L’attuale nazionalismo spagnolo è innegabilmente erede dai quarant’anni di dittatura del generale Franco. Grazie alle pressioni internazionali, il franchismo accettò di passare a un sistema più o meno democratico, e non fu quindi sconfitto e sradicato come in Germania o in Italia. In Spagna, il fascismo persistette, più o meno mascherato, alle radici dell’esercito, della polizia, del grande capitale, del Partito Popolare (il pp fu fondato da sette ministri di Franco), dei media e del sistema giudiziario.
Questo dominio schiacciante da parte degli eredi del regime ha fatto sì che anche i settori più aperti andassero alla deriva verso un nazionalismo suprematista, che escludeva le etnie locali e tendeva all’aggressività. Atteggiamento ulteriormente acutizzato dal confronto con la lotta armata del movimento indipendentista basco, allorché sono stati utilizzati tutti i mezzi per vincere in ogni modo possibile a favore dell’unità della Spagna.
Il fatto è che Madrid ha trattato allo stesso modo il pacifico e democratico movimento indipendentista catalano, legittimando l’uso di tutti gli strumenti dello Stato (polizia, servizi segreti, media e sistema giudiziario) per distruggere il presunto nemico.
Il Partito Socialista Operaio Spagnolo, psoe, che aveva appoggiato gli oltraggi del pp, ha continuato la guerra sporca quando ha governato dal 2018. Allo stesso tempo, i politici dell’ala di estrema destra del pp hanno creato un loro partito, Vox, totalmente avverso a catalani e baschi. Agli inizi, il psoe ha preteso che Vox partecipasse ai dibattiti televisivi con l’intento di danneggiare elettoralmente il pp, anche se non era opportuno poiché si trattava di una forza extraparlamentare. E in effetti il pp ha perso voti a favore di Vox, rendendolo sempre più forte.
Alle elezioni del 2023, il pp ha vinto, ma non ha potuto formare un governo; mentre Sánchez del psoe avrebbe potuto formarlo se avesse ottenuto l’appoggio di Junts, il partito indipendentista di Carles Puigdemont, esiliato in Belgio e che il psoe aveva diffamato a livelli inumani.
Ora che i socialisti hanno bisogno del suo appoggio, Puigdemont ha chiesto un “accordo storico” per risolvere democraticamente il conflitto Catalogna-Spagna, prevedibilmente con un referendum.

Le condizioni

Puigdemont ha posto le seguenti condizioni: la fine della guerra sporca, la rimozione del movimento indipendentista dall’elenco dei terroristi dell’Europol, un’amnistia per tutti i perseguitati dalla lawfare (la guerra sporca utilizzando il potere giudiziario) portata avanti dalla magistratura spagnola e negoziati in Svizzera con la mediazione internazionale.
Sánchez ha accettato tutto perché vuole rimanere al potere, ma forse anche come opportunità per porre fine a un’orgia di repressione che era diventata insostenibile. Un abuso da parte dello Stato ormai impossibile da sopportare, considerato che l’indipendentismo ha vinto le elezioni, la Spagna è stata condannata dal Consiglio d’Europa e dalle Nazioni Unite, e le cause che il movimento indipendentista catalano ha intentato contro la Spagna davanti ai tribunali europei stanno per venire alla luce.
D’ora in poi Sánchez avrà il difficile compito di spiegare perché sta amnistiando il movimento indipendentista catalano, dopo aver dichiarato che si tratta di criminali con cui non si deve negoziare… La destra ha ragione a criticarlo per aver fatto un’inversione di rotta per brama di potere, posto che il psoe non governa quasi da nessuna parte e, per mantenere il partito, ha bisogno delle entrate economiche assicurate dal governo centrale. Vedremo se le esigenze personali di Sánchez aiuteranno a trovare una soluzione democratica all’eterno problema Spagna-Catalonia.
Al momento, la gente sta manifestando nelle strade contro l’amnistia. Il pp cercherà di far pagare a Sánchez un prezzo per essersi separato dai postulati nazionalisti e Vox accusa Sánchez di essere un golpista, un dittatore e lo paragona a Hitler. I manifestanti fanno proclami fascisti e chiedono la morte di Sánchez e Puigdemont. Nell’esercito, una cinquantina di ufficiali militari in pensione hanno chiesto un colpo di Stato per salvare la patria, e nessuno ha detto loro nulla.
Anche i giudici hanno protestato contro l’allusione al lawfare, sostenendo che mina la separazione dei poteri. Hanno persino manifestato in toga, violando il principio di non partecipazione alla politica; ancor peggio, stanno costringendo l’apparato giudiziario a condannare quante più persone possibile prima dell’amnistia aggravando le accuse a “terrorismo” in modo che non possano beneficiarne.
La legge sull’amnistia è in fase di elaborazione. Ma il fatto è che in Spagna non c’è mai stato un problema di leggi né di sistema giudiziario ordinario, in linea con quello europeo. Il vero problema è rappresentato dagli alti magistrati quando devono giudicare i catalanisti, perché è qui che sfruttano la giustizia a fini politici per danneggiare il nemico.
In ogni caso, gli ultimi fatti mostrano un potente movimento indipendentista catalano capace di costringere lo Stato spagnolo a smentire se stesso e ad accettare un’amnistia che tutti i poteri statali avevano definito inimmaginabile fino a quattro mesi fa. Vedremo come si evolveranno gli eventi.