foto di Stéphane Sayeb
video di Manuela Macori

Te Moe a Taupapa
Produzione: Te Fare Upa Rau – Conservatorio Artistico della Polinesia francese
Regia: Tamariki Poerani
Canti: gruppo Tamarii Mataiea
Testi: Merehau Teavai Anastase
Musica: Keha Kaimuko e Terema Toere
Messa in scena, coregrafia e costumi: Makau Foster
Coordinatore: Martin Coeroli

Per il terzo anno consecutivo il magnifico sito del marae Arahurahu si è trasformato in palcoscenico per ospitare lo spettacolo Te Moe a Taupapa, il sogno di Taupapa. Il marae Arahurahu è un luogo di raccoglimento, di testimonianza, di storia, ma anche una suggestiva scenografia all’aria aperta. Negli ultimi tre anni il Fare Te Upa Rau, come viene chiamato il Conservatorio di Tahiti, produce uno spettacolo in questo luogo mistico, circondato dalla natura lussureggiante. Mentre durante la Heiva, nell’arena di To’ata, i gruppi si sfidano con canti e passi di danza, il marae rivive accogliendo ballerini, musicisti e una corale. Uno spettacolo privilegiato, lontano dal furore del concorso, volto a celebrare anch’esso la festa della cultura polinesiana, ma con una diversa ottica.
Bianche sterne formano un ultimo lampo di luce nel cielo diventato pallido. Inizia a cadere la notte. La frescura aumenta e le ombre degli alberi si ingigantiscono.
È la storia di un sogno, il sogno di un vecchio prossimo alla morte. Taupapa è stanco, la vita sull’isola di Tahiti è molto cambiata: il sovrano Pomare II si è convertito alla religione dei missionari e ha promulgato il famoso Codice Pomare. Il vecchio Taupapa non riesce ad accettare l’abbandono delle vecchie divinità a favore di quell’unico Dio e, sentendo prossimo il termine della sua vita, sceglie di andare a morire sul marae, lontano da tutti. Ripensa al suo matrimonio, a quando era giovane e forte, alla sua famiglia, alla sua bella sposa. I ricordi lo avvolgono, immateriali come in un sogno. Sente i suoi antenati intorno a lui, giunti per accompagnarlo al Rohotu noanoa, il paradiso profumato.


Questo spettacolo non è la semplice storia della morte di un uomo, ma anche una scelta di vita. La morte di Taupapa vuole rappresentarci metaforicamente la fine di un’epoca. Malgrado il nuovo Codice e tutti i suoi tapu (proibizioni), le tradizioni hanno continuato a esistere grazie a scelte individuali. Ciò nonostante, le nuove ture (leggi) non vennero contestate né considerate come colonialiste. Il marae Arahurahu ha un suo ruolo ben vivo nello spettacolo: desolato e distrutto all’arrivo del vecchio morente, ritorna in vita durante il sogno di Taupapa; gli Ario’i, antica confraternita di artisti, arrivano in suo soccorso e ripristinano questo luogo sacro, raddrizzando gli unu caduti (sono tavole di legno scolpito con la funzione di antenne per mettere in contatto terra e cielo) e portando nuove offerte.
L’essenza di questo uomo polinesiano non è affatto cambiata. La cultura di qui trascende la morte: anche se si parla della fine di un’esistenza, ciò va visto come un inizio. E come meglio celebrare la vita se non con le danze del matrimonio e della fecondità che, a mo’ di film, scorrono immagine dopo immagine nella memoria del vecchio? Il passato, il presente, l’antico e il moderno si mescolano abilmente nello spettacolo, in una storia trascendente dal tempo e dallo spazio. Il fine è raccontare come i polinesiani siano riusciti a sopravvivere a questa enorme rivoluzione culturale. Nulla è lasciato al caso: l’atmosfera di silenzioso rispetto per il sacro luogo in cui avviene la rappresentazione, con poche parole e molta compostezza, senza scoppi di risa, i bei costumi in tapa (tessuto vegetale), come ci si vestiva all’epoca, i livelli sociali, che, a cominciare dal tauha, o sacerdote, erano punti fermi e immutabili della società dell’epoca.
Questo spettacolo non si basa su leggende o antichi racconti, non è una ricostruzione storica, ma la ricerca sul cambiamento dei significati nel totale sconvolgimento della civiltà polinesiana. Il corpo di ballo di Makau Foster, portatore di questo messaggio, è stato entusiasta di potersi esibire su questo spettacolare palcoscenico.