Tutto da rifare per il partito Siumut, che nel 2013 ha vinto le elezioni groenlandesi. La sua leader Aleqa Hammond aveva trionfato grazie alla linea apertamente indipendentista nei confronti della Danimarca, ma il suo governo rischia adesso di avere vita breve. La Hammond è stata infatti accusata di essersi appropriata di fondi pubblici e, in attesa dell’inchiesta, ha lasciato il posto di primo ministro mentre un paio di ministri hanno già dato le dimissioni. L’opposizione parlamentare preme per nuove elezioni.
La crisi giunge in un momento particolarmente delicato per l’economia groenlandese, che deve decidere l’atteggiamento da tenere nei confronti delle compagnie minerarie che intendono sfruttare il sottosuolo dell’isola, con tutte le conseguenze economiche (probabilmente positive) e ambientali (sicuramente negative).
Come spiega A. J. K. Bailes in questo articolo, “nonostante gli avvertimenti e le preoccupazioni espresse con vigore dal Folketing, il parlamento danese, nell’ottobre 2013 il parlamento groenlandese ha accettato di revocare la moratoria sull’attività mineraria, permettendo così alla London Mining e a Kvanefjeld di proseguire con i loro progetti”.
Il guaio è che la London Mining sta attraversando una crisi finanziaria, che il ministro per le Attività minerarie, l’esponente del Simiut Jens-Erik Kirkegaard, si proponeva di risolvere incontrando in Cina alcuni investitori internazionali. Essendo Kirkegaard uno dei ministri dimissionari, il viaggio è stato definitivamente annullato.