategia politica del terrore era stato avanzato, un anno fa, anche da un soggetto al di sopra di ogni sospetto di parte come Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere e della Guardia Costiera, che, nella sua relazione annuale, intitolata Risk Analysis for 2016, aveva messo in guardia circa il pericolo che i jihadisti utilizzassero la crisi migratoria per entrare in Europa, per poi lanciare attacchi in tutto il continente: “Gli attacchi di Parigi nel novembre 2015 hanno chiaramente dimostrato che i flussi migratori irregolari potrebbero essere utilizzati dai terroristi per entrare nell’UE. Due dei terroristi coinvolti negli attacchi erano precedentemente entrati irregolarmente attraverso Leros (Grecia) e sono stati registrati dalle autorità greche. Hanno presentato documenti falsi siriani per accelerare il loro processo di registrazione”.

Preoccupazioni fondate

Ragionevoli preoccupazioni, dettate dalla Realpolitik, rivelatesi del tutto fondate, come confermato dall’alto funzionario terroristico de Kerchove, che nella sopracitata intervista a El Mundo, ha fornito dati ben precisi riguardo l’attuale contesto europeo, evidenziando anche un cambio di strategia dell’ISIS, finalizzato all’esportazione della jihad sul territorio europeo: “La Gran Bretagna ha identificato dai 20.000 ai 25.000 radicali islamici. Di questi, 3000 preoccupano l’MI5 [servizio segreto britannico, Ndr] e 500 sono sotto osservazione speciale costante. La Francia ne ha 17.000. La Spagna molti meno, ma più di 5000, credo. In Belgio, almeno 500 sono stati in Siria e ci sono circa 2000 o più individui radicalizzati. Non vorrei dare una cifra concreta al riguardo, ma [in Europa] sono decine di migliaia, più di 50.000”.
Un cupo e drammatico scenario per il Vecchio Continente, ben descritto dal giornalista francese Guy Millière in un interessante articolo dal titolo Il futuro islamico dell’Europa, in cui si legge: “I capi europei sembrano non avere né la volontà né i mezzi per opporsi all’arrivo di milioni di migranti musulmani dall’Africa e dal Medio Oriente. Sanno che i terroristi si nascondono tra i migranti, ma ancora non li vedono. Al contrario, ricorrono a sotterfugi e menzogne.
Creano programmi di ‘sradicalizzazione’, che non funzionano, perché sembra che i radicali non vogliano essere ‘sradicalizzati’. I politici europei si rendono conto che è in corso un disastro demografico. Sanno che fra due o tre decenni l’Europa sarà governata dall’islam. Cercano di anestetizzare le popolazioni non musulmane con il sogno di un futuro idilliaco, che non esisterà mai. Dicono che l’Europa dovrà imparare a convivere col terrorismo, che non c’è nulla che si possa fare per evitarlo. E invece possono fare molto: è solo che non lo vogliono, perché potrebbero perdere i voti musulmani”.

Anche i monumenti a rischio

La storia si ripete. Secondo Millière, i governanti europei stanno infatti commettendo lo stesso errore di miope valutazione politica compiuto dai loro predecessori nel secolo scorso. A tale riguardo il giornalista francese conclude, citando la celebre frase di Winston Churchill (pronunciata nel suo discorso alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando le grandi potenze, Italia, Francia e Gran Bretagna, tornando dall’incontro di Monaco in cui avallarono le richieste di Hitler per l’annessione dei Sudeti, si erano ingenuamente illuse di aver scongiurato la possibilità di un imminente conflitto): “Winston Churchill disse a Neville Chamberlain: ‘Potevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore. Avranno la guerra’”.
Queste parole sono valide anche oggi. Dieci anni fa, parlando di quelli che ha definito “gli ultimi giorni dell’Europa”, lo storico Walter Laqueur ha detto che la civiltà europea stava morendo e che sarebbero sopravvissuti soltanto i monumenti antichi e i musei. La sua diagnosi era troppo ottimista. Monumenti antichi e musei potrebbero esser fatti saltare in aria. Basta guardare ciò che stanno facendo i militanti vestiti di nero e incappucciati di Antifa – un movimento sedicente “antifascista” – alle statue negli Stati Uniti. La cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona è stata risparmiata soltanto grazie alla goffaggine di un terrorista, che non sapeva come maneggiare gli esplosivi. Altri luoghi potrebbero non essere così fortunati.

 

Rodolfo de Mattei, “Radici Cristiane”.