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La Heiva non è solo danza… Una parte integrante delle competizioni è rappresentata dalle corse di va’a, la canoa polinesiana a bilanciere. Per la prima volta, in questo 2017 l’isola di Tahiti ha accolto gli atleti di 25 diversi Paesi che hanno partecipato al primo Campionato del Mondo di Distanza su va’a. La corsa si è svolta nella baia di Ta’aone con percorsi di diversa lunghezza: 9, 18 e 27 km per le V6 (le va’a a sei posti).

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La baia di Ta’aone a Tahiti con i percorsi del Campionato Mondiale di Distanza su va’a.

La va’a è uno degli sport più diffusi in Polinesia francese, le associazioni sportive sono ovunque ed è possibile vedere passare le piroghe che si allenano tre volte al giorno: la mattina all’alba, prima di andare al lavoro, nella pausa pranzo, la sera prima del tramonto, che, visto che l’equatore non è lontano, arriva verso le 18.00. In tutte le scuole esiste l’ora di va’a.
Alle competizioni hanno partecipato 31 equipaggi su V3 (va’a a tre posti), 42 in V6 contando 248 bambini e ben 600 equipaggi senior in V1, la canoa individuale. In totale, fra polinesiani e ospiti 4.700 atleti si sono sfidati nelle acque dell’isola di Tahiti.
Ho conosciuto con grande piacere i due atleti italiani che hanno partecipato alle competizioni, Pietro Geraci e Antonio Loria, accompagnato dalla moglie Corinne.
Pietro, che  come atleta provieene dal pugilato con 20 anni di agonismo, è istruttore di salvataggio fluviale. Dopo aver vinto i campionati italiani di rafting alla cascata delle Marmore, ha provato una va’a nel lago di Avigliana, nella bassa valle di Susa in Piemonte, dove spesso si allena, ed è stato amore a prima vista. Pietro si occupa di sicurezza in discoteca e, con il suo esempio, vuole che i giovani che hanno abbandonato lo sport lo ritrovino. “Tanti mi vedono e mi chiedono di provare, riportarli ad allenarsi grazie al mio esempio è una vittoria per me”. Pietro, che ha anche un cuore da atleta oltre al fisico, è uno che qualsiasi cosa si metta in testa di fare riesce a farla, e bene. È un ex militare della Folgore.
Antonio Loria è arrivato alla canoa polinesiana grazie a una simpatica storia: quando era bambino, per andare a scuola doveva attraversare un cortile dove tre altri ragazzini come lui, i bulletti del quartiere, gli impedivano il passaggio. Dopo essersi allenato un paio d’anni come canottiere, ripassò per il cortile: la musica era cambiata, adesso era lui il più forte, e i tre teppistelli se la diedero a gambe. La passione per l’acqua ha fatto il resto. Il passaggio alla va’a polinesiana è stato dettato dal fascino esercitato su Antonio da queste terre lontane.
Mi confessa di essersi divertito come un bambino fra le onde dell’oceano Pacifico. E sebbene i due sportivi abbiano incontrato difficoltà meteorologiche e marine durante le gare alle quali hanno partecipato, non si sono affatto scoraggiati. Come mi confessa Antonio, “in Italia abbiamo 2000 chilometri di costa, mica ci spaventiamo per un’isola poco più grande dell’Elba!”
Qualche volta la moglie Corinne va a remare con lui: “Mi dice pagaia, pagaia! E cerco di tenere il ritmo!”. Remare insieme a un atleta come Antonio non deve essere per niente facile!

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Gli atleti italiani: al centro Pietro Geraci, a destra Antonio Loria, a sinistra Corinne, la moglie di Antonio.