paul gauguin tahiti
Paul Gauguin, Ta matete (Il mercato), olio su tela, cm 73 x 93, 1892.

In occasione del 160esimo anniversario dalla nascita di Paul Gauguin (Parigi, 7 giugno 1848), si sono tenute a Tahiti alcune manifestazioni in sua memoria. La galleria Winkler ha organizzato un’esposizione commissionando ad artisti locali opere dedicate al maestro francese. Interessante, tra gli altri, vedere come la pittrice Te Hina abbia riprodotto – reinterpretandoli – il quadro Ta Matete, e Il cavallo bianco, rivedendo più che le forme la scala cromatica, utilizzando la brillantezza dei colori, frutto dell’ottimismo polinesiano, contrapposto alla cupezza di Gauguin, e aggiungendo nel primo gli onnipresenti galli.
Ta Matete si trova al Kunstmuseum di Basilea.

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Ta Matete, interpretazione della pittrice Tehina.

Il cavallo bianco era stato commissionato a Gauguin che lo dipinse nel 1898, ma non piacque e non venne pagato poiché l’animale era verde per il riflesso della vegetazione, e questa interpretazione poetica non venne capita. È conservato al museo d’Orsay.

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Il cavallo bianco di Gauguin.

 

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Il cavallo bianco nell’interpretazione della pittrice Tehina.

 

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Interpretazione della pittrice Gaya del cavallo bianco.

Interessante anche la pittura di Gaya, artista francese stabilitasi da molto tempo in Polinesia: come si nota dall’illustrazione, ha assorbito parecchio da Paul Gauguin, prendendosi la libertà di inserire nei suoi quadri elementi dell’artista, come nel caso del cavallo che diventa parte di un panorama di ampio respiro.

 

 

Sulla figura di Gauguin è stata organizzata un’interessante giornata di studi, con l’intervento di esperti. Come la docente Sylvie André, dell’Università della Polinesia Francese, che ci ha descritto un Gauguin postcoloniale. Nonostante vantasse origini incaiche, dovute alla sua discendenza da una famiglia spagnola con ramificazioni in Perù che gli permise una serena fanciullezza nella pittoresca Lima, nonostante si definisse selvaggio e sentisse una vicinanza intellettuale con l’umanità degli antipodi, si esprime in lui l’arroganza intellettuale europea, la pretesa di far rinascere le civiltà tradizionali dopo averle soffocate.
L’occidente si proietta nelle diverse culture solo per porsi al loro centro, imponendo i propri valori e le proprie rappresentazioni, travestendo la cultura tradizionale in funzione dei propri bisogni. Questo si ritrova in Gauguin, con le sue immagini del paradiso perduto per mano dell’evangelizzazione, con accenni pittorici all’antico Egitto o alle stampe giapponesi.
Viene ricordato l’attacco della scrittrice polinesiana Chantal Spitz contro Gauguin, nel suo articolo: Où en sommes-nous cent ans après la question posée par Gauguin: D’où venons-nous? Que sommes-nous? Où allons-nous? (Dove siamo 100 anni dopo la domanda posta da Gauguin: da dove veniamo? chi siamo? dove andiamo?) Secondo Chantal, Gauguin ha trasportato nei suoi bagagli, nei suoi scritti e nei suoi dipinti le chimere e i fantasmi, le meschinerie e la superiorità, le contraddizioni e le nevrosi da europeo civilizzato, figura alla quale è restato fedele fino all’esalare dell’ultimo respiro, malgrado il preteso desiderio di sfuggirvi.
Miriama Bono, architetto e pittrice, oggi direttrice del Museo di Tahiti e delle isole, di padre italiano e madre polinesiana nata e cresciuta nel Fenua (la terra polinesiana), ha rievocato cosa avesse significato per lei, da ragazzina, la parola Gauguin: una nave da crociera che porta questo nome, il nome del liceo che frequentava, una strada nel centro di Pape’ete. Sicuramente Gauguin ha influenzato la produzione artistica di Miriama: nel soggiorno di casa sua era da sempre appesa la copia della donna con il fiore, impossibile non guardarlo…

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Vahine no te tiare, la donna con il fiore (Baltimore Museum of Art).

 

Lo storico dell’arte Gaëtan Deso ha riportato il tema sul Pacifico, descrivendo i pittori contemporanei di Paul in Nuova Zelanda, indigeni e non, indubbiamente favoriti dal vivere in una colonia di insediamento e non in un’area di passaggio quale la moltitudine delle isole polinesiane oggi appartenenti alla Francia.
Vaiana Giraud, responsabile relazioni della Casa della Cultura, laureata in lettere con una tesi su Paul Gauguin, ha posto la domanda retorica: Noa Noa, il diario di viaggio del pittore, è forse un’opera letteraria? Facendo riferimento ai numerosi schizzi che compongono il manoscritto originale, custodito al Getty Museum di Los Angeles, lo si può assimilare a un libro d’artista, contenente “note sparse senza continuità, come i sogni, come la vita fatta tutta di frammenti” col quale l’autore voleva contestualizzare le opere dipinte durante il primo soggiorno polinesiano, esposte a Parigi.

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Noa noa significa profumo.

Andreas Dettloff, artista figurativo, nel suo breve intervento ha sottolineato come Gauguin sia fuggito dallo stress della propria vita, dopo aver lavorato per anni come agente di borsa, con moglie e cinque figli a carico, decidendo, dopo il crollo finanziario di dedicarsi interamente al suo lato artistico, cercando la verità in quella purezza che i racconti contemporanei promettevano nelle isole lontane. Ci mostra il Gauguin giornalista del giornale locale, con schizzi fumettistici dallo stile inequivocabile.

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Il giornale “Les Guepes”, le vespe, giornale satirico di Papeete di cui Gauguin fu redattore nel 1899.

Ha concluso la giornata di studio il docente universitario Riccardo Pineri, con una dotta disquisizione sulla natura morta dipinta nell’ultimo periodo del soggiorno a Hiva Oa, nelle isole Marchesi, l’arcipelago più a nord, dove è sepolto. Il quadro Natura morta con uccelli esotici si trova oggi al Pushkin Museum di Mosca.

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Paul Gauguin, Natura morta con uccelli esotici.