La strategia di ”civilizzazione” adottata dal Governo di Parigi nei confronti delle manifestazioni di “isterodemonopatie” verificatesi collettivamente in un paese della Savoia all’indomani dell’annessione alla Francia: negazione dell’esistenza di una cultura precedente, cancellazione dei simboli del passato, creazione di nuovi bisogni, paternalismo assistenziale. In questo modo lo Stato autoritario e centralista riuscì a infrangere ogni possibilità di resistenza culturale e politica. Un raffronto con l’analogo caso friulano di Verzegnis.

“Rozzo e senza educazione come un Savoiardo”: questa era l’opinione condivisa dalle autorità francesi al momento dell’annessione della Savoia alla Francia, nel 1860, e dall’opinione pubblica, che non vedeva alcun vantaggio nell’accogliere nel territorio nazionale questi “seicentomila infelici”. È con questo pregiudizio che gli alienisti francesi incaricati dalle autorità centrali affrontano e tentano di risolvere l’epidemia di isterodemonopatie di Morzine. Questo caso anticipa, per molti aspetti, quello analogo di Verzegnis (1878-1879) di cui ci siamo già occupate1. Anche qui si tratta di manifestazioni collettive che colpiscono un’intera comunità, impressionandola con la loro singolarità: crisi convulsive si succedono ad atteggiamenti estatici, il ripudio del sacro si alterna ai comportamenti bizzarri.

A Morzine, come a Verzegnis, vengono inizialmente coinvolte sia le autorità religiose che quelle pubbliche, queste ultime attraverso l’intervento medico. Alla diagnosi popolare, che vede negli strani fenomeni manifestati principalmente da donne e fanciulle le conseguenze di un malefico sortilegio, si sovrappone, come a Verzegnis, la diagnosi medica, che li interpreta come i terribili sintomi dell’isterodemonopatia, termine ottocentesco in cui si fondono l’isterismo come danno organico ed il contenuto “demoniaco” del delirio. Questo contagioso flagello “morale” deve la sua pericolosità, secondo gli alienisti delegati a controllare le espressioni della devianza, alla sua azione perturbante l’ordine pubblico e all’essere un residuo del passato che affonda le sue radici nella superstizione e nell’ignoranza. Questa interpretazione in termini di anomia sociale giustifica un intervento che avverrà nei termini di una acculturazione pedagogica. Educare e non punire sarà il motto sotteso a questa strategia. Sull’ignoranza dei Morzinesi nacque ben presto una polemica tra Constans, alienista inviato dall’amministrazione centrale, e Arthaud, medico della provincia che ne conosceva bene la realtà sociale. Mentre il primo sottolineava l’arretratezza e l’analfabetismo degli abitanti, il secondo dimostrava come la maggior parte della popolazione parlasse e scrivesse correttamente in francese, nonostante l’annessione fosse cosi recente. “Senza dubbio era un insopportabile scandalo l’aver a che fare con della gente che credeva nel malefico e nei diavoli e che, allo stesso tempo, sapeva, per la maggior parte, leggere e scrivere e parlare francese. Infatti, riconoscere questa situazione avrebbe significato fare della lotta contro il male la lotta di una cultura contro un’altra cultura. Bisognava dunque, assolutamente, che non vi fosse nessuna cultura a Morzine e che la crociata dell’amministrazione si potesse identificare con una crociata manichea della cultura contro l’incultura, delle Luci contro le Tenebre dell’oscurantismo” 2.

I presupposti di questa volontà pedagogica sono già insiti nel progetto di colonizzazione dell’impero autoritario e centralizzatore nei confronti della Savoia annessa, che viene posta in una posizione subordinata e passiva, come l’allievo nei confronti del maestro. Le aspettative dei Morzinesi, in seguito all’annessione, di ottenere un miglioramento delle loro condizioni di vita (i Savoiardi infatti emigravano stagionalmente verso la pianura francese e verso la Svizzera), vengono rapidamente frustrate dall’accentramento del potere decisionale e dei mezzi di intervento pubblico, mentre le possibilità di resistenza culturale e politica vengono scongiurate da un atteggiamento paternalista ed assistenziale. Un esempio di ciò si ritrova proprio nel fallimento di un intervento normalizzante esclusivamente repressivo. “È l’educazione morale della comunità che bisogna rifare”3. Occorre dunque troncare l’influenza religiosa e tutte le pratiche di devozione popolare ad essa collegate ed installare nel paese un duttile strumento di osservazione, di controllo e di modificazione sociale: un battaglione di fanteria. L’obiettivo di quest’ultimo non è quello di entrare in conflitto con la popolazione, ma quello di legarsi ad essa ed animare il villaggio. I militari sono invitati ad aiutare la gente nei lavori dei campi ed ad organizzare trattenimenti pubblici precedentemente assenti a Morzine: feste, balli, cori, concerti bandistici, ecc. Viene tenuta una serie di conferenze su argomenti pratici (la cura del bestiame, i fenomeni atmosferici, la formazione delle ardesie, seguite da aneddoti e amenità), mentre il Ministero della Pubblica Istruzione costituisce un fondo librario per “permettere di sostituire i vecchi libri di magia e di stregoneria di cui gli abitanti si servivano, con delle opere moderne atte a rassicurare le immaginazioni fuorviate, gli spiriti superstiziosi”4. Quest’opera di “civilizzazione” mira a creare nuovi bisogni (negando cosi quelli appartenenti al quadro culturale precedente), la cui soddisfazione è pretederminata, e non lascia quindi possibilità alternative ed autogestite di sviluppo. La metamorfosi culturale e sociale che ne deriva modella anche la trasformazione del paesaggio con la costruzione di una grande arteria stradale assieme a nuovi edifici pubblici, che anticipa gli sventramenti operati da Haussmann nel cuore di Parigi, per allontanarne il proletariato.

I risultati di questa operazione sono tangibili: il fenomeno di Morzine perde la sua virulenza sociale e muta la sua capacità di significare. Diviene un malessere muto e privato, innocuo per il corpo sociale, riconducibile ad un disturbo nervoso di natura organica, privo di significato. Facendo un confronto tra le strategie di intervento adottate dall’impero francese e dal governo italiano nell’analogo caso di Verzegnis, emergono delle sostanziali differenze. I dispositivi puramente repressivi messi in atto dalle autorità italiane mantengono la distanza tra oppressore e oppresso, provocando il permanere di una resistenza culturale. La compagnia di fanti spedita a Verzegnis nel 1879 non ha come scopo l’educazione morale della comunità. Si comporta come un esercito invasore che di casa in casa passa per rastrellare le possedute e trasportarle nel lontano ospedale di Udine. Se l’attenzione terapeutica per il corpo sociale malato è la medesima, come pure è identico il progetto di colonizzazione culturale, completamente divergente è la strategia adottata. Il progetto pedagogico educativo ricalca l’ortopedia: raddrizza i costumi come il medico le ossa; quello carcerario punitivo stigmatizza una colpa che richiede l’espiazione oppure talvolta alimenta focolai di resistenza.

 

Note

 1 C. Ceschia, D. Cozzi, Le possedute di Verzegnis, Etnie, II (1986)

2 Carroy-Thirard Jacqueline, Le mal de Morzine. De la possession à l’ histérie, Paris, Solin, 1983, n. 108.

3 Comunicazione del sottoprefetto Fournier al Prefetto di Lione del 4 maggio 1864, cit. in Carroy- Thirard J., Le mal de Morzine, op. cit., p. 92.

4 Lettera dell’ispettore d’Accademia di Chambery.

2 nov. 1868 al Prefetto in: Carroy-Thirard J.. op, cit., pp- 101-102.