Capita ancora ogni tanto. Meno spesso di prima, ma capita. Qualcuno “che ha studiato”, non avendo evidentemente altri argomenti per screditare la strategia adottata dai curdi in Rojava, tira fuori dal cappello la questione degli armeni. Ed è anche capitato che mi venissero a citare una vecchia intervista del 2006 a Baykar Sivazliyan, armeno, docente universitario autore di numerosi libri sia sugli armeni sia sui curdi (con cui è in ottimi rapporti da sempre).
Peccato che nell’intervista in questione le affermazioni di Baykar non andassero in quella direzione. Al contrario, intendeva riconoscere al parlamento curdo in esilio – che aveva espresso un rammarico sincero – il merito storico di aver denunciato le responsabilità di alcuni curdi nel genocidio degli armeni (una conseguenza indiretta dell’organizzazione feudale curda dell’epoca), fornendo, quantomeno, una conferma delle ben più pesanti responsabilità turche: una “chiamata in correo”, diciamo.
Del resto – spiegava Baykar Sivazliyan – non è che agli armeni interessi condannare tutti i turchi odierni “a prescindere” per quello che hanno fatto i loro antenati. Si tratta invece di riconoscere, ammettere una buona volta le responsabilità dello Stato e dei dirigenti turchi dell’epoca.E magari chiedere anche scusa, già che ci siamo. Come lo so? Semplicemente perché conosco Baykar da anni, e l’intervista citata a sproposito era una delle mie.
La questione ora rischia di riproporsi e quindi mi sembra opportuno anticipare eventuali rimostranze. Mentre gli armeni del Nagorno-Karabakh sono costretti ad abbandonare le loro case e mentre si profila il pericolo concreto di un ennesimo etnocidio (culturale, ma non solo) per mano degli azeri con il sostegno di Ankara, da più parti vengono lanciati appelli per “salvare gli armeni di Artsakh”. Ottimo, anche se tardivo. Purché non rimanga solo un benevolo auspicio.
Altri, i curdi per esempio, non avevano aspettato tanto per esprimere la loro concreta solidarietà al popolo armeno. Coerentemente con la pacifica convivenza sperimentata sia in Anatolia sia nel Caucaso per millenni. Una convivenza incrinata soltanto all’epoca delle guerre turco-russe, propedeutiche agli eventi del 1915.
Se ancora oggi qualche armeno rinfaccia ai curdi (o meglio, a una parte dei curdi) il ruolo di collaborazionisti nel genocidio, non ha tutti i torti. Così come qualche curdo non dimentica altre ingiustizie subite – magari di minor gravità – per mano degli armeni (e degli azeri ovviamente). Ossia la deportazione di centinaia di migliaia di curdi dal “Kurdistan Rosso” quando si spartirono la regione.
Ribadisco. Attualmente i curdi, la stragrande maggioranza dei curdi, si rammarica profondamente per il ruolo di alcuni esponenti del loro popolo nel genocidio ordinato dal regime ottomano. Collaborazione che comunque avvenne in aperto contrasto con quanto richiesto dai notabili curdi riuniti nel Movimento Xoybun (di cui facevano parte anche molti armeni) che auspicava un Kurdistan indipendente a fianco di uno Stato armeno.
Curdi e armeni, due popoli perseguitati, forzatamente minorizzati, sia massacrandoli direttamente, sia frantumandoli tra vari Stati. Come i curdi vengono perseguitati (principalmente da Ankara, ma anche Teheran non scherza) in Bakur, in Rojava e Rojhilat (e anche in Bashur naturalmente, talvolta con la colpevole complicità di altri curdi), così gli armeni oggi si ritrovano sottoposti alla doppia persecuzione di Turchia e Azerbajian.
Per quanto riguarda i curdi, un caso limite è quello di Afrin, il cantone curdo contro cui nel 2018 si erano scatenate le milizie mercenarie siriane e jihadiste alleate dell’esercito turco. Specularmente all’odierna tragedia del Nagorno-Karabakh, così da Afrin si snodavano altre interminabili colonne di profughi scacciati dalle loro case. Oggi Afrin è completamente sotto il controllo turco e le bande jihadiste vi impongono la sharia, esautorando completamente il confederalismo democratico (pluralista, femminista, ecologista) che i curdi avevano applicato. Un modello, per inciso, valido universalmente, non soltanto per i curdi.
Su chi possono contare ora come ora curdi e armeni? Soltanto su loro stessi probabilmente, dato che gli Stati, quelli europei compresi, non manifestano particolare allarme per quanto sta avvenendo (almeno finché gli eventi non dovessero turbare i loro interessi). È comunque altamente auspicabile che al fianco di armeni e curdi si vadano schierando quanti credono ancora nell’autodeterminazione dei popoli. Così come è auspicabile che dalla comune lotta contro l’oppressione rinasca una forte, sincera alleanza tra curdi e armeni. Un’alleanza in grado di lenirne, rimarginarne definitivamente le reciproche ferite.