Il 23 settembre, il procuratore generale della Catalogna Romero de Tejada ha convocato le polizie spagnole, Guardia Civil e Policia Nacional, la Guardia Urbana di Barcellona e i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, ordinando di coordinarsi sotto il comando del ministero degli Interni. A partire d’ora e fino a dopo il 1° ottobre, il controllo delle forze dell’ordine in Catalogna passa dunque sotto la direzione del colonnello della Guardia Civil Diego Péres de los Cobos, in un vero e proprio commissariamento della polizia catalana e l’esautorazione del suo comandante, il maggiore Trapero.
Ma il governo della Generalitat non ci sta e ha messo al lavoro i servizi giudiziari del dipartimento degli Interni per predisporre il ricorso. Perché l’ordine sarebbe stato dato sulla base della Legge dei Corpi e Forze di Sicurezza dello Stato, secondo cui però la richiesta di rinforzi dovrebbe provenire dalla Generalitat, cosa che non è avvenuta perché in Catalogna non c’è nessun problema di ordine pubblico, le manifestazioni di questi giorni sono state tutte pacifiche e di massa.
Ma soprattutto è Trapero a rifiutarsi di accettare l’ordine e lo ha già fatto presente ai suoi; i Mossos hanno infatti dichiarato: “Continueremo a lavorare come finora: esercitando le nostre competenze per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico ed essere al servizio del cittadino”. D’altronde, come dice Montserrat Tura, ex consigliera degli Interni nel governo di Pasqual Maragall, “il comando supremo dei Mossos corrisponde al governo della Generalitat; lo dice lo Statuto d’Autonomia che è legge dello Stato”. È come aver sospeso l’Autonomia catalana senza neppure passare per la procedura parlamentare prevista dall’art. 155 della Costituzione spagnola, sostiene la Generalitat.
In una settimana, si è passati dall’entrata della polizia nelle redazioni dei giornali, la messa sotto indagine di 750 sindaci, la proibizione di manifestazioni pubbliche, al commissariamento delle finanze della Generalitat, l’entrata nei palazzi del governo catalano, l’arresto di 14 persone e la perquisizione negli appartamenti di alcune di queste, l’accusa di sedizione per le mobilitazioni delle ultime ore a Barcellona senza alcun destinatario, ma con la segnalazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, presidenti rispettivamente dell’Assemblea Nacional Catalana e di Òmnium Cultural. Fino al colpo di mano di ieri sulla polizia catalana. Il giorno prima, il governo catalano aveva cessato nell’incarico di direzione l’alto funzionario della Generalitat Juvè, il vice di Junqueras detenuto lo scorso mercoledì e quindi liberato assieme agli altri, per proteggerlo dalla minaccia del Tribunal Constitucional di comminargli una pena di 12.000 euro al giorno.
“Questa non è una battaglia dello Stato contro la Generalitat”, diceva il portavoce del governo Turull. “È l’attitudine di uno Stato del secolo XIX contro una società democratica del XXI secolo”.
Gli studenti occupano le università e la campagna referendaria continua. L’associazionismo indipendentista e il governo catalano invitano la popolazione a mantenersi tranquilla, pacifica e determinata. Sono diverse migliaia gli effettivi della polizia spagnola concentrati in Catalogna per impedire il referendum. Hanno lasciato sguarnite le altre città, a Madrid ne è rimasto appena il 30%. Alloggiano in navi da crociera attraccate nei porti di Barcellona e Tarragona, dove gli scaricatori di porto hanno deciso di negar loro assistenza. Una di queste navi, per l’ilarità generale, ha disegnate sulla fiancata esterna i personaggi della Warner Bros, Gatto Silvestro, Titti e Willy Coyote.

Elena Marisol Brandolini, “Il Fatto Quotidiano”.