Gli effetti dell’Olocausto e l’emigrazione degli ebrei olandesi stanno spopolando questa storica comunità. A dirlo è Michel Waterman, direttore dell’istituto Crescas per la cultura ebraica: “Avevamo scuole, ospedali, case per anziani, negozi. Oggi la comunità ebraica è diventata troppo esigua per mantenere una propria infrastruttura”.
In Olanda c’erano 140.000 ebrei, prima che il nazismo – quello hitleriano – ne trucidasse oltre il 75%, la percentuale di sterminio più alta di tutta l’Europa occupata dai tedeschi. Migliaia di famiglie ebree olandesi migrarono in Israele. In Olanda, aggiunge Waterman, la tradizione ebraica non si trasmette più di generazione in generazione: “Tante famiglie se ne sono andate. I nazisti sono quasi riusciti a estirpare il giudaismo da questo Paese”.

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Binyomin Jacobs, rabbino capo d’Olanda

Altri leader della comunità – come Ronny Naftaniel, segretario del Dutch Humanitarian Fund – sono meno pessimisti e oppongono una crescita del 20% della popolazione ebraica, passata dalle 40 alle circa 50mila unità (anche grazie agli ex israeliani che vivono ad Amsterdam e dintorni).
Nel 2014, nel bel mezzo di una serie di aggressioni antisemite, il rabbino capo d’Olanda Binyomin Jacobs sbalordì i cittadini olandesi dichiarando che, non fosse stato per i suoi obblighi verso la comunità, se ne sarebbe andato dal Paese.
Nel 2010 il grande politico liberale Frits Bolkestein, già commissario europeo, aveva dichiarato che in Europa non c’era ormai più posto per gli ebrei osservanti.
Nel 2015, prendendo spunto dalle parole di Bolkenstein, Manfred Gerstenfeld scriveva sull’antisemitismo in Olanda:

A una sopravvissuta alla shoah, di origine olandese ma residente in Israele, era stata ridotta dal governo olandese la pensione perché abitava oltre la linea verde. Ne nacquero molte proteste e pubblicità negative per l’Olanda, tanto da indurre le autorità a riaprire il caso. Ma la discriminazione per i pensionati che vivono nei “territori” è stata confermata dal governo di Amsterdam.
Non sorprende quindi il nuovo scandalo nato da un testo scolastico olandese di storia, che distorce la storia di Israele durante la Guerra d’Indipendenza, mentre minimizza il terrorismo arabo in atto prima del 1948. In questi testi di scuola superiore, Menachem Begin è definito terrorista, mentre non lo è Arafat. Dopo un editoriale critico sul “Jerusalem Post” – anche se tardivo – nei confronti dei tagli alla pensione della sopravvissuta olandese, l’ambasciatore olandese Caspar Veldkamp scrisse una lettera al quotidiano israeliano.
Nel suo intervento, l’ambasciatore sostiene che l’Olanda è un Paese che deve essere considerato, da sempre, uno dei migliori amici di Israele, un apprezzamento che non può essere lasciato senza commento. In questo contesto, la parola “amico” è fuori luogo. Il ministro degli Esteri Bert Koenders, dell’antisraeliano Partito Laburista, è uno dei 18 ministri degli esteri UE che vogliono etichettare i prodotti israeliani provenienti da Giudea e Samaria, luoghi considerati non appartenenti a Israele. Ma ci sono 12 ministri degli Esteri UE che non condividono questa opinione. Koenders non ha mosso aperto bocca sui prodotti che arrivano dalla Cipro nord occupata dai turchi, etichettati quindi solo con la parola Cipro, laddove Cipro nord è un territorio occupato tanto quanto Giudea e Samaria sono territori contesi.
Il predecessore di Koenders, Frans Timmermans, anche lui del Partito Laburista, ammise durante una conferenza del 2013 a Tel Aviv che l’Unione Europea, in merito al conflitto israelo-palestinese, applicava un doppio standard contro Israele, poiché lo considerava come un Paese europeo. Il doppio standard è una chiave significativa per distinguere gli atti antisemiti. L’osservazione di Timmerman ricorda quelle dei colonialisti razzisti che consideravano le popolazioni non europee inferiori e quindi con meno responsabilità per le loro azioni. Le dichiarazioni di Timmerman andarono anche contro la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la quale stabilisce che tutti i popoli sono dotati di ragione e coscienza, quindi responsabili dei propri atti.
Chiunque apra il sito web del Partito Laburista olandese può verificare che, mentre attacca Israele, rimane in silenzio sull’islamonazismo di una larga parte dei palestinesi, di Hamas e dei molti atti criminali compiuti dai palestinesi. In questo modo, il Partito Laburista è un complice indiretto dell’islamonazismo.
Alcune settimane fa, in un incontro privato con un altro ambasciatore olandese in visita in Israele, ho sostenuto che l’Olanda si è resa responsabile di antisemitismo per aver permesso l’ingresso nel Paese di milioni di immigrati musulmani. Questo malgrado il fatto, riconosciuto da tutti, che questi musulmani provengono da Paesi molto più antisemiti di quanto non sia l’Olanda. Il numero degli atti antisemiti in Olanda nella sola estate del 2014 è stato pari a tutti quelli avvenuti tra il 2011 e il 2012.
Esther Voet, allora direttore del Centro olandese CIDI, organizzazione pro Israele, aveva stimato che due terzi di questi crimini erano stati commessi da immigrati non occidentali e da loro discendenti. Una maniera eufemistica per riferirsi agli immigrati musulmani, che rappresentano circa il 6% della popolazione. Se un Paese consente una massiccia immigrazione indiscriminata da regioni che hanno una popolazione in maggioranza antisemita, esso aumenta il livello di antisemitismo, sponsorizzato dallo Stato stesso. Ma questa semplice verità era troppo complessa per essere accettata dall’ambasciatore olandese in visita.
Uno studio dell’Università di Bielefeld, per conto della Fondazione Friedrich Ebert, domandò ai cittadini ultrasedicenni di sette Paesi UE se erano d’accordo sul fatto che Israele stesse sterminando i palestinesi. Olanda e Italia si rivelarono i meno antisemiti con il 38% di risposte positive. Chi attribuisce senza prove atti così criminali a un determinato popolo innocente, vuol dire che ha lui stesso una mentalità criminale. Dopo questa ricerca tedesca, non si può non dedurne che 5 milioni di olandesi rientrano in questa categoria. Per cui, invece di dire che l’Olanda è fra i Paesi più amici di Israele, si deve dire che gli olandesi sono fra i meno ostili in una Europa che sta diventando sempre più criminale.
Nel 2010 ho pubblicato in olandese un libro dal titolo The Decay. Jews in a Rudderless Netherlands, nel quale dimostravo quanto fosse evidente la decadenza morale dell’Olanda negli scorsi decenni a partire dalla sua posizione nei confronti degli ebrei. Il libro ha suscitato interesse, è stato anche oggetto in parlamento di un dibattito sull’antisemitismo. In particolare un paragrafo, nel quale citavo una affermazione dell’ex commissario europeo Frits Bolkestein, il quale mi aveva dichiarato che gli ebrei devono rendersi conto che per loro con c’è futuro in Olanda, che devono dire ai loro figli di emigrare in USA o Israele. Ciò era dovuto, secondo lui, ai problemi causati dalla mancata integrazione degli immigrati musulmani. Femke Halsema, leader di un altro partito olandese anti-Israele, il Green Left, reagì dando del “matto” a Bolkestein.
Chi ha letto quel mio libro sa che Bolkestein aveva ragione sul fatto che il futuro degli ebrei in Olanda sta diventando sempre più minaccioso. Al di là di questo, ancor più che verso gli ebrei, è l’atteggiamento dell’Olanda verso Israele a indicare il degrado morale della società olandese. Quanto è avvenuto negli ultimi anni lo indica chiaramente. Non occorre essere dei profeti per prevedere che in Olanda, per gli ebrei e Israele, l’atmosfera e l’incitamento all’odio non potranno che peggiorare.

 

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