L’autonomismo, l’indipendentismo e la lotta armata nella travagliata colonia francese. La netta opposizione del FLNC alle nuove proposte di Mitterand apre una frattura all’interno dello schieramento etnico locale.


La rinascita dei movimenti autonomistici in Corsica ha inizio negli anni ’60 per iniziativa delle amicales di còrsi emigrati nel continente, come l’Union Corse-Avenir di Parigi, e degli studenti, per la maggior parte essi pure emigrati. Nel 1962 si fonda l’UNEC (Union Nationale des Etudiants Corses), movimento costituito da Max Simeoni che diverrà, con il fratello Edmondo, uno dei più autorevoli esponenti dell’autonomismo riformista degli anni ’70. Nel 1966 si costituisce il Front Régionaliste Corse destinato ad avere diverse scissioni. Nel 1967 subisce la prima: a Cataraggio Carlo Saltoni ed i fratelli Simeoni fondano l’ARC (Action Régionaliste Corse) che si dichiara apolitica e rifiuta il radicalismo separatista rimasto invece predominante nel vecchio FRC caratterizzato anche come movimento di Sinistra. I due principali movimenti contano su due periodici: Arritti (in piedi) per l’ARC, e Populu Corsu per il FRC. Quest’ultimo nel maggio 1973 si trasforma in PPC (Partitu di u Populu Corsu), tra i cui esponenti vi sono Ghjuvan Petru Santini e Jacques Sansonetti, direttore del giornale. Nell’ambito dell’autonomismo di sinistra si colloca anche l’Unione di a Patria con il periodico Terra Corsa (direttore Giselle Poli).

Dal PPC si stacca l’ala dell’ultrasinistra, che fonda il PCS (Partito Corsu pe ‘u Socialisimu) che dichiara esplicitamente: «Noi siamo comunisti e patrioti corsi» (“U Moru”, giornale ciclostilato in italiano, luglio-agosto 1975, n. 10, direttore Paolo Mondoloni). Frattanto il PPC si fonde con un altro piccolo partito, il PCP (Parti Corse pour le Progrès). Nascono anche movimenti clandestini che rifiutano la soluzione riformista dell’autonomia nel quadro della repubblica francese, proposta dai movimenti legali e specialmente dall’ARC, sostenendo i primi che se la nazione corsa esiste, la lotta di liberazione è una necessità. Nel 1972 si fonda così FPCL (Fronte Paesanu Corsu di Liberazione) e nel 1973 “Ghjustizia Paolina”. Entrambi sostengono che l’ARC ed il PPC sono prigionieri del loro paradosso, cioè della professione di legalità per cui rifiutano di riconoscere la legittimità dei diritti nazionali del popolo còrso, pur denunciando l’oppressione coloniale francese. Stimolato a sinistra dall’intransigenza dei movimenti clandestini, e rifiutato dall’ottusa politica delle autorità francesi con le quali pur aveva cercato un dialogo, l’ARC radicalizza sempre più l’impegno diventando protagonista delle principali lotte còrse: sostegno ai contadini nella loro battaglia contro le manomissioni dei pieds-noirs, partecipazione al movimento studentesco per la riapertura dell’Università di Corti, lotta contro i fanghi rossi tossici scaricati in mare dalla Montedison italiana. Il culmine di questo impegno si avrà con la tragica vicenda di Aléria, la mattina del 21 agosto 1975, quando una cinquantina di militanti armati di fucili da caccia occupano le cantine del produttore Pied-noir Depeille, già condannato per le sue frodi sui vini: il commando è guidato dallo stesso E. Simeoni, leader dell’ARC (divenuta nel 1973 Azione per a Rinascita di a Corsica).

Il fine dell’operazione era quello di denunciare pubblicamente la frode sui vini e la perniciosa concorrenza dei pied-noirs ai contadini autoctoni. Il 24 interviene la polizia, nella sparatoria derivatane due gendarmi sono uccisi, un autonomista è gravemente ferito. Edmond Simeoni è arrestato e poi condannato a tre anni (sarà liberato nel 1977). Il 28 agosto l’ARC viene ufficialmente sciolta d’imperio dal governo francese. Nel febbraio 1976 si costituisce l’APC (Associu di Patrioti Corsi) come erede spirituale dell’ARC. Nell’agosto, un’azione simile a quella dell’anno prima di Aleria, si effettua ad Aghjone in un’altra cantina viticola: questa volta è Max Simeoni ad esserne incolpato. Egli si costituisce volontariamente alla giustizia e sarà messo in libertà provvisoria nel dicembre 1977. Nel luglio 1977 1’APC si trasforma in UPC (Unione del Populu Corsu) ed il 14 agosto 1977 a Furiani, vicino a Bastia, un comizio indetto dall’UPC riunisce circa 14.000 persone; in quest’occasione, che costituisce una delle più importanti manifestazioni popolari che la Corsica abbia conosciuto dalla liberazione del 1943 — Edmond Simeoni pronuncia un discorso che presenta le prospettive ed i temi d’azione del suo movimento: autonomia speciale per la Corsica (allo Stato francese restano praticamente soltanto la rappresentanza internazionale e la difesa) e programma economico sostanzialmente protezionista e moderato. L’agosto 1975 segna anche una svolta per i movimenti clandestini: alla fine di quell’anno si sciolgono i due principali movimenti ed il 4 maggio 1976 esce il manifesto del nuovo FLNC (Fronte di Liberazione Nazionale di a Corsica) che riunisce gli indipendentisti: sui muri appaiono le scritte “I Francesi Fora” (I.F.F.). Nella stessa notte del 4/5 maggio una serie di attentati sigla la nascita del FLNC.

Da allora, il Fronte è apparso alle cronache anche dei giornali italiani per alcune azioni spettacolari, come la distruzione di un Boeing all’aeroporto di Ajaccio (settembre 1976), la “nuit bleue” del 14/15 luglio 1977 (una ventina di attentati sumultanei), la distruzione dell’emittente televisiva di Pignu (12 agosto 1977): dopo questa azione fu tenuta la prima famosa conferenza stampa del FLNC, alla quale sono accusati di aver partecipato gli esponenti Antonio Battestini, 28 anni, apicultore di Moltifao, Yves Stella e Pancrazi. Nella notte 13/14 gennaio 1978, sono fatte saltare le attrezzature radars della base aerea di Salanzara. Il FLNC fa conoscere le sue finalità con manifesti e con altre clamorose conferenze stampa alla macchia, in montagna, dove i giornalisti incontrano segretamente personaggi mascherati (ma almeno in un’occasione, ad Aléria, il 28 marzo 1978, un giovane leader del FLNC, Léo Battesti, diplomato in legge, si è presentato a volto scoperto).

Il record degli attentati viene battuto nella notte del 3/4 luglio 1978, ben 34.

Il 18 agosto 1978, in piena stagione turistica, vede l’azione forse più spettacolare del FLNC: il castello di Fornali, che domina il golfo di Saint- Laurent, e che appartiene all’industriale Beguin, un noto esponente della borghesia compradora, è fatto saltare con la dinamite. Sono accusati di aver eseguito l’attentato Antonio Battestini ed Enrico Palazzo (fotografo di Saint-Laurent, 27 anni).

I due sono arrestati il 24 novembre 1978, nella casa di Harvé Corteggiani (dove la polizia rinviene anche l’archivio del FLNC) arrestato 3 giorni dopo. Le carceri francesi si riempiono di militanti del FLNC, che li definisce prigionieri politici e patrioti; nel giugno 1978, 24 persone sono deferite alla Corte per la Sicurezza dello Stato. Nella seconda parte dell’anno 1980 (giugno-dicembre) gli attentati tuttavia continuano: a Bonifacio monumento ai caduti della Legione Straniera (che, come è noto, ha ora la sua sede in Corsica… una delle ultime colonie della Francia!), camion della Legione, centro nautico; a Sotta, pilone della Carbo-sarda. È accusato di aver fatto parte di queste azioni Jacques Culioli, impresario di Figari, rilasciato nel febbraio scorso perché gravemente ammalato dopo una raffica di condanne pronunciate immediatamente dalla Corte per la Sicurezza dello Stato, quasi a dimostrazione che il FLNC è ben vivo nonostante la repressione, nella notte 11/12 febbraio 1981 vi sono stati ben 56 attentati, quasi simultaneamente, in tutta l’isola: colpite particolarmente le ville secondarie della borghesia compradora, le strutture al servizio del turismo espropriatore, le attività dei colonizzatori, i simboli dei mass-media, anche a Parigi.

Le motivazioni del FLNC

In particolare, per quanto riguarda l’attentato al Ministero dell’Educazione Nazionale (Istruzione pubblica), a Parigi, il FLNC precisa che tale Ministero «è lo strumento principale della politica di assimilazione dello Stato coloniale francese, la cui finalità è la totale sparizione del nostro popolo nell’anonimato francese», ch’esso è «responsabile della deculturazione del nostro popolo e della morte della nostra lingua». L’organizzazione clandestina separatista constata che «di fronte alla profonda aspirazione del nostro popolo alla propria identità, lo Stato francese continua la sua politica coloniale» e che «la civiltà còrsa è negata dai programmi ministeriali e la nostra lingua materna disprezzata».

I militanti incarcerati nella prigione di Melun, hanno inviato ai giornalisti questa lettera in data 24 gennaio 1981.

«I prigionieri politici corsi FLNC dalla prigione di Melun sono amareggiati dalla lettura dei resoconti della stampa locale sulla conferenza stampa di un partito politico francese. In particolare, essi hanno letto che «tra gli autori di attentati imprigionati», pullulano i «delinquenti comuni, mafiosi e provocatori di polizie private parallele». Ogni movimento politico ha il più assoluto diritto di denunciare una simile strategia, di condannare una o l’altra azione dei patrioti corsi ritenendo che danneggi la lotta del popolo corso. Ma tali propositi si differenziano, molto dalla mera condanna politica, per infangare noi, militanti corsi alcuni dei quali in prigione da più di tre anni. Dietro le sbarre delle nostre celle, non comprendiamo che si venga ad aggiungere alla privazione della libertà un’offesa supplementare alle nostre persone.

Lo comprendiamo ancor meno se teniamo conto che, ad ogni processo che subiamo, il nostro popolo ha potuto giudicare le motivazioni squisitamente politiche che caratterizzano tutti i militanti del FLNC. Le nostre origini, la nostra situazione sociale, il nostro totale disinteresse smentiscono gli attacchi calunniosi di ieri. Attacchi che sembrano rinascere oggi, qua e là, nei nostri riguardi e, colpendo noi, colpiscono i patrioti che lottano per l’autodeterminazione della Nazione corsa. Tacciati ieri di essere manovrati dal KGB, oggi dall’estrema sinistra o dall’estrema destra, domani, perché no? dalla CIA, i patrioti corsi hanno sempre dimostrato fulgidamente che in realtà essi non sono “manovrati” che dall’amore del loro popolo.

Così dunque noi interpelliamo tutti coloro che, da orizzonti politici molto diversi, si ostinano a denigrare la nostra lotta. Noi domandiamo loro di aprire una buona volta gli occhi sulla realtà di una gioventù còrsa impegnata in una lotta degna e lucida per la libertà della sua terra».

Nel periodico clandestino del FLNC Ribellu (Ribelle), numero speciale di dicembre 1980, dopo aver denunciato che:
«Un simu più ind’e noi» (non siamo più tra noi), «in deci anni 41.000 corsi so fora di Corsica; 43.000 francesi si so stallati» e che «A Corsica he di u populu corsu» (La Corsica è del popolo còrso) si fa un’attenta analisi delle basi fondamentali della lotta nazionale. Partendo dalla premessa che l’autonomia od altra soluzione riformistica non è la soluzione per il problema còrso, in quanto la vera ed unica dimensione è quella del riconoscimento dei diritti nazionali; il programma prevede la distruzione di tutti gli strumenti del colonialismo francese (Amministrazione, coloni, forze d’occupazione e di repressione), la confisca dei latifondi coloniali, dei trusts turistici e l’annullamento di tutte le operazioni speculative a partire dal 1962; l’instaurazione di un potere popolare e democratico, che sia espressione della volontà del popolo corso per mezzo del suffragio universale autentico; la realizzazione di una riforma agraria per assicurare le aspirazioni dei contadini, operai, intellettuali liberando il paese da ogni forma di sfruttamento; il diritto dell’autodeterminazione, le cui modalità di attuazione saranno definite diplomaticamente con la Francia. Nei successivi paragrafi, vengono trattate le problematiche relative all’identità culturale («il problema culturale corso è semplicemente il diritto del nostro popolo di esistere»), all’affermazione dei diritti nazionali, all’unità nazionale («forgiare la coscienza nazionale del nostro popolo e realizzare l’unità nazionale del nostro paese di fronte alla minaccia di scomparsa, all’imperialismo culturale ed allo sfruttamento economico voluto dal colonialismo francese: questa deve essere la strategia della nostra lotta di liberazione nazionale. L’economia nazionale del nostro popolo contro la repressione, lo sfruttamento e la minaccia di estinzione, sta essenzialmente nella nostra identità corsa, nel nostro inconscio collettivo che unisce noi Còrsi, nella nostra realtà di popolo e nei legami stretti che ci legano comunitariamente alla nostra terra. Ed è qui la fonte essenziale ed indispensabile del nazionalismo còrso»).

Un capitolo riguarda lo sviluppo della lotta di liberazione nazionale, articolata nella creazione di contropotere. «Prendete in mano il controllo e la gestione del paese in ogni campo: economico, politico, culturale; mettere in piedi un autentico contro- potere popolare ad ogni livello, affinché il popolo còrso abbia i mezzi per decidere in piena libertà, con conoscenza di causa, e scegliere le proprie istituzioni; la lotta deve poggiarsi sul popolo intero, ed in particolare sui settori sociali più sfavoriti, poiché essi sono i soli capaci di condurre e dirigere la lotta di liberazione sino in fondo: giovani disoccupati, contadini ed operai, pescatori, impiegati, piccoli commercianti: si tratta infatti delle categorie più sfruttate dal colonialismo, le più oppresse, quelle che hanno maggior coscienza della perdita della loro identità e delle loro radici culturali; occorre considerare in un’ottica particolare i sindacati, infatti oggi, a gradi diversi, questi sono dibattuti tra le aspirazioni legittime del nostro popolo e gli ordini di un sindacalismo francese che ignora le realtà del nostro paese: dobbiamo stimolarli a prendere sempre più in considerazione la lotta di liberazione nazionale, imprescindibile dalla lotta armata, necessaria ad ogni popolo che si sia battuto e si batta contro la colonizzazione. La nostra azione militare utilizzerà i metodi della guerriglia moderna adattati alla realtà còrsa; noi colpiremo di sorpresa i punti sensibili, le infrastrutture francesi, facendo correre il minimo rischio ai nostri commandos ed al popolo còrso; non è questione per noi di affrontare le strutture militari e poliziesche francesi, poiché esse ci sono superiori in uomini ed in materiale; non ci saranno più altri “Ponti Novu” (e cioè disfatte militari in campo aperto). Le nostre azioni di dissuasione e di rappresaglia sono condizionate dalla percezione che il nostro popolo ha della violenza coloniale. Soltanto la partecipazione popolare garantisce la riuscita delle azioni militari e la lotta di liberazione. Le più grandi potenze non possono nulla, oggi, contro la volontà di emancipazione dei popoli, per quanto piccoli essi siano (la storia recente è là per ricordarcelo…)».

La lotta di liberazione prevede tre fasi: la propaganda armata, la guerriglia e l’autodeterminazione. Nella prima fase, le azioni dissuasive hanno deliberatamente escluso la morte di uomini: si tratta di porsi come primaria forza di contestazione còrsa, così che i partiti della sinistra durante i processi del 1979 sono stati costretti a sostenere le parole d’ordine del FLNC richiedendo la liberazione di tutti i prigionieri politici. In questa fase si dovrà smantellare la rete di clientele sulle quali si poggia il sistema dei partiti in Corsica, mettendo la loro politica in contraddizione con i reali interessi dell’elettorato. La seconda fase sarà il frutto della presa di coscienza da parte dell’insieme del popolo còrso del fenomeno coloniale. Sarà inevitabile allora lo scontro tra le strutture armate dell’imperialismo francese e la volontà di liberazione del popolo intero. La lotta politica e militare avrà come risultato il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, costringendo lo Stato francese a negoziare con la nazione còrsa vittoriosa. La negoziazione avrà come condizioni la liberazione di tutti i patrioti incarcerati e la fine di ogni repressione; il rimpatrio delle forze d’occupazione e di repressione; il riconoscimento dei diritti nazionali del popolo còrso; il riconoscimento del fenomeno coloniale con le relative conseguenze: aiuto per la ricostruzione, risarcimento, aiuto per il ritorno dei còrsi espatriati, riparazioni…
Le modalità dell’autodeterminazione dovranno prevedere la garanzia dell’ONU. Per tutta questa lotta, il FLNC si pone come “strumento indispensabile”, e l’analisi termina con la parola d’ordine: «non c’è libertà senza liberazione».

I partiti francesi

I partiti della sinistra storica, PCF e PS, hanno avuto nei confronti del movimento autonomista còrso un atteggiamento che fu all’inizio di rifiuto, e poi di accettazione di alcune tematiche: decentramento, autonomia nel quadro però di un’azione progressista che non conceda spazio alla ricca borghesia anche còrsa, difesa culturale dell’identità regionale. Tuttavia il PS è andato più in là del PCF — che ha sempre affermato la “nazionalità francese” dei còrsi — ed è giunto a riconoscere i valori della “diversità” còrsa: condannando i metodi degli indipendentisti (unificati ormai nel FLNC), il PS ha avuto stretti contatti però con gli autonomisti definendo con loro nel 1974 un progetto di statuto di “regione autonoma” (autonomia che il PCF invece rifiutava considerandola un ghetto). All’assemblea nazionale, nella sessione ordinaria 1976-1977, viene presentata la proposta di legge n. 2991 intitolata appunto “Statuto speciale per la Corsica” i cui organi sarebbero l’assemblea regionale (27 membri eletti dall’alta Corsica o “soprana” e 22 dalla Corsica meridionale, o “sottana”), dotata di potere legislativo, la quale elegge l’esecutivo (la “giunta” italiana) ed il presidente. L’assemblea regionale è assistita da commissioni speciali (programmazione e sviluppo: occupazione; fondiaria; credito; agricoltura; industria e turismo; trasporti) nominate dalle organizzazione sociali (cooperative, sindacati, associazioni, organizzazioni economiche, sociali, familiari, scientifiche…). Le commissioni dovrebbero essere obbligatoriamente consultate dall’esecutivo. La Regione avrebbe competenza in tutti i settori, ad eccezione della giustizia, difesa, affari esteri, monete e scambi, tesoro pubblico; è previsto, come in Italia, un commissario governativo che rappresenta il Governo centrale nei confronti dell’assemblea regionale e che vigila sul rispetto delle leggi ed è responsabile delle funzioni non delegate alla Regione. Si prevede la soppressione del prefetto e dei capi dell’amministrazione, le cui funzioni sono devolute al presidente dell’assemblea regionale.

Nel novembre 1978 si è anche costituita la «Ghjuventù sucialista corsa» (GSC) collegata ma autonoma rispetto al PS (responsabile Fortuné Lebras), I movimenti anticolonialisti rimproverano tuttavia alla sinistra storica le preoccupazioni elettoralistiche che la portano ad essere condizionata dai clan clientelari e trasformisti. La Sinistra storica ha dato infatti sovente l’impressione di considerare la Corsica come una riserva di voti, nella triste ma coerente logica per cui dalla Francia è stata sempre considerata una riserva di mano d’opera. La Sinistra è oggi al bivio, ancor più evidente ed immediato dopo la vittoria di Mitterand (per il quale sono stati preziosi i voti dell’U.P.C.): o demolire il vecchio Stato accentratore e poliziesco borghese per edificare le libere istituzioni del popolo e l’autogestione, oppure accontentarsi di occupare la struttura giacobina e bonapartista. Dovrà ricordare il giudizio di Marx secondo il quale: «ogni popolo che ne opprime un altro non è un popolo libero», e meditarlo profondamente. In altre parole, si verifica in Corsica una problematica analoga a quella della Martinica e dei dipartimenti e Territori d’Oltre Mare, dove la Sinistra storica (PS ma ancor più PCF) continuano a perdere di credibilità sottovalutando la lotta di liberazione e lasciando, cosi, sempre più spazio ai movimenti autonomisti ed a quelli dapprima insignificanti, ma poi destinati a scavalcare ogni altra formazione politica, indipendentisti e ispirati dalla lotta di liberazione nazionale (v. quanto abbiamo scritto nella prima serie di “Etnie” sulla Martinica).

Le elezioni presidenziali

De Gaulle nel 1969 aveva pur tenuto conto della necessità di una riforma, caduta tuttavia per il referendum che aveva proposto. Da allora le tensioni regionali si sono aggravate, per cui i partiti di sinistra, dal 1973, propugnano l’elezione, con la proporzionale, di consigli regionali a suffragio universale diretto come in Italia, con la delega di importanti competenze e mezzi finanziari.

In Corsica, anche i candidati dell’U.D.F. alle legislative avevano sostenuto un punto di vista pressoché identico (1978). Tuttavia sul piano nazionale, U.D.F. e R.P.F. rimangono ostili all’elezione di consiglieri regionali a suffragio diretto, mentre il gaullista Chirac ha fatto una piccola apertura a favore dell’estensione di poteri alle regioni. In definitiva, il solo conservatore resta Giscard d’Estaing: per lui, le regioni, così come sono, funzionano bene e non c’è nulla da cambiare. L’U.P.C. ha diffuso un manifesto in cui, pur senza prendere una posizione esplicita per Mitterand, invita a votare “contro il potere”, cioè contro Giscard e quindi per il candidato socialista.

Il manifesto dice:

«A che punto siamo? La Corsica è derubata: il marasma per i còrsi è generale: nell’agricoltura, artigianato, commercio, attività alberghiera e imprenditoriale. La Corsica è la Regione di Francia dove i salari sono più bassi ed il costo della vita più caro.

Livello record per la disoccupazione più alta, e più basso per i salari e per l’assistenza sociale: i lavoratori corsi sono i paria del mercato della mano d’opera.

Il popolo còrso è condannato: la gioventù còrsa deve esiliarsi per lavorare, per vivere; niente ancora per l’Università (e il potere sta “cucinando” pian piano un progetto di Università in termini ridotti); formazione professionale carente.

— La nostra cultura nazionale e la nostra lingua materna, malgrado la magnifica resistenza dei loro difensori, soccombono poco a poco alla cultura ed alla lingua dominanti.

— Il nostro patrimonio fondiario, le nostre terre più ricche sono alienate al monopolio degli speculatori o ai coloni dediti alle frodi ed alle speculazioni.

La democrazia è beffata: la frode, oltre il campo elettorale, è ormai ad ogni livello.

— La discriminazione amministrativa contro i nazionalisti, non è che una caccia alle streghe.

— La polizia e la Giustizia, tramite la Corte di Sicurezza dello Stato, generalizzano la repressione a senso unico: tre secoli di prigione assegnati in due anni ai nazionalisti còrsi, mentre i “barbouzes” (squadracce colonialiste francesi) passeggiano impunemente, malgrado i 47 attentati confessati.

Chi sono i responsabili? Tutti i regimi ed i governi della Francia che dal 1769 in poi hanno colonizzato la Corsica.

— I regimi della V Repubblica che dal 1958 hanno programmato il genocidio “per sostituzione” del popolo     còrso.

— Il potere giscardiano che ha aggiunto al processo folle di annullamento della Corsica (“décorsisation”) la “quadrettatura”’ poliziesca, lo scandalo giudiziario, il disprezzo per la volontà popolare, le violazioni dei diritti dell’uomo ed il rifiuto della libertà d’opinione.

Che dobbiamo fare? La risposta è chiara ed ineluttabile: tentare il tutto per tutto, in ogni campo, per liberare il Popolo Corso da un Potere distruttore della sua cultura, delle sue libertà e della sua economia.

Votare contro i candidati del Potere non significa avallare l’opposizione, contro la quale continuerà la lotta legale per l’autonomia, ma tener conto che almeno essa si impegna per la soppressione della Corte di Sicurezza dello Stato e per la liberazione di tutti i nostri prigionieri politici; non significa neppure avallare il sistema elettorale insulare, che prescinde dall’elezione presidenziale.

Votare contro i candidati del potere significa invece il rifiuto di avallare Giscard, Peyrefitte, Riolacci (uomini politici del Potere francese in Corsica), le squadracce (i “barbouzes”) la frode e la corte di Sicurezza dello Stato».

Il 2 aprile 1981, il FLNC ha indetto una conferenza stampa in una località sconosciuta ad una quindicina di km da Ajaccio, alla quale hanno partecipato Paul Silvani e Joseph Peraldi, rispettivamente giornalista e fotografo del giornale “Le Provençal”. In tale occasione il FLNC ha comunicato di aver decretato la tregua  degli attentati. In particolare, dopo aver tracciato un esame sulla situazione della Corsica, denunciandone ancora una volta il degrado a causa del processo coloniale divenuto sempre più micidiale, gli esponenti del FLNC hanno dichiarato: «Riconoscimento dei diritti nazionali del popolo còrso, distruzione degli strumenti del colonialismo, confisca delle grandi proprietà coloniali, instaurazione di un potere democratico espresso dal suffragio universale riabilitato, realizzazione della riforma agraria, diritto all’autodeterminazione da negoziarsi con la Francia» ecco le finalità del FLNC. «La promessa di liberazione dei nostri fratelli e la scelta ambigua dell’U.P.C. non contribuiscono per nulla alla chiarificazione e dànno però a taluni molte speranze, poiché l’aspetto umanitario della questione ha senz’altro un ruolo non trascurabile. Pertanto, per non offrire argomenti a coloro che continuano ad accusarci di fare il gioco del potere perché la violenza gli sarebbe funzionale e che, in caso di sconfitta della sinistra, non mancherebbero di addossarcene la responsabilità (come nelle elezioni del 1978), abbiamo deciso di sospendere la nostra attività militare. Questa tregua dimostrerà, se ancora ce n’era bisogno, che l’unica soluzione per salvare il popolo còrso è la nostra, e spazzerà via le illusioni riformiste ancora coltivate da certuni, a scapito della sopravvivenza del nostro popolo.

Tutto ciò comporta una sconfessione, a priori, di ogni attentato che potesse verificarsi dopo il venerdì sera 3 aprile 1981».

Gli ultimi avvenimenti

Il 3 aprile 1981, François Mitterand arriva in Corsica per la campagna elettorale, e tiene un grande comizio ad Ajaccio. La visita non dà luogo ad incidenti. Il 16 aprile vi giunge Giscard d’Estaing. Per l’occasione, è indetta una grandiosa contro-manifestazione per iniziativa di “ U Fronte di u Populu Corsu” e di “A Riscossa”. L’invito ricorda che il FPC considera la «venuta di Giscard d’Estaing un’autentica provocazione per i nazionalisti còrsi, le vittime della repressione e della sua politica economica e sociale». Chiamando a raccolta i «nazionalisti e gli uomini del progresso a manifestare la loro indignazione», il comunicato così prosegue:

«Nessun nazionalista, nessun progressista può restare indifferente. Nel 1974, in occasione delle elezioni presidenziali, Giscard d’Estaing aveva lanciato la frase fatidica: “Còrsi, ricordatevi di me, io mi ricorderò di voi”.

Infatti, si è ricordato di noi; il bilancio del suo settennato è significativo: un poliziotto ogni 18 abitanti (uno ogni 6, per la venuta di Giscard!), uno per ogni famiglia per sorvegliarne fatti ed atteggiamenti: 300 anni- prigione affibbiati; 6 morti, vittime di questa pratica repressiva; 1.000 incriminazioni, tutti i militanti nazionalisti schedati; decine di persone guardate a vista per sei giorni, senza altra colpa che il delitto di opinione; persone convocate, interrogate, per aver scritto ad un prigioniero; sono sempre più numerosi i membri delle squadracce colonialiste che occupano posti di responsabilità, e rimangono indisturbati qualunque siano le accuse e le prove a loro carico. Lo statuto del prigioniero politico non è mai rispettato nelle prigioni; razzismo permanente delle guardie carcerarie quando non del direttore nei confronti degli imprigionati (25 guardie in una cella per molestare un prigioniero): settimane di “Q.H.S.” (“quartier de haute sécurité” , celle speciali) secondo i capricci del direttore della prigione.

La repressione in ogni campo, la catastrofe sul piano economico e sociale, disoccupazione record e l’esilio in massa, tutto da aggiungere a questo bilancio».

Alla manifestazione avevano aderito gli studenti delle più varie tendenze (ULNC, LNC, GCP). L’U.P.C. «che ha sempre denunciato il potere di Giscard e dei suoi complici» e che domanda un “voto-sanzione”, “non può che associarsi all’appello del F.P.C.”. Gli studenti nazionalisti sono uniti nella ”Consulta di i studienti corsi” e nell’ULNC (Unione Liceali Nazionalisti Corsi).

Ma il 17 aprile, giorno della visita di Giscard, sentita come una provocazione da parte dei nazionalisti, accade qualcosa di ben più grave della “manif”. All’aeroporto di Ajaccio, Campo dell’Oro, esplode alle 17,30 una bomba che provoca la morte di una persona ed il ferimento di altre 8; si pensa ad un sistema teleguidato od ad una bomba ad orologeria. Giscard rivelerà subito che gli era stato continuamente raccomandato di essere puntuale e di arrivare alle 17.30 e precise. L’indomani, 18 aprile, l’attentato è rivendicato dal nuovo gruppo FTPC (Franchi Tiratori Partigiani Corsi) il quale, il 6 aprile, si era dissociato dal FNLC, sostenendo che la tregua nel periodo elettorale era un errore. Ma il 23 aprile, il FTPC sconfessa l’attentato, definendolo una provocazione dei collaborazionisti e delle squadracce colonialiste (i “barbouzes”). Da parte sua, il FLNC si dissocia totalmente e conferma punto per punto quanto detto alla conferenza stampa del 3 aprile, nella quale era stata annunciata la tregua e proposta l’astensione al voto (che l’UPC consigliava invece di adoperare “contro Giscard”).

Poche ore dopo l’attentato, la polizia si è presentata in forza alla casa di Jean Mannarini, esponente autonomista (non quindi “indipendentista’’), uno dei fondatori del vecchio ARC, e lo ha fermato con la giovane figlia, il genero, il figlio di 18 anni ed un nipote di 19; la moglie ed i due ragazzi più giovani sono stati “consegnati” in casa e diffidati ad uscire. Il ministro dell’Intemo dichiarerà nel telegiornale della sera che «cinque sospetti sono stati fermati e si trovano sotto interrogatorio a Bastia». In realtà la polizia si doveva coprire di ridicolo, poiché alla sera stessa tutta la famiglia Mannarini era rimessa in libertà, l’accusa essendo priva del benché minimo indizio. Sul continente, a Tolone, si provvedeva nel frattempo ad arrestare i fratelli Jean e Pierre Poggi (quest’ultimo funzionario della prefettura del Var), accusati di traffico d’armi in favore del FLNC ed in particolare con l’esponente Francis Susini, già sfuggito alle retate del 1978.

La nazionalità

Non ci resta che sottolineare alcuni aspetti importanti nel contesto della colonizzazione del Mediterraneo, dove gli antichi possedimenti inglesi (Cipro, Malta) hanno da tempo ottenuto l’indipendenza, mentre isole ben più grandi patiscono tuttora una situazione coloniale.

La situazione della Sardegna è, ad esempio, molto diversa da quella della Corsica? E della Sicilia? Inoltre, storicamente la Corsica dimostra come il fatto “nazionale” non possa essere collegato soltanto al mero fattore linguistico. In Corsica si ha, infatti, una parlata ben più vicina all’italiano di molti cosi detti “dialetti” della Repubblica Italiana (si pensi ai gallo-italici, ed al piemontese in particolare…): ma il popolo còrso rifiuta di essere “italiano” (là dicono “lucchese”, usando un termine precedente all’unificazione politica della penisola) e ricerca invece la propria strada originale per riscattare una reale indipendenza economica, sociale e culturale dei popoli che pretesero conquistarla (i Toscani ed i Liguri, prima; la Francia, poi); non Francesi, dunque, ma neppure Italiani: Còrsi, una realtà dirompente che infrange gli eleganti ma esili schemi di chi pretende stilare a tavolino l’indice chiuso delle nazioni doppiamente proibite e delle lingue tagliate. Piaccia o no, la Corsica è una nazione proibita ed il Còrso (“italiano” verginale e innocente, addirittua opposto a quello imperialista e sputtanato dei mass-media dell’Italia in questo stato) una lingua tragicamente tagliata. Per convincersene, basta chiederlo a chi ne soffre la mutilazione.

Dopoelezioni: cosa è cambiato?

La vittoria di Mitterand ha portato in Corsica a due diverse valutazioni: quella ottimistica degli autonomisti dell’U.P.C, di Simeoni, condivisa sostanzialmente dai socialisti; e quella pessimistica degli indipendentisti del F.L.N. C., per i quali la questione corsa si fonda sul necessario riconoscimento dell’esistenza di un “popolo corso” diverso da quello francese, e quindi di una “nazione corsa ”.

Per l ‘U.P. C. e per il PS, con la vittoria di Mitterand si sono giù avuti tre vantaggi:

1) la soppressione della Corte di Sicurezza dello Stato, e cioè del tribunale speciale cui venivano sottoposti i patrioti corsi (e baschi, brètoni, ecc.).

2) l’amnistia politica, che ha portato alla liberazione dei patrioti corsi imprigionati (ma due restono tuttora incarcerati: Alain Orsoni, per la sparatoria avvenuta nell’avenue Diena, a Parigi, nel giugno 1980; e Susini, per l’affaire Biaggi, sindaco di Cagnano, settembre 1979).

3) riconoscimento dello Statuto Speciale (Status particulier  pour la Corse), e cioè la trasformazione in legge del vecchio progetto socialista (che però faceva menzione, nel preambolo, del “peuple corse”; nella legge è ora sparito ogni riferimento al “popolo corso ”), presentato quando Mitterand era leader dell’opposizione.

L’iter previsto è il seguente: 23 dicembre 1981, inizio ufficiale delle consultazioni del progetto governativo, che in gennaio dovrà essere trasmesso alla commissione parlamentare paritaria (camera e senato); giugno 1982, elezioni regionali; luglio 1982, entrata in vigore dello Statuto speciale, ed elezione a suffragio diretto e proporzionale dell’Assemblea regionale, la quale avrà subito funzioni legislative, in quanto quelle costituenti saranno già assolte appunto dal Governo e dal Parlamento nel primo semestre del 1982.

I socialisti fanno notare come lo Statuto speciale per la Corsica sarà in vigore prima ancora che si attui il decentramento regionale dell’Esagono francese, sul modello di quello corso. Tale riforma si situerà al limite del federalismo, poiché all’Assemblea regionale saranno riconosciute vaste e speciali competenze, e saranno creati altri enti che affiancheranno l’assemblea, come il “Consiglio regionale per lo sviluppo culturale”, il “Consiglio accademico di gestione”, un “Ente regionale per la radio e la televisione”; organismi, tutti, che dovranno garantire l’identità culturale dell’isola (e quindi anche delle altre regioni). Le due direttive dello Statuto saranno, dunque, quella di un ordinamento giuridico che tenga conto della realtà socio-economica corsa, e la tutela della lingua e della cultura costitutive dell’identità corsa.

Intanto è già stato nominato, in via del tutto eccezionale, dal Ministro dell’interno e del Decentramento, un “Delegato per gli affari corsi ” nella persona di Bastiano Leccia, e ciò dovrebbe già indicare la volontà politica del Governo di attuare la riforma costituzionale, Sempre da parte socialista, si sottolinea come la priorità riconosciuta alla Corsica nell’ottenere uno Statuto speciale, rispetto alle altre Regioni che dovranno averlo in seguito, sia giustificata perché, specie a partire dagli anni 60, i danni causati dall’imperialismo culturale ed amministrativo, si siano decuplicati con l’impatto del capitalismo e del consumismo. L’assalto dei mass-media ha travolto la Corsica: cinema, radio, tv, dischi, musicassette, pubblicità, moda, supermercati, hanno fatto crollare intere falde dell’edificio culturale corso, e cioè di una cultura che aveva dato forma ad un modo originale di sentire, di pensare di esprimersi e di esistere, comune a tutta la comunità corsa. La sottocultura dei fotoromanzi, del turismo di massa, ha avuto effetti devastatori in misura forse maggiore dei libri di scuola. Una simile accelerazione detta distruzione culturale è stata rinforzata da un calo demografico pauroso, reso ancora più catastrofico dall’immigrazione che ha messo gli autoctoni in minoranza.

Gli squilibri sono aggravati dall’invecchiamento della popolazione locale; in certe regioni dell’interno, come l’Altu di Casacconi ad esempio, gli abitanti con più di 65 anni sono il 60% del totale! Tutto ciò è già di per sé fattore sociologico di degenerazione. Se si aggiungono i torti subiti dagli agricoltori locali, le azioni da “capitalismo d’assalto”, la struttura arcaica dei clan (da familiari, divenuti politici) che controllano i posti di lavoro, le carriere, la politica amministrativa, ecc.; le rappresaglie di una polizia che il popolo sente nemica, la presenza della Legione Straniera (che in Corsica ha stabilito da anni la sua sede), si può facilmente comprendere come si sia avviata una strategia della tensione per volontà del presidente battuto e della sua cricca, con il conseguente ritmo d’un migliaio di attentati all’anno, ininterrotto sino a qualche mese fa. Per sette anni, ciò rappresentò la sola e sterile risposta del potere di destra che si opponeva alla duplice aspirazione del movimento popolare corso: una democrazia reale e moderna, e la tutela dell’identità culturale.

La “Cour de sûreté de l’Etat” (Tribunale speciale per la difesa dello Stato, istituzione che caratterizzò anche l’Italia durante il regime fascista) divenne lo strumento d’intervento privilegiato, al servizio di una classe politica fradicia, sempre pronta a coprire le attività di un affarismo ambiguo, abbarbicato al “tutto turismo”. Siffatta strategia della tensione era giunta (come nota giustamente Charles Santoni, tratteggiando lucidamente la prospettiva socialista nell’ultimo numero di “Les Temps modernes”, pp. 619-643) ad un limite di rottura, oltre al quale c’era ormai soltanto la guerra civile. Nelle altre Regioni di Francia, soltanto occasionalmente ci si è serviti di tali supporti della provocazione e della repressione.

In Corsica invece vi si è fatto ricorso con ampiezza e perseveranza, apertamente, cinicamente, con la copertura dei diversi servizi dello Stato.

L’avvio dell’iter per lo Statuto speciale, se non altro ha portato immediatamente ad una tregua, e la strategia della tensione sembra lasciare il posto al dibattito politico. Certamente, il banco di prova del PS, rileva sempre C. Santoni, sarà il superamento del “Clan”, e cioè del tradizionale clientelismo politico che ha sempre dominato la scena politica isolana ad ogni elezione, travolgendo le sostanziali distinzioni tra destra e sinistra, ed ancora più ogni analisi ideale (ad Ajaccio, per le elezioni amministrative ottenne la maggioranza un “clan” che, con alibi di comodo, si definisce bonapartista!). Soltanto se la nuova struttura regionale riuscirà a smantellare i centri di potere clientelare, a vantaggio della dialettica politica (ciò dovrebbe essere facilitato dall’abbandono del sistema uninominale per la proporzionale, che dovrebbe far affiorare forze, pur ingenti, come gli autonomisti, ora sommerse), la Corsica potrà riprendere le sue tradizioni politiche altamente civili (basti pensare al suo parlamento, uno dei più antichi d’Europa; ed al vittorioso superamento della “vendetta ” nell ordinamento giuridico e sociale determinato dalle riforme di Pasquale Paoli).

A questa che è sostanzialmente, l’analisi dei socialisti e degli autonomisti dell’UPC, si contrappone, dicevamo, quella degli indipendentisti del FLNC, Lasciamo loro la parola, riportando l’intervista rilasciata alla rivista “Kirn”(n. 124, nov. 1981).

L’opposizione del FLNC

Il Fronte di Liberazione Nazionale Corso aveva deciso una tregua durante il periodo delle elezioni presidenziali e legislative, al fine di non falsare il dibattito. Oggi questa tregua si prolunga, e la classe politica, l’amministrazione pubblica, il popolo corso, s’interrogano sulle nuove posizioni del Movimento nazionalista clandestino. Queste sono le spiegazioni date direttamente alla rivista “Kirn”.

KIRN – La tregua prolungata del FNLC, rappresenterebbe una specie di cauzione implicita accordata al nuovo potere?

FLNC – La tregua ci è imposta attualmente da una determinata situazione politica. Gli avversari del Governo si caratterizzano per una volontà destabilizzante, che potrebbe realizzarsi in Corsica più facilmente che altrove. Il Fronte ha sempre saputo assumersi le proprie responsabilità e l’ha dimostrato; ma in nessun caso accetterebbe di servire obiettivi politici che non sono propri.

K – Ciò significa che il Fronte non è cambiato, malgrado la tregua?

FLNC-Non siamo per nulla cambiati. Conserviamo la certezza d’appartenere ad una comunità storica, costituita dal popolo corso; così come siamo convinti che la Corsica appartenga ai Corsi, perché il loro paese, con tutti i diritti che da ciò derivano; anche se tali diritti restano, tuttora, negati dallo Stato francese.

K – Siete sicuri che i Corsi, nel loro insieme, condividano le vostre idee?

FLNC – Prescindendo dai problemi economici, che tutti possono rilevare senza bisogno d’essere esperti, i Corsi non possono trascurare due realtà che gli si impongono. La prima di queste realtà, è la soluzione di continuità, la rottura che patisce attualmente il popolo corso: infatti la lingua non è più trasmessa dai genitori, poiché essi medesimi non la conoscono, i costumi sono profondamente cambiati, sia per il ruolo dei massmedia, sia per i nuovi rapporti economici che hanno introdotto altre abitudini, altri scambi.

K – E qual è la seconda realtà?

FLNC – E’ la “colonizzazione da ripopolamento”. Anche a questo proposito, ogni Corso è perfettamente in grado di misurarne l’ampiezza, ed ogni Corso, bisogna pur dirlo, si trova allo sbando di fronte a questo fenomeno, non avendo il potere politico per controllarlo e per ridurlo.
La “rottura culturale”e la colonizzazione di ripopolamento” vanno, d’altra parte, di pari passo, per risolversi nella sparizione totale del popolo corso.

K – Cosa vi aspettate dal nuovo Governo?

FLNC – Ci aspettiamo che sia coerente con le idee che professa così bene altrove, circa il rispetto dei popoli ed il loro diritto all’autodeterminazione. Non si può far nulla in Corsica, fintanto che lo Stato francese non ci avrà riconosciuto come popolo; fintanto che non ci avrà resa la nostra identità collettiva.

K – Lo Statuto speciale è un inizio, vero?

FLNC – Per noi, sarebbe piuttosto una fine, nella misura in cui lo statuto intende occultare, sin dall’inizio, la dimensione nazionale della nostra lotta. Il suo stesso vocabolario tende a diminuire, a ridimensionare le nostre essenziali rivendicazioni: la nostra identità diviene cosi un “particolarismo”, il popolo una “comunità”; e quanto alla Nazione, questa potrà tutt’al più identificarsi in un ‘Assemblea regionale. Comprenderete come ci sia difficile avallare un simile programma; e soprattutto considerarlo come la soluzione definitiva per il nostro Paese.

K – Tenete conto tuttavia di questo Statuto speciale?

FLNC – Noi teniamo conto di tutte le situazioni politiche della Corsica.

K – Lo Statuto speciale non potrebbe determinare nuove condizioni per la pratica democratica?

FLNC – In fatto di democrazia, stiamo assistendo, come avevamo previsto, ad un rafforzamento dei clan (“cioè del clientelismo, n.d.r.). Non soltanto i Clan hanno riportato a giugno una bella vittoria elettorale, ma le volontà di umanesimo e di progressismo manifestate dopo il 10 maggio, gli hanno conferito una specie di virtù… che d’altra parte loro non si sono mai sognati di rivendicare.

K – I clan non avrebbero preteso tanto!

FLNC – Certo! Ma intanto, purtroppo, i capi dei Clan stanno per diventare, come nel passato, gli interlocutori privilegiati del Potere. Socialista o no, l’attuale Governo sta riprendendo sul suo conto tutte le pratiche dell’imperialismo francese, in Corsica, senza cambiarvi una virgola.

K – Bisogna proprio dire che questo Statuto speciale non vi piace per niente.

FLNC – Non soltanto non ci incanta, ma ci inquieta. La reinstallazione dei clan svilupperà la frode elettorale, il mercato politico, le pressioni, il clientelismo e ciò che è più grave ancora, la crisi economica, senza la quale i capi clan sarebbero impotenti.

K – Ci sarà comunque una ripresa culturale, con l’insegnamento del corso a scuola.

FLNC – Parliamone: tre ore facoltative, cioè senza alcun vantaggio per l’insieme degli studi ed una materia in più nel programma! Ciò significherebbe, piuttosto, un incitamento a non seguirlo. Le poche ore riservategli ed il suo carattere facoltativo, rientrano perfettamente nel quadro di ridimensionamento dei nostri problemi di cui dicevamo. Se le cose continueranno così, il posto del corso nella scuola sarà quello della ricreazione… e ciò, tutto sommato, non sarebbe poi un’idea tanto cattiva!

K – Non si può allora parlare né di miglioramento né di progresso?

FLNC – Bisogna parlare di frode, altro che di progresso. Dobbiamo dirlo chiaramente ai Corsi sinceri, sensibili al nuovo discorso di sinistra, e che credono che il nuovo Potere socialista riconosca l’esistenza del nostro popolo.

K – Il riconoscimento del popolo corso come cambierebbe le cose?

FLNC – Il riconoscimento del popolo corso è fondamentale per raddrizzare la situazione economica, demografica e culturale. Senza quel riconoscimento, anche i rimedi diventano peggiori del male. Allorché questo famoso Statuto, per esempio, prevede di favorire i lavoratori che vorrebbero trasferirsi in Corsica, un tale progetto corrisponde ad una vera e propria impresa di snazionalizzazione corsa, a meno che il riconoscimento del popolo corso sia posto come fatto preliminare, prioritario.

K – Voi siete dunque così ostili all’immigrazione di lavoratori stranieri in Corsica?

FLNC – Non paghiamoci con le parole. Attualmente, si tratta della comunità francese che a nostre spese beneficia di tutte le strutture dello statuto in materia di istruzione, informazione, amministrazione. E’ lei che si trova nei posti chiave dei diversi meccanismi economici, mentre il nostro popolo potrebbe essere corso, di rigore e facoltativamente, tre ore alla settimana.

K – Ma forse è l’aspetto socio-economico della Corsica, che determina questa situazione…

FLNC – L’aspetto coloniale, si: poiché una tale situazione non è caduta dal cielo! Francesco Giacobbi non ipotizza forse persino un rinnovamento rurale dell’interno, grazie alla costruzione di nuove gendarmerie? Ciò illustra bene la natura dello Statuto molto speciale, che il nuovo Potere propone alla Corsica.

K – Quali sono secondo voi i problemi più urgenti e le soluzioni che si impongono?

FLNC – Ve l‘abbiamo appena detto: non basta costatare le carenze e offrire rimedi; ciò non porterebbe a nulla, e nei settori dove una tale procedura si sia messa in pratica e magari anche riuscita, nulla è tuttavia cambiato al livello del popolo corso e della sua volontà di esistere in quanto tale.

K – Ma allora cosa si deve fare? Si ha sempre un po’ l’impressione che voi respingiate le soluzioni…

FLNC – Ebbene, affrontando i nostri problemi da una prospettiva nazionalista, e non soltanto socio-economica, noi aspettiamo dal Potere che contribuisca a far cessare l’accaparramento della Costa orientale da parte dei coloni, e l’occupazione del litorale da parte dei trusts turistici; la confisca della base di Sulinzara e dell’area di Sacabianda, la speculazione fondiaria che finisce stranamente col cacciare i Corsi e moltiplicare le residenze secondarie dei Francesi, le tare della dipendenza economica, la sequela degli atti di repressione.

K – E la Legione straniera?

FLNC – Anche la Legione, certo, che continua a far parate sulle nostre piazze e soprattutto ad arrancare nelle nostre montagne, mentre il suo imminente scioglimento era scritto nel programma.

K – Insomma, sognate di veder partire un bel po’ di gente.

FLNC – Non dimenticate che moltissimi Corsi sono già partiti prima, e non ci si è inteneriti per la loro sorte, anzi. Oggi, la sensibilità di certuni sembra fuori posto.

K – Credete che l’indipendenza per cui lottate risolverà ogni problema?

FLNC – Siamo perfettamente coscienti che l’indipendenza non potrà togliere facilmente le ipoteche che ci lascerà il colonialismo. In questa lotta, ci sono dei dati di cui si deve tener conto; non dimenticate che il colonialismo opera qui da due secoli, con un’accelerazione evidente negli ultimi due decenni. E dunque l’indipendenza che potrà ristabilire in Corsica un ordine più naturale, e sanare la situazione politica ed economica.

K – Che ci dite dunque, per concludere?

FLNC – Per concludere, ricordiamo che dobbiamo rimanere vigilanti, per evitare le provocazioni della nuova opposizione, che sogna di rovesciare il nuovo potere. Tuttavia, lo Stato Francese ed il popolo corso debbono sapere che restiamo senz’altro ed interamente mobilitati al servizio del nostro paese, e che continueremo la lotta sino alla sua completa liberazione.

Per avere una visione totale del Movimento corso, occorre precisare che all’interno del FLNC (che pubblica un foglio clandestino, “U ribellu”)si vanno delineando due posizioni (come nell’ETA basca e nell’IRA irlandese): una più radicale, contraria a prolungare indeterminatamente la tregua, che diremo “militare”, e l’altra, più attenta alle implicazioni politiche, definibile appunto come “politica”. Si è poi costituito un nuovo “Fronte paisanu “, di cui non si sa molto, e che sembra costituito da ex-indipendentisti che agivano sul piano legale. Sul piano legale, nel quadro della battaglia autonomista, oltre all’Unione del Popolu Corsu di E. Simeoni (che rimane di gran lunga il partito autonomista più forte e che si sta preparando alle prossime elezioni regionali di giugno) ed al suo periodico “Arritti’(“in piedi” anche l’organo ufficiale dell’Eta, “Zutak” ha il medesimo significato), vi è ancora il Fronte del Populu Corsu (di Domenico Alfonsi), FPC, “Partito di u Populu Corsu”. Ma è soprattutto nelle organizzazioni giovanili e studentesche che il Movimento ha preso grande sviluppo. Si hanno così i “Comitati di A. Gioventù Naziunalista Corsa” (CGNC), presente ormai in tutta l’isola, che pubblicano “U ribombu” (il rimbombo dei corni guerreschi che mobilitano i giovani, spunto ricavato dall’inno nazionale “U columbu”); e l’Unione Liceali corsi (ULC).

Completano la pubblicistica corsa più significativa, oltre alla rivisita Kirn, già citata, il periodico nazionalista “U rigiru” e “A chiamata”, edita dalla “Casa di u populu corsu” di Parigi.

Occorre infine segnalare che i Giscardiani hanno attenuato la loro opposizione al progetto di autonomia speciale di iniziativa socialista, attestandosi sulla proposta di decentramento amministrativo che non comprometta l’unità della “nazione francese” e che chiuda ogni apertura verso un celato federalismo. Tetragoni ad ogni rinnovamento, e quindi radicalmente contrari, rimangono pertanto i gollisti e l’estrema destra.

Ecco, in sostanza, le posizioni dei candidati alle elezioni presidenziali

François Mitterand

Sostiene coerentemente la proposta di legge n° 2991 del 1977 (vedi a pag. 7) tendente a realizzare una Regione autonoma a statuto speciale con ampi poteri sul tipo di quelle italiane a Statuto speciale o, meglio, di quelle della Spagna (Catalogna. Euskadi, Galizia).

Georges Marchais

Anch’egli si rifà ad una proposta di legge (comunista) del 1977 che prevede un’assemblea regionale di almeno 50 membri eletta a suffragio universale, con la proporzionale, per 6 anni e un esecutivo. Consiglio economico sociale e culturale regionale eletto da tre collegi: 40% dei seggi ai professionisti, 40% alle imprese pubbliche e private; 20% alle associazioni culturali, sociali, familiari e sportive. Creazione di agenzie regionali (fondiarie, creditizie), di enti pubblici (programmazione, urbanesimo, costruzioni, impiego, cultura, ecc.) di un consiglio regionale dell’Istruzione. Delega di competenze e di finanziamenti nel quadro del bilancio nazionale.

Michel Crepeau

I radicali (M.R.G.) hanno presentato all’inizio del 1978 un progetto di legge per la regionalizzazione dello Stato, dove si sottolinea la differenza tra Regioni come la Bretagna, la Corsica, l’Occitania, i Paesi Baschi, l’Alsazia da una parte, e le altre regioni dall’altra; una differenza che dovrebbe ricalcare quella italiana tra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario. Per quanto riguarda in particolare la Corsica, la proposta di legge radicale ricalca in pratica quella socialista.

Valéry Giscard d’Estaing

«Lo dico solennemente ad Ajaccio: coloro che vogliono per la Corsica uno statuto diverso da quello delle altre regioni francesi, come propongono alcuni candidati, io li prego di non votare per me, perché io non lo farò » (discorso del 16 aprile 1981).
In pratica, dunque, nessun cambiamento alle strutture stabilite dalla legge del 1972 (con successive modifiche, 1975 e 1979): consiglio regionale di 20 membri eletti in secondo grado, comitato economico e sociale di 40 membri, insignificanti deleghe di competenze e di mezzi, ruolo primario dei prefetti.

Jacques Chirac

«L’elezione di consigli regionali a suffragio universale diretto è una proposta irresponsabile ch’io combatterò. Bisogna tuttavia procedere ad una diversa ripartizione delle competenze amministrative e delle comunità che lo compongono, quindi sono favorevole al decentramento.
La regione deve diventare un’autentica comunità dotata di personalità giuridica, come il comune ed il dipartimento. Bisogna delegarle competenze precise e molto estese, cosi come tutte le strutture collettive sanitarie, culturali, sportive, scolastiche e professionali. La regione riceverà dallo Stato una dotazione globale di strutture» (discorso di Ajaccio, 27 febbraio 1981).

Marie France Gìraud

«Sul problema della regione, lo confesso, ho mutato completamente idea. Inizialmente ero molto giacobina… ora credo invece salutare per il nostro paese prospettare una nuova struttura regionale, con un consiglio regionale composto di uomini e donne designati dai sindaci e dai consiglieri regionali. L’uniformismo, l’unicità di concezione e l’unilateralità negli orientamenti annunciati dall’alto vanno troppo sovente contro-corrente. Bisogna dare poteri alle regioni: per l’energia, l’occupazione, gli investimenti che condizionano l’occupazione, l’edificabilità, il sistema finanziario e l’utilizzazione del risparmio — senza dire della cultura — io credo che il decentramento regionale possa essere efficace. La programmazione può cosi fondarsi sulle realtà di base, tenerle in conto, correggerle e coordinarle con la politica generale dello Stato e divenire più di stimolo che di castrazione». (Intervista a “Le Monde”, 23 aprile 1981).

Michel Debré

«Opposizione ad uno Statuto speciale che è, al tempo stesso, regresso sociale e pericolo; ricerca di una “tappa” ulteriore nel decentramento per superare gli squilibri. Creazioni di enti di iniziativa e di sviluppo, favoriti da opportune misure speciali d’appoggio: 1°) sviluppo industriale ed artigianale; 2°) sviluppo agricolo; 3°) sviluppo della pesca.
Piano quinquennale per le attrezzature interne e le comunicazioni; piano venticinquennale per l’urbanizzazione; rinnovo delle tariffe aeree e marittime; appoggio alle associazioni per la tutela della lingua corsa; attività sperimentale in materia di energia solare e creazione di un grande “centro del mare”». (Discorso di Ajaccio, 20 giugno 1980).

I candidati “minori”

Huguette Bouchardeau (P.S.U., socialisti dissidenti di sinistra) e Arlette Laguiller (“Loutte ouvrière”, trotzkista) si sono pronunciate per l’autonomia regionale; Brice Lalonde (i “verdi”, ecologisti) per il decentramento amministrativo.