A Vernante, paese provenzale della Val Vermenagna, si producono ancora i famosi coltelli fabbricati da secoli con inimitabile maestria dai provetti “cutlè”, depositari di un’arte che rappresenta un tratto essenziale dell’identità culturale del luogo.

In passato non c’era agricoltore della Granda, che non avesse almeno un vernantin da usare nei vari lavori di campagna. Da secoli il piccolo comune della Val Vermenagna, oggi più conosciuto come centro di villeggiatura, ha legato il suo nome a questa attività artigianale svolta con impareggiabile maestria da generazioni di coltellinai vernantesi. Al piano terra delle case, lungo via Umberto I, la strada principale del paese, le botteghe dei maestri della lama erano una vicina all’altra. Il mercato era così florido che la produzione non riusciva mai a soddisfare le richieste. Allora più di una ventina erano i coltellinai che lavoravano “a tempo pieno” nella produzione dei vernantin. Oggi, purtroppo, i maestri della lama sono rimasti in pochi e non ci sono più giovani che si dedicano a questo lavoro duro e difficile. Eppure si tratta di una ricchezza che il paese non vuole perdere, consapevole che con i vernantin scomparirebbe anche un tratto essenziale della sua identità. Per questo i ragazzi della scuola elementare di Vernante hanno voluto conoscere e studiare a fondo l’arte della lavorazione dei coltelli sia nei suoi aspetti tecnici che nel suo significato culturale. Il risultato della loro ricerca è stato pubblicato di recente, in elegante veste tipografica, per iniziativa dell’“Associazione Culturale Valados Usitanos”. Si tratta di un documento importante per la conoscenza di questa autentica arte vernantese e per la rivalutazione di questo patrimonio culturale che si è tramandato sino ai giorni nostri, nonostante le profonde trasformazioni subite dalla società in questi ultimi decenni. Ma come nasce un vernantin? Come prima cosa si lavora la lama. Il pezzo di acciaio viene forgiato e reso incandescente: quando è ben rovente, viene battuto sull’incudine. Bisogna esser veloci e precisi; e via via appare il contorno della lama che viene tagliata con un colpo netto alla lunghezza desiderata. Viene quindi stampigliato accuratamente sulla lama il timbro personale del nome del coltellinaio proprio accanto all’incisione dell’incavo che consente di sollevare la lama con l’unghia del pollice. Terminata questa prima fase, la lama viene posta nuovamente nella forgia per la “cottura”, quindi la si lima per darle la forma desiderata: lineare, sagomata o ricurva. Poi si procede alla smerigliatura, alla punzonatura, alla foratura, alla tempra dell’acciaio per rendere il coltello ancora più resistente: la lama incandescente viene immersa in una vaschetta d’olio e lasciata fino al completo raffreddamento (un paio d’ore circa). Ripulita la lama, la si riscalda un’ennesima volta (è il cosiddetto “rinvenimento”, che dona elasticità all’acciaio), prima di passare all’affilatura con la mola ad acqua e alla particolare lucidatura, grazie alla quale i vernantin sono praticamente inattaccabili dalla ruggine. Complicato, vero? Ma non è finita qui. La lavorazione del manico, di corno di bue o di montone, è un’operazione altrettanto delicata. Il corno va forgiato, piegato alla morsa, intagliato perché vi si possa inserire la lama, limato, sagomato secondo le dimensioni e la forma desiderata, raschiato e lucidato con un sottile pezzo di vetro. Con precisione millimetrica vanno praticati i fori, in perfetta corrispondenza con quelli della lama prescelta, in cui verranno introdotti piccoli perni di ferro, ricoperti alla fine da occhielli di rame o di ottone, che uniscono e fissano le due parti del coltello. Finalmente il vernantin è pronto! Un coltello perfetto, costruito a regola d’arte, capace di durare una vita! Ma la tradizione dei vernantin avrà un avvenire? Certamente non basta l’impegno individuale dei bravi cutlè a salvare questo nobile antico artigianato. Del problema devono farsi carico soprattutto gli enti pubblici preposti, dal Comune di Vernante alla Comunità Montana delle Valli Gesso-Vermenagna-Pesio, alla Provincia di Cuneo, alla Regione Piemonte, per proseguire o intraprendere iniziative sempre più concrete, tese al recupero di questo artigianato tipico ed al suo progressivo rilancio, per risollevare una attività che, indubbiamente, avrebbe lo spazio e le possibilità di un concreto sviluppo, purché aiutata nella sua ripresa.