Oggi ridotti a 30 individui, sono rimasti isolati e sconosciuti per secoli.

Nel settembre 2013 mi sono recato all’isola di Siberut, a ovest di Sumatra, in Indonesia, per visitare il popolo Rorogot, una piccola etnia di soli 30 individui che vivono in un paradiso naturale che venerano da sempre.

Raggiungerli non è facile, ma non per motivi logistici: i Rorogot vogliono restare isolati e non amano gli stranieri. Io ho avuto la fortuna di incontrare Teddy, il primogenito di una famiglia rorogot, che mi ha introdotto nel mondo di questa interessante etnia. Teddy ha lasciato i suoi quando era ancora bambino per vivere nel benessere e nell’agiatezza: la vita primitiva gli pesava e ora abita in un grande villaggio di Siberut. Quando vuole divertirsi, prende una imbarcazione per raggiunge Padang, una grande città dell’isola di Sumatra. Ed è proprio a Padang che l’ho incontrato, e con lui ho cominciato il viaggio di avvicinamento a questo popolo “primitivo” e misterioso. Le radici culturali dei Rorogot risalgono al tardo neoliti­co quando, provenienti da nord, varie popola­zioni sono affluite a ondate successive in tutto l’arcipelago indonesiano, sviluppandosi autonomamente in ogni isola. I corpi dei Rorogot sono tatuati con linee blu scuro più o meno sotti­li, che li percorrono sottolineandone l’armonia naturale ed esal­tandone la bellezza. Si tatuano nelle occasioni più diverse, convinti che quando si ammalano l’anima si stacchi dal corpo e si nasconda da qualche parte nella foresta. Se però ci si adorna con i tatuaggi, lo spirito vitale ne è come attratto e non si allontana più dal corpo. I tatuaggi rappresentano anche un segno identificativo di un clan o del ruolo dell’individuo al suo interno. Ogni clan vive in una casa comunitaria su palafitte chiamata uma, larga fino a 10-12 metri e lunga una trentina, con il tetto spiovente ricoperto da un fitto strato di petti­ni di foglie di palma. Le 30 persone attualmente vivono in 2 abitazioni, distanti l’una dall’altra poco più di 1 chilometro. Appesi al soffitto dell’uma ci sono numerosi crani di cinghiali e scimmie, mentre ovunque dondolano sculture in legno dipinto raffiguranti uccelli: i teschi sono trofei di caccia, mentre gli uccelli sono giocattoli per gli spiriti. Infatti i Rorogot credono che gli spiriti vedendo questi bellissimi uccelli entrino nella casa e li accompagnino nella loro vita quotidiana. In ogni abitazione vive uno sciamano che tutti i giorni ripete i gesti dei suoi antena­ti. Infatti la vita dei Rorogot non soltanto è ritmata dalle stagioni ma anche dai loro riti. Spesso sacrificano animali in modo che gli spiriti siano benevoli con loro. Poi gli animali uccisi vengono cotti e divisi in parti uguali ed ogni singola famiglia si siede a cerchio sul pavimento, attorno ai vassoi rituali. Comunque il cibo di tutti i giorni proviene dalla palma del sago che permette loro di ricavare la farina per il pane. Il sago rappresenta un prodotto di notevole importanza alimentare perché è più nutriente del riso. Dopo aver prodotto la farina di sago, i Rorogot devono procurarsi un pasto ancor più nutriente che si trova in una palma di sago molto vecchia e leggermente decomposta al cui interno proliferano le larve del sago. Le larve sono un cibo squisito che non può assolutamente mancare nel pasto quotidiano o in una cerimonia importante. Hanno un alto contenuto proteico e vitaminico e per i bambini sono una vera prelibatezza. Nella notte, dopo i sacrifici degli animali, lo sciamano danza invocando le anime degli antenati a cui chiede di benedire i componenti delle varie famiglie che abitano nell’uma. Poi richiama le anime di tutti i componenti dell’abitazione perché rimangano nei loro corpi e non si allontanino.

 

Rorogot