Se l’11 settembre ha rappresentato l’avvio della jihad contro l’occidente, il 12 settembre sarà ricordato come una delle più strabilianti genuflessioni culturali dell’occidente all’islam. Il 12 settembre 2006, papa Benedetto XVI fece ritorno in Baviera, dove è nato e ha iniziato a insegnare teologia. Era atteso all’Università di Ratisbona per tenere una lezione di fronte al mondo scientifico. Quella lectio magistralis è passata alla storia come il discorso papale più controverso degli ultimi cinquant’anni.
In questo decimo anniversario del discorso di Ratisbona, il mondo occidentale e quello islamico avrebbero entrambi dovuto presentare le loro scuse a Benedetto, mentre è accaduto l’esatto contrario: il Vaticano ha chiesto scusa ai musulmani.
Nella sua lectio, papa Benedetto ha chiarito le contraddizioni interne dell’islam contemporaneo, ma ha anche offerto un terreno di dialogo con il cristianesimo e la cultura occidentale. Il pontefice ha parlato della radici ebraiche, greche e cristiane della fede in Europa, spiegando perché sono diverse dal monoteismo islamico. Il suo discorso conteneva una citazione dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane”. Dinamite addolcita dalla citazione di una sura coranica del tempo giovanile, annotava Ratzinger, “in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato”, e che recita: “Non c’è alcuna costrizione nella religione”.
Il discorso di Benedetto XVI non fu una sorpresa. “Non è un segreto che il Papa sia preoccupato per l’islam”, osservava Christopher Caldwell sul “Financial Times”.

Egli ha pubblicamente dubitato che sia possibile inserire l’islam in una società pluralistica. Ha retrocesso uno dei principali consulenti sull’islam di Giovanni Paolo II e ha preso le distanze da un programma di dialogo interreligioso gestito dai monaci francescani di Assisi. Ha abbracciato la tesi dei moderati e dei conservatori italiani secondo cui alla base del dialogo interreligioso debba esserci la reciprocità. Come dire che Benedetto trova stolto consentire che la più grande moschea d’Europa venga costruita a Roma con denaro saudita, mentre l’Arabia Saudita perseguita i cristiani, e altri Paesi musulmani vietano la costruzione di chiese e missioni.

A Ratisbona, Ratzinger ha messo in scena il dramma del nostro tempo, e per la prima volta nella storia della chiesa cattolica un papa ha discusso di islam senza ripetere le solite banalità. In quella lectio, Benedetto ha fatto ciò che nel mondo islamico è vietato fare: discutere liberamente di fede. Ha affermato che Dio è diverso da Allah. Non l’abbiamo mai più sentito dire.

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Tutti contro

La citazione di Manuele II Paleologo rimbalzò in tutto il mondo, scuotendo la umma – la comunità musulmana – che reagì ferocemente. Anche la stampa internazionale fu un coro pressoché unanime di condanna per “l’aggressione del papa all’islam”.
La reazione al discorso del pontefice ha dimostrato che egli aveva ragione. Dai leader musulmani al “New York Times”, tutti invocavano le scuse e la sottomissione del papa. I media mainstream lo trasformarono in un incendiario fautore dello “scontro delle civiltà” alla Samuel Huntington. Nell’area soggetta all’Autorità Palestinese, le chiese cristiane furono state incendiate, i cristiani presi di mira. Gli islamisti britannici invocarono “l’uccisione” del Papa, ma Benedetto li sfidò ignorando le minacce.
Nello stesso periodo, in Somalia venne uccisa una suora italiana. In Iraq, un prete siro-ortodosso fu decapitato da al-Qaeda e mutilato dopo che i terroristi avevano chiesto alla chiesa cattolica di scusarsi per il discorso. I Fratelli Musulmani in Egitto annunciarono rappresaglie contro il papa. Un leader pakistano, Shahid Shamsi, accusò il Vaticano di appoggiare i piani della cosiddetta “entità sionista”. Salih Kapusuz, numero due del partito dell’allora premier turco Recep Tayyip Erdogan, paragonò Benedetto XVI a Hitler e a Mussolini. Il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, sostenne che le parole del pontefice erano “un anello della catena del complotto israelo-statunitense per alimentare lo scontro tra religioni” e accusò Benedetto di fare part della “cospirazione dei crociati”.
Le misure di sicurezza attorno a Ratzinger furono presto ulteriormente rafforzate. Due anni dopo, gli fu impedito di parlare alla Sapienza di Roma. Dopo la vicenda di Ratisbona, Benedetto XVI non sarebbe più stato lo stesso: islamisti e pacifisti occidentali sono riusciti a chiudergli la bocca.
Pochi giorni dopo la lectio magistralis, esausto e spaventato, papa Benedetto si scusò. “Sono vivamente rammaricato per le reazioni suscitate in qualche Paese da alcuni passi del mio discorso (…) che siano potuti suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani”, disse all’incontro con i pellegrini, nella sua residenza estiva di Castelgandolfo. La citazione non intendeva “esprimere in alcun modo il mio pensiero. Spero che questo valga a placare gli animi”.

La politica ufficiale della Santa Sede: scusarsi con l’islam

Ratzinger può averlo detto per fermare ulteriori violenze. Ma, da allora, le scuse al mondo islamico sono diventate la politica ufficiale del Vaticano.
Le attuali posizioni standard nei confronti dell’islam militante ricordano purtroppo quelle adottate dalla diplomazia vaticana verso il comunismo negli ultimi venticinque anni della guerra fredda”, ha scritto George Weigel, un eminente studioso americano. La nuova agenda del Vaticano cerca di “raggiungere accordi politici con i paesi islamici e rinuncia alla ferma condanna pubblica dell’ideologia islamista e jihadista”.
A dieci anni dalla lectio magistralis di Ratisbona – più che mai attuale dopo gli attacchi sferrati dall’ISIS sul suolo europeo – un altro successore di Pietro, Francesco, ha cercato in tutti i modi di separare i maomettani dalla violenza e ha evitato regolarmente di pronunciare la parola proibita: islam. Come ha scritto uno dei maggiori vaticanisti italiani, Sandro Magister: “Di fronte all’offensiva dell’islamismo radicale la tesi di Francesco è che ‘dobbiamo accarezzare i conflitti’. E dimenticare Ratisbona”.
Oggigiorno, l’intero corpo diplomatico del Vaticano evita accuratamente di pronunciare le parole “islam” e “musulmani”, preferendo piuttosto negare che esista uno scontro di civiltà. Di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù, tenutasi a fine luglio in Polonia, Bergoglio ha negato che l’islam di per sé sia violento, affermando che tutte le religioni, compreso il Cattolicesimo, contengono un potenziale di violenza. In precedenza, il pontefice aveva detto che oggi è in atto una “guerra mondiale”, negando però che l’islam vi abbia alcun ruolo.
In maggio, Francesco ha spiegato che “l’idea della conquista” appartiene all’islam come religione, ma ha subito aggiunto che la stessa cosa si potrebbe affermare anche per il Cristianesimo… la religione che porge l’altra guancia. “Il vero islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono a ogni violenza”, ha affermato nel 2013. Un anno dopo, ha rincarato che “l’islam è una religione di pace compatibile con il rispetto dei diritti umani e la convivenza pacifica”, asserendo che sono i mali dell’economia mondiale, e non l’islam, a ispirare il terrorismo. E pochi giorni fa ha detto che “è ipocrita dirsi cristiano e cacciare via un rifugiato”.
Tutto il pontificato di Bergoglio è contraddistinto da questa equivalenza morale tra il cristianesimo e l’islam, che nasconde anche i crimini commessi dai musulmani contro i cristiani orientali e l’occidente.
Ci sono però cardinali coraggiosi che osano dire la verità. Uno di questi è l’alto prelato americano Raymond Burke, che in una recente intervista al “Giornale” ha dichiarato:

È chiaro che i musulmani hanno come obiettivo finale conquistare il potere sul mondo. L’Islam attraverso la sharia, la loro legge, deve governare il mondo e permette atti di violenza contro gli infedeli, come i cristiani. Ma noi stentiamo a riconoscere questa realtà e a reagire difendendo la fede cristiana.
Ho sentito diverse volte degli islamici che spiegavano: Quello che non siamo riusciti a fare con le armi in passato lo stiamo facendo oggi con la natalità e l’immigrazione. La popolazione sta cambiando. Se va avanti così, in paesi come l’Italia, la maggioranza sarà musulmana.
L’Islam si realizza nella conquista. E qual è la conquista più importante nei confronti dei cristiani? Roma.

Disgraziatamente, il vescovo di Roma sembra sordo e cieco a queste terribili verità. Ci sono voluti cinque giorni a Benedetto XVI per scusarsi per la sua coraggiosa lectio. Ma Ratzinger ha aperto una decennale stagione di scuse vaticane per il terrorismo islamico.
Papa Francesco non si è ancora recato in visita alla chiesa di St.-Étienne-du-Rouvray, dove don Jacques Hamel è stato ucciso dagli islamisti l’estate scorsa. Quella morte, dieci anni dopo la lectio magistralis di Ratisbona, è la prova più tragica del fatto che Benedetto aveva ragione e Francesco ha torto.