Risulta a tutti evidente che sulla questione della Diciotti, ancorata a Catania, si giocano le sorti di questo governo, quelle personali del ministro Salvini e quelle generali di questa fase politica, se non addirittura storica. La questione non riguarda evidentemente i 177 migranti, e ormai tolti i presunti minori molto meno, ma concerne la politica complessiva. Infatti, ha mobilitato un agonizzante PD in cerca di pubblicità e l’intervento ufficialmente sancito da una dichiarazione di magistratura democratica: il procuratore di Agrigento si è affrettato ad aprire un’inchiesta che dovrebbe poter giungere fino al ministro Salvini che con toni altisonanti dice di non temerla e che quell’inchiesta contro ignoti potrebbe alla fine essere denominata con il suo stesso nome o con quello del ministero che rappresenta. È quanto meno inusuale che una corrente politica minoritaria della magistratura si sia pronunciata per iscritto per stabilire la costituzionalità o meno delle condotte di un ministero in carica, anticipando la Corte Costituzionale che sarebbe competente in caso di conflitti tra poteri dello Stato. Ma tant’è, chissà che ne penseranno gli altri magistrati non facenti parte di questo partito.
L’azione compiuta dalla Diciotti in acque maltesi ha motivazioni incertissime, dal momento che anche le fonti dell’isola sostengono che il barcone non si trovava in pericolo ma che aveva espresso il desiderio di non essere soccorso in acque maltesi per potersi dirigere verso l’Italia. Come in molti altri casi che hanno riguardato 700 mila persone traghettate in Italia negli ultimi 3 anni, più che di salvataggi si tratta di traghettamenti. Quanto più grave questa volta perche il traghetto non è un’imbarcazione prezzolata di un’ONG sorosiana ma un naviglio della gloriosa capitaneria di porto che, senza comunicare ai ministeri competenti l’azione in corso, ha prelevato i migranti apprestandosi a scaricarli nei porti italiani. La litania di chiamare in causa l’Europa si è visto bene quali risultati ha dato a Pozzallo, dove soltanto una parte minima di traghettati dalla stessa guardia costiera è stata ricollocata in Europa. Questa volta dall’Europa non è giunta neanche una flebile risposta alle nostre giaculatorie. È, quindi, chiarissimo che la vicenda riguarda soltanto l’Italia e il suo governo.
Chi ha posto la questione con la massima lucidità è stata Giorgia Meloni, proponendo l’idea del blocco navale.Una parola che suona piuttosto altisonante che fu applicata l’ultima volta nel 1997 da Prodi in merito agli sbarchi provenienti dall’Albania e nel 1968 in forma molto più da operetta, intorno all’isola delle rose. In quest’ultima circostanza la marina militare circondò la piattaforma artificiale per prepararne la demolizione come se si trattasse di un atto ostile.
Questa volta le vicende sono molto più drammatiche. Il ministro Salvini, che è anche il leader del suo partito, sembra averlo capito perfettamente. In fondo, questo governo del cambiamento nasce da due esigenze: una di moralizzare la vita pubblica e i1 rapporto tra Stato e privati, l’altra è il dramma di una migrazione che ha provocato sconquassi all’ordine pubblico nella percezione di sicurezza degli italiani, trasportando per esempio battaglioni della mafia nigeriana e quelle magrebine e probabilmente anche molti foreign fìghters di ritorno, oltre alle questioni sanitarie che lo stesso tempestivo procuratore agrigentino ha segnalato sulla Diciotti, probabilmente in altri tempi avrebbe meritato una quarantena.
Di atto pietoso in atto pietoso siamo arrivati ormai a quasi un milione di migranti tanto che nessuno sa come poter arginare questa questione che giorno dopo giorno diventa più drammatica, soprattutto di fronte alla necessità di continuare a finanziare permanenze a costi altissimi, diventate un business che sembra intimorire una filiera para-industriale che a detta di qualcuno mette a rischio qualche migliaia di posti di lavoro, qualora questo business para-pubblico e clientelare dovesse concludersi.
La tempestività con cui la procura di Agrigento è intervenuta a proposito dei minori è piuttosto inquietante. Intanto di che minori si tratta? Ad accertare la minore età di uno sbarcato ci sarebbero misure semplicissime come una rx del polso o una panoramica dentale. In realtà, il 90% di coloro che sbarcano non sono affatto minori. Il buonismo è una delle forme più untuose della malvagità collettiva in cui si annidano grandi ideali e porci comodi, sia di natura politica sia di natura economica.
Credo che per uscire da questa drammatica impasse occorra che Salvini prenda atto di un’elementare questione istituzionale. Il blocco navale richiederebbe la convocazione di un consiglio nazionale di sicurezza, presieduta dal presidente della Repubblica, con la partecipazione dei ministri competenti e i comandanti delle varie armi; tale blocco, anche nella forma più soft prevista dalla Meloni con la supervisione della marina libica, necessiterebbe di una più che dubbia adesione del Quirinale e del ministero della Difesa.
L’ambiguità dei Cinque Stelle nei confronti della questione migratoria è emersa in tutta la sua drammaticità in queste ore. Infatti, l’unica voce che si è levata è quella di Fico con un rumorosissimo silenzio dei Di Maio e Toninelli. È chiaro che in questa situazione di ambiguità il governo non può sopravvivere. Ciò che mi permetto di suggerire a Salvini è la seguente road map: convocazione immediata del consiglio nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico, diverso da quello militare per difesa esterna previsto dall’articolo 42 delle Nazioni Unite: il blocco navale può essere convocato autonomamente dal ministro degli Interni insieme ai capi dei corpi di polizia, allargabile al discutibilissimo comandante delle capitanerie di porto ed estendibile alle procure della Repubblica dei territori competenti. Il consiglio nazionale per la sicurezza e dell’ordine pubblico è un organo di consulenza del ministero nel quale ciascuno di coloro che sono chiamati in causa, polizia carabinieri guardia di finanza, non potrebbe non pronunciarsi di fronte a una situazione drammatica della sicurezza che la migrazione permanente crea sulle coste e nei porti nazionali e pronunciarsi sulle linee guida del ministro. Non è questione soltanto di umanità contro legalità ma di dare un segnale chiaro che se non venisse raccolto riaprirebbe la via a un flusso incontenibile di tipo migratorio di cui ben si vedono i segni nel nord Africa.
In conclusione, ritengo che siccome una larghissima maggioranza del Paese è d’accordo con Salvini, sostenendone l’azione, qualora dovessero avvenire azioni di tipo giudiziario che avrebbero un significato eversivo, sarebbe bene mettere in conto che l’8 settembre o giù di lì con la riapertura delle Camere sarebbe accompagnato da un grande grido collettivo di migliaia di cittadini: un grande “arrestateci tutti” rispetto al quale né la mite silenziosità di Mattarella, ben orientata in senso ideologico, né la magistratura democratica, né la mitezza arrendevole di Conte, potrebbero porre un argine. Sia chiaro, non si tratta di una minaccia di tipo rivoluzionario ma semplicemente di ripristinare la democrazia per la quale la maggioranza dei cittadini ha diritto di esprimersi. In fondo, Salvini ha sempre uno strumento fondamentale da utilizzare anche contro i suoi alleati di governo: quello di ribaltare il tavolo e decidere di riscuotere immediatamente il consenso raccolto anche in quest’ultima fase politica con nuove elezioni, magari in coincidenza delle prossime europee o anche prima. Prospettiva che ai Cinque Stelle non dovrebbe arridere partìcolarmente. Sarebbe un bel referendum tra gli italiani per sapere se vogliamo qui qualche milione di afro-islamici illegali in arrivo o se scegliamo la linea della no way australiana che ha portato in due anni a 0 le migrazioni illegali in questo civilissimo Paese di common law. Non ho dubbi nei risultati di questo referendum. Quindi, ministro Salvini – e Meloni – avanti senza paura.

Alessandro Meluzzi, “Il Tempo”.