Le nuove organizzazioni sindacali. Deportazione e genocidio. L’importanza della lingua creola

Analogamente al PCF – di cui parlammo nella scorsa puntata – anche la federazione socialista si è completamente screditata collaborando apertamente, e sembra davvero senza alcun li­mite, con il potere coloniale­-prefettizio; nel 1974 il PS ha do­vuto espellere dai suoi ranghi le figure più compromesse con gli interessi colonialisti, ma gli ele­menti più preparati non hanno ritenuto sufficiente l’epurazio­ne ed hanno abbandonato, da sinistra, il partito aderendo al PPM di Césaire. Così, il medico Claude Lise abbandona il PS e, nel 1977, fonda il Parti Sociali­ste Martiniquais (PSM) di cui è nominato segretario generale. Un anno dopo, a seguito delle elezioni legislative del marzo 1979, Lise con la maggioranza del PSM aderisce al PPM di Cé­saire che lo incarica di prepara­re per il prossimo congresso (giugno-luglio 1980) il “progetto di società socialista per la Mar­tinica”, fondato sull’autogestio­ne.

La svolta decisamente so­cialista del PPM rende ancor più dura la polemica con il PC che accusa Césaire, Lise e gli altri di provocare artificiose di­visioni nella sinistra, laddove Li­se denuncia l’antisocialismo dell’URSS e dei suoi satelliti. Anche i sindacati vanno sempre più radicalizzando la loro posi­zione antifrancese. A sinistra della Confédération Générale des Travailleurs Martiniquais (CFGTM) è nata la Confédéra­tion Syndicale des Travailleurs Martiniquais (CSTM) fondata da Frantz Agasta, già dirigente di Force Ouvrière. La CSTM è forte soprattutto tra i dipendenti co­munali (circa 3000) di Fort-de-France, che contestano l’ammi­nistrazione del sindaco autono­mista Césaire: questi si trova dunque scavalcato dai sindaca­to di Agasta e dai giovani del giornale La parole au peuple, e cioè dalla nuova forza emergen­te: gli indipendentisti. L’autono­mia richiesta da Césaire e – meno radicalmente – dai co­munisti non basta più: la deco­lonizzazione si otterrà soltanto con la liberazione nazionale, con la cacciata dei francesi.
Gli indipendentisti si presenta­no alle elezioni amministrative cantonali e municipali.
A Riviere-Pilote, proprio là dove si verificarono le insurrezioni del 1870, malgrado le pressioni d’ogni sorta sulla popolazione, la lista capeggiata dal sindaco uscente, il professore di mate­matica Albert Marie-Jeanne pro­motore del Mouvement Indépendentiste Martiniquais (MIM) – proclamatosi, cioè, decisa­mente per l’indipendenza, con­cetto sino ad allora mai aperta­mente manifestato da alcuno – vince le elezioni. Durante lo spoglio delle schede, quando ormai si delineava una chiara vittoria dei separatisti, una squadraccia di filofrancesi fece irruzione nel seggio e distrusse l’urna e le schede. L’ammini­strazione prefettizia impose co­si nuove elezioni, durante le quali Riviere-Pilote fu sommer­sa dai politicanti anti-indipendentisti di tutta l’isola e presidiata da minacciose forze militari.Si tentò praticamente di ricattare ogni elettore (votare per Marie-Jeanne significava perdere il posto di lavoro, esse­re messi sulla lista nera, perde­re i sussidi, ecc.), ma inutilmen­te: gli indipendentisti vinsero ancora e Marie-Jeanne è sinda­co di Riviere-Pilote.
A rendere più vistosa la vittoria dei giovani di La Parole au Peuple, ci fu l’elezione di Marie-Jeanne a consigliere generale nelle cantonali, dove i filofran­cesi, grazie al sistema elettora­le e al taglio delle circoscrizioni, hanno la maggioranza con 24 seggi su 35. Mentre La Parole au Peuple (52 rue Perrinon, 97200 Fort-de-France, Martini­ca) dà la priorità alla lotta per l’indipendenza, ponendo le pre­messe per un forte partito indi­pendentista unitario e un fronte nazionale di liberazione, vi sono altri gruppi minori che subordi­nano alla rivoluzione di classe ogni altra istanza: sono i trotskysti di Révolution Socialiste (b.p. 1031, 97209 Fort-de-France) che è più forte nel nord, dove ha conquistato il comune di Ajoupa-Bouillon, e ha come esponenti Edouard Delephine e Philippe Pierre-Charles; e Com­bat Ouvrier (b.p. 214, 97110 Pointe-a-Pitre, Guadaloupe), di­retta emanazione dell’omonimo raggruppamento francese, che alla Martinica è in pratica pre­sente solo a Fort-de-France, e fa capo a Ghislaine Joachim-Arnaud. I due gruppi editano omonimi periodici.
Queste nuove forze indipenden­tiste e rivoluzionarie hanno sti­molato una radicalizzazione del PPM con interazioni diverse. Ar­thur Regis, direttore del giorna­le del partito, Le Progressiste, il 21 gennaio scorso ha dato le di­missioni da consigliere genera­le della Martinica per protesta contro la politica francese, con la seguente dichiarazione: “Per eliminare i martinicani, il meto­do impiegato è estremamente sottile e intelligente; esso con­siste nell’agire in modo che il martinicano non trovi più lavoro nel proprio paese e sia di conse­guenza obbligato a scegliere tra la disoccupazione e l’esilio”.

Il genocidio

“L’obiettivo sta per essere rag­giunto, posto che migliaia di metropolitani occupano, qui, i posti che dovrebbero toccarci con priorità assoluta. Mentre si fa di tutto per vuotare la Martini­ca della sua gente, il governo francese riempie la Martinica di francesi. Orbene, più saranno numerosi i francesi qui, più essi si organizzeranno per espellere, con il terrore, i martinicani che osano resistere. Ciò che i nazi­sti non sono riusciti a ottene­re, cioè il totale sterminio di un popolo, nella fattispecie il po­polo ebreo, i francesi, loro, han­no dimostrato di essere capaci di farlo, di eliminare un popolo intero. Ed è così che, come con­seguenza della sbarco francese in quest’isola, i Caraibi [il popo­lo amerinda autoctono, ndr] furono sterminati al punto che non ne esiste più uno in tutta la Martinica. Oggi qui, come ieri in Algeria, i francesi si organizza­no tra loro riunendosi in circoli e amicales di tutti i tipi cosic­ché, al momento giusto, potran­no trovarsi in una nuova OAS che seminerà il terrore nella popolazione, lasciando come unica alternativa la tomba o la valigia. Senza una lotta decisa e senza tregua per fermare l’inva­sione, io non vedo come noi che ci troviamo senza un reale pote­re politico riusciremo a conser­vare la Martinica per le nuove generazioni di Martinicani”.

Una politica, dunque, che com­prometterebbe lo stesso diritto di autodeterminazione in quan­to gli indigeni sono a poco a po­co sostituiti.

Il passaggio da un program­ma autonomista ad un’imposta­zione chiaramente nazionalista –

conseguente alla spinta degli indipendentisti di Marie-Jeanne entrati nella scena politica nel 1978 – ha provocato il distacco dell’ala moderata del PPM che faceva capo al vicesegretario generale Rodolphe Désiré; ma l’ala radicale, quella che fa capo a Camille Darsières, ha il favore popolare, tanto che Darsières stesso è stato trionfalmente rie­letto nel 1979 consigliere gene­rale. Appaiono anche le bandie­re nazionaliste nelle tre diffe­renti forme: tre strisce verticali, rossa, verde e nera; oppure: due strisce orizzontali, nera in alto, verde in basso, e triangolo ros­so con base all’asta; o ancora: metà rossa (all’asta) e metà ne­ra (al flottante). Rosso e nero sono i colori della libertà della gente dei caraibi (tale è infatti la bandiera di Haiti, ma qualcuno ritiene che vi siano anche sim­patie anarchiche) e il verde rap­presenta il simbolo della solida­rietà con il terzo mondo.

La lingua creola

La lotta per l’indipendenza è connessa anche a quella del ri­scatto della cultura locale e del­la lingua che l’esprime: il creo­lo, che sta al francese come le lingue romanze stanno al latino.

In creolo vi sono poeti e scritto­ri di notevole forza, come Joby Bèrnabé, autore tra l’altro della raccolta di poesie Kombo (Fort-de-France, 1978): versi che resti­tuiscono alla lingua della Marti­nica la sua vocazione storica di lotta (kombò, appunto). Poesia anticolonialista dove, volta a volta, l’humor e l’ironia sgorga­no dal fondo popolare sfidando tre secoli di dominazione; ma anche poesia lirica, dove il pul­sare del sangue sembra far eco al ritmo dei tamburi ancestrali. Kombo è edito dal GEREC (Groupe d’Etudes et Recherches en Espace Créolophone), gruppo che pubblica la rivista Espace Créole (c/o M. Jean Bernabé, b.p. 601, 67200 Fort-de-France) cui collaborano autori di tutta l’area creola (Antille, Guyana, ma anche Seychelles, Rèunion, eccetera).

Vi è poi un gruppo più combatti­vo che sostiene la radicalizzazione della battaglia linguistica e quindi la sostituzione dell’uso del francese con il creolo: si tratta di Grif an tè (artigli nella terra) che edita il foglio omoni­mo, interamente scritto in creo­lo (redazione: b.p. 843,Fort-de-France).

Le grafie del creolo si ispirano tutte al criterio fonetico, mentre le nostre lingue minoritarie eu­ropee preferiscono quello eti­mologico perché le avvicina alla matrice comune (il latino per le parlate romanze, ma anche altre come il celtico, almeno nel sub­strato) differenziandole dalla lingua mandarina del “palazzo”. Per il creolo, la grafia etimologi­ca tenderebbe a ricondurlo ad una matrice francese, mentre la grafia fonetica l’allontana enor­memente dalla lingua scritta metropolitana. Gli indipendenti­sti e i nazionalisti non intendo­no, almeno nella maggioranza, sostituire il francese con il creolo, essendo ben consci che la conoscenza della lingua fran­cese è una ricchezza: perciò in­tendono fondare la futura, libe­ra nazione della Martinica sul bilinguismo ed usare, oggi, la lingua locale come arma di libe­razione e di riscatto dei valori culturali originari.