Se in passato le “guerre di religione” potevano, forse, esprimere in qualche modo i conflitti etnici e/o sociali del tempo (vedi alcune “eresie” e “riforme”, dirette conseguenze dei conflitti di classe), direi che in seguito, perlomeno dal secolo scorso, il più delle volte sono state la copertura, la “vetrina” di interessate strumentalizzazioni.
A titolo di esempio il conflitto irlandese, soprattutto dopo la divisione dell’isola di smeraldo. Se già nel settecento cattolici e protestanti – discendenti rispettivamente dagli indigeni irlandesi colonizzati e dai coloni scozzesi presbiteriani – avevano fatto fronte comune per l’indipendenza dell’Irlanda, anche in seguito non mancarono lotte comuni; per esempio gli scioperi di lavoratori salariati cattolici e protestanti a Belfast. A porvi fine intervennero le ricche borghesie filo britanniche (come la Casa d’Orange) elargendo piccoli privilegi e organizzando milizie settarie “lealiste” (vedi la Ulster Volunteer Force).
Non potendo utilizzare, che so, un diverso colore della pelle o diversità etniche rilevanti (entrambe le comunità erano di origine celtica, diversamente dagli inglesi anglosassoni di origine germanica e anglicani), si accontentarono di ampliare il modesto solco di natura religiosa.
Poi è andata come sappiamo. Esperimento sostanzialmente riuscito, un modello per future strumentalizzazioni a “geometria variabile”.
Quindi ritengo che anche le sanguinose faide mediorientali tra sunniti e sciiti (con ricadute particolarmente gravi per le minoranze qui presenti: yazidi, alawiti, assiro-cristiani, zoroastriani) siano state perlomeno pompate, gonfiate, esasperate ad arte. Ovviamente, la mia è solo un’ipotesi. Ma quanto è avvenuto nelle aree curde, occupate militarmente dalla Turchia, di Afrin e di Sere Kaniyê (nord della Siria) appare emblematico. Non essendo in grado di controllare adeguatamente le proprie milizie mercenarie, come l’“esercito nazionale siriano” (SNA), Ankara si starebbe affidando direttamente al gruppo terrorista Hayat Tahrir al-Sham (HTS, successore di Al-Nusra), con tutta probabilità l’emanazione locale di Al-Qaeda.
Anche perché tra le fila di alcune formazioni sul libro paga di Ankara ultimamente serpeggiava, oltre al malcontento, anche una certa preoccupazione. Le voci su un possibile riavvicinamento tra Ankara e Damasco, patrocinato da Mosca, lasciava intravedere la possibilità di venir scaricati, se non addirittura consegnati, per diversi membri delle milizie mercenarie. In quanto ricercati da Damasco potrebbero venire estradati e questo suggerisce una possibile spiegazione su alcuni episodi di insubordinazione. Come per gli scontri a mano armata intercorsi tra membri di Jabhat al-Shamiya e di Jaish al-Islam.
Tali dispute ricorrenti, oltre al rischio concreto di insubordinazione e defezione, tra le diverse fazioni di SNA (forse non adeguatamente attrezzate, oltre che sul piano politico, anche in quello religioso?) avrebbero suggerito a Erdogan di far leva sul maggiore entusiasmo, fervore religioso (eufemismo per fanatismo) di HTS. Un fanatismo indispensabile per annichilire le minoranze “eretiche” e non omologate (tutti apostati, dissidenti, “pagani”…addirittura comunisti o anarchici talvolta) del nord della Siria. Nella prospettiva di ulteriori invasioni.
Già all’epoca delle prime manifestazioni contro il regime siriano si assisteva a un proliferare di gruppi armati, in genere appoggiati, oltre che dalla Turchia, da alcuni Stati del Golfo come il Qatar.
Per inciso, è probabile che questo stia oggi avvenendo in Iran, nel tentativo di strumentalizzare, “dirottare” altrove, le legittime proteste popolari. Con un occhio di riguardo per i beluci, già manovrati in passato anche da qualche potenza imperialista di oltre oceano.
Va anche detto che da parte sua la repubblica islamica sembra far di tutto per fornire pretesti in tal senso. In una recente manifestazione, il 4 novembre 2022 a Khach, provincia di Zahedan, le forze di sicurezza hanno ucciso una ventina di civili beluci (16 le vittime identificate, tra cui alcuni bambini) ferendone oltre sessanta. Da segnalare – stando a quanto dichiarato da alcuni attivisti – che altri feriti erano poi deceduti non essendo stati traspostati all’ospedale, dove rischiavano seriamente di finire arrestati.
Un’altra strage di civili beluci era già avvenuta, sempre nella provincia di Zahedana, il 30 settembre.
Appare evidente che, analogamente a quella curda, anche la popolazione minorizzata dei beluci (“minorizzata” e non minoritaria, in quanto divisa da frontiere statali) in Sistan e Baloutchistan subisce quotidiane discriminazioni ed è sottoposta a una dura repressione da parte di Teheran – come del resto altre comunità nelle aree periferiche del Paese – sia per la loro appartenenza etnica, sia per ragioni religiose in quanto sunniti.
Alcune organizzazioni hanno stabilito un’analogia, per vastità e inasprimento, tra l’attuale repressione in Iran e i massacri subiti dai beluci a Deraa (in Siria) nel 2011, denunciati dall’ONU come crimini di guerra.
Come da manuale, ça va sans dire, anche i beluci talvolta ci mettono del loro. Per esempio in Pakistan alcuni gruppi indipendentisti beluci sono ritenuti responsabili di vere e proprie stragi ai danni degli Hazara, un’altra minoranza ma di fede sciita.

Protesta di hazara in Pakistan.

Tornando in Siria, è storicamente accertato che potenze regionali ostili a Damasco avevano favorito la militarizzazione (vedi appunto la formazione di SNA) e l’escalation del conflitto.
Oltre che a SNA, la Turchia non avrebbe lesinato nel fornire sostegno al fronte Al-Nusra (dal 2012 nella lista del terrorismo internazionale in quanto ritenuto emanazione di al-Qaeda) e addirittura a Daesh. Formazioni entrambe notoriamente jihadiste.
Per esempio, il comandante di Al-Nusra, Al-Hana (Abu Mansour al-Maghrebi) arrestato nel 2020 in Iraq, aveva rivelato che lo sceicco Khalid Sueliman, della potente famiglia Al-Thani – a capo del Fronte Al-Nusra, e pare anche delle organizzazioni derivate – veniva finanziato con qualcosa come un milione di dollari al mese.
Turchia e Qatar sosterrebbero, sia finanziariamente sia fornendo armamenti, i vari gruppi combattenti emanazione dei Fratelli Musulmani salafiti in quanto utile strumento per la loro politica estera. Anche in chiave pan-islamica.
Negli USA è ancora in corso il processo contro Qatar Charity e contro Qatar Bank per aver finanziato con ottocentomila dollari il leader dell’Esercito Islamico Fadhel al-Salim.
Quanto al fronte Al-Nusra, va ricordato che nell’ottobre 2012 esso attaccava i distretti autonomi di Şêxmeqsûd e Eşrefiye (regione di Aleppo) uccidendo decine di curdi. Subito dopo, gli ascari jihadisti si scagliavano contro Afrin, incontrando però la ferrea resistenza delle YPG.
Nel voler annichilire in primis le zone curde del Rojava (dove si sperimentava la rivoluzione del confederalismo democratico) il fronte Al-Nusra si smascherava da solo, mostrando apertamente di agire su indicazione della Turchia.
Sempre nel 2012, in novembre veniva attaccata, partendo direttamente dalla Turchia, anche Serêkaniyê. Un’operazione congiunta tra Al-Nusra e alcune milizie curde collaborazioniste legate al PDK. Entrando in alcuni dei quartieri a maggioranza araba di Serêkaniyê, queste milizie si spacciavano per ribelli anti-Assad cercando di stabilire alleanze. Solo successivamente, il 19 novembre, partiva il brutale attacco contro i quartieri a maggioranza curda. Veniva assassinato il sindaco della città e la chiesa diventava un bivacco per il loro quartier generale.
Nel frattempo la loro già consistente presenza veniva rinforzata dall’apporto della cosiddetta coalizione nazionale (ETILAF).
ETILAF, secondo i curdi, sarebbe al comando di SNA o comunque della sua derivazione, il “governo di transizione siriano”. Oltre al seggio di Istanbul, ETILAF ne controlla uno anche a Berlino (oltretutto finanziato dal governo tedesco).
Avrebbe anche una certa influenza in alcuni progetti, ugualmente finanziati dal governo tedesco, che sembrano funzionare come “specchietti per allodole”, allo scopo di creare cortine fumogene sulla realtà della situazione curda. Tra questi, il centro europeo di studi curdi (EZKS) e il sito Kurdwatch, divulgatore di notizie farlocche intese a giustificare le operazioni militari di Erdogan nel nord della Siria e nel nord dell’Iraq.
Ma nonostante questo ulteriore apporto di milizie, successivamente gli jihadisti venivano scacciati dalla popolazione insorta dei quartieri curdi, grazie anche all’intervento dei combattenti di YPG e YPJ.

Ankara sempre dietro le quinte

Gli scontri ripresero, durissimi, nel gennaio 2013.
Praticamente una vera e propria ammucchiata di gruppi mercenari guidata da Al-Nusra quella che contese per circa due settimane il controllo dei quartieri alle milizie curde.
Sconfitte nuovamente, le truppe jihadiste si misero in salvo direttamente oltre il confine turco, immediatamente blindato dai soldati turchi per maggior sicurezza, ma lasciando in mano ai curdi un’ampia documentazione della loro intensa collaborazione con Ankara.
Purtroppo durante la ritirata sia Al-Nusra sia Daesh non esitarono a vendicarsi sulla popolazione curda con qualche vile rappresaglia. Come a Til Eran (luglio 2013) e a Tal Hasil. Dichiarando pubblicamente, attraverso le moschee, che sia il bagno di sangue nei confronti della popolazione curda (circa un’ottantina le vittime accertate) sia il sequestro-rapimento delle donne curde, prelevate a centinaia, era giustificato dal punto di vista religioso. Rastrellando poi casa per casa le due località sopracitate alla ricerca di “apoisti”, ossia di seguaci di Apo Ocalan.
Oltre a quelli crudelmente assassinati (alcuni bruciati vivi, con le immagini poi diffuse nei social), vanno considerati anche i desaparecidos (qualche decina) e i cadaveri (una ventina) di cui non è stata possibile l’identificazione.
Da sottolineare che – per quanto entrambi aspirassero alla supremazia – Al-Nusra e Daesh (o Stato Islamico che dir si voglia) non smisero mai di collaborare proficuamente. Sia garantendo una certa “osmosi” di combattenti – praticamente intercambiabili – da una formazione all’altra in base alle necessità del momento, sia dandosi il cambio nel controllo delle aree occupate.
E soprattutto instaurando congiuntamente durante l’occupazione delle città, dei villaggi e dei quartieri curdi un aspro regime di ispirazione salafita. Anche a livello di tribunali islamici dove operavano in coppia.
Sempre sotto la supervisione di Ankara, ovviamente.
L’assalto al carcere di Sina a Hassaké (gennaio 2022) era stato pianificato dai territori occupati dalla Turchia.

Materiale jihadista abbandonato durante l’assalto al carcere di Hassaké.

Come già detto, negli ultimi tempi il Fronte Al-Nusra aveva cercato di “riciclarsi” prendendo almeno ufficialmente le distanze da Al-Qaeda e cambiando pelle e nome. Diventando prima, nel 2016, Liwa Fatah al-Sham e successivamente, nel 2017, appunto Hayat Tahrir al-Sham (HTS, in realtà una finta coalizione di vari gruppi, sostanzialmente sotto il controllo della vecchia Al-Nusra, comunque denominata). Attualmente la casa madre sarebbe localizzata in quel di Idlib, in felice coabitazione con l’alleato turco. Allo scopo dichiarato di soffocare il risorgere e la diffusione del confederalismo democratico in questa parte del Rojava. Esperienza pericolosa perché esemplare e contagiosa, soprattutto così in prossimità del confine turco.
Dal maggio di quest’anno, in seguito all’incontro di Idlib-Sarmada con esponenti del regime turco, le milizie di HTS hanno ripreso a riposizionarsi e raggrupparsi su Idlib puntando quindi su Afrin. Inoltre si sarebbero acquartierati anche nelle zone di Girê Spî, Azaz, al-Bab, Cerablus e intorno alla città di Minbić (ancora gestita dall’amministrazione autonoma).
Sempre in vista di ulteriori attacchi in Rojava.
Per concludere, pur essendo presto rientrato nella lista nera dei gruppi terroristi, HTS continua a godere dei finanziamenti di Turchia, Qatar, Arabia Saudita… e pare anche di qualche non meglio identificato “Paese occidentale”…