Mentre venerdì 13 dicembre molti commentatori, da Adriano Sofri al ministro Gentiloni, elogiavano il ruolo dei curdi nella liberazione di Shingal (opera soprattutto dei combattenti di PKK e YPG), in territorio sotto amministrazione irachena, per quanto ormai autonomo, quasi nessuno si preoccupava della situazione drammatica in cui versa un’altra città curda, Silvan, nella provincia di Diyarbakir, territorio sotto amministrazione turca.
Dalla città assediata è giunto l’appello della popolazione sottoposta dal 2 novembre a insensati e criminali bombardamenti da parte dell’esercito turco, forse coadiuvato da miliziani jihadisti. Sono in particolare i quartieri di Tekel, Mescit e Konak a essere stati occupati militarmente dai militari e dalle forze speciali di polizia. Alla popolazione non è concesso di lasciare le proprie case nemmeno per le necessità essenziali o per recuperare i feriti e seppellire i morti. Il coprifuoco resta in vigore 24 ore su 24. Mentre le persone si nascondono nelle cantine, i carri armati turchi percorrono le strade sparando. Altri carri armati, dalle alture circostanti, aprono il fuoco contro le abitazioni. Impossibile stabilire quali sia finora il numero delle vittime, tra cui molti sono vecchi, donne, bambini.

Un breve riepilogo

La situazione nel Kurdistan sottoposto all’amministrazione turca è precipitata negli ultimi tempi dopo che il governo turco ha deciso unilateralmente di abbandonare il processo di pace, un processo grazie al quale per circa due anni quasi nessuno era stato ucciso in scontri tra guerriglieri curdi e forze di polizia o esercito. La campagna elettorale di giugno era stata funestata da almeno 170 violenti attacchi contro gli uffici del HDP (Partito Democratico del Popolo). Da segnalare i veri e propri bombardamenti cui sono stati sottoposti gli uffici di Mersin e di Adana. Alcuni curdi venivano poi uccisi da una bomba lanciata contro la manifestazione conclusiva del HDP a Diyarbakir. Il risultato elettorale, come è noto, aveva reso impossibile la costituzione della maggioranza del partito di Erdogan in parlamento, e da qual momento la violenza è andata via via crescendo con metodi che ricordano la strategia della tensione nell’Italia degli anni sessanta e settanta (Piazza Fontana, Brescia, Italicus…). Una trentina di giovani in missione umanitaria a Kobane venivano assassinati in un attentato a Suruc e il governo turco lanciava poi una serie di aggressioni contro le aree curde che avevano proclamato l’“autonomia” come forma di protezione per la popolazione. Da parte di esercito e forze speciali veniva proclamato il coprifuoco permanente, mentre dai tetti i soldati sparavano su chi osava mostrarsi nelle strade. In questo modo molti civili hanno perso la vita.

Dal 2 novembre è questa la situazione in cui versa la città di Silvan. Ziya Pir, eletto nelle liste del HDP, ha raccontato di aver cercato di intervenire sulla situazione di Tekel, Mescit e Konak presso un funzionario del ministero degli Interni, per sentirsi rispondere che “cancelleremo questi tre quartieri dalla mappa”. Il deputato ha poi dichiarato che “sparano in maniera indiscriminata dappertutto. Soldati, polizia e persone assolutamente non registrate, che posso solo chiamare ‘cacciatori di teste’, stanno distruggendo gli edifici da cima a fondo con i cannoni. Carri armati sono stati posizionati per controllare queste zone e noi non vi possiamo entrare. Secondo le informazioni che abbiamo dall’interno”, ha poi aggiunto, “le persone a gruppi di 10-15 si nascondono nelle cantine. Nessuno può uscire perché ci sono cecchini appostati sui tetti. Se vedono anche un’ombra dentro una casa o qualsiasi segno di vita aprono il fuoco. In operazioni precedenti solitamente c’era una interruzione di una o due ore: adesso si spara 24 ore su 24 senza interruzione”.
Sempre dall’interno di Silvan sono giunte notizie in merito a “uomini con la barba di lingua araba che prendono parte alle operazioni militari”. Operazioni militari, va precisato, rivolte contro la popolazione civile.
Il personale di un ospedale locale ha dichiarato che “alcuni uomini in uniforme da corpi speciali hanno portato funzionari della sicurezza in ospedale per le cure. Questi uomini che hanno barba lunga come gli esponenti dell’ISIS erano sicuramente stranieri e tra loro parlavano in arabo”. Sulla questione è intervenuto anche il parlamentare del HDP della città di Batman confermando, in una trasmissione televisiva, la presenza di miliziani che molto probabilmente appartengono all’ISIS. Notizie analoghe erano già pervenute durante il coprifuoco a cui erano state sottoposte Cizre nel distretto di Sirnak e Nusaybin nel distretto di Mardin. Ovviamente, le aree sottoposte a questa dura repressione sono soprattutto quelle in cui è più forte la presenza elettorale del HDP.
Tutto questo avviene mentre il governo turco ospita una conferenza del G20 a Antalya (15-16 novembre) ben sapendo che la maggior parte dei governi europei è ben disposta a chiudere entrambi gli occhi sulle violazioni dei diritti umani in cambio di una limitazione del flusso dei profughi.