Festival Tahiti Ti’a Mai, sesta serata

La sesta e ultima serata ospita due gruppi di danza, i Tamari’i Anau da Bora Bora, Hitireva di Kehaulani Chanquy e due gruppi di canto, i Tamari’i Outu’ai’ai e ’O Faa’a.
Il tema del gruppo Tamari’i Anau è il fuoco, quest’anno di gran moda, tanto che il loro spettacolo è iniziato con 40 minuti di ritardo per il timore che i loro effetti scenografici – l’accensione di torce ovunque – incendiassero To’atā, e non in senso metaforico.
Essi raccontano di un popolo primitivo affascinato dal sole, tanto da cercare di catturarlo per trattenerne il calore che scompariva durante la notte. Ogni loro tentativo risultò vano: innervositi e in preda all’ira, iniziarono a lanciare pietre contro le rocce della falesia. Con gioia si accorsero delle scintille che si formavano, capirono come lo sfregamento di due pietre potesse produrre il fuoco, grazie al quale le loro notti non sarebbero più state buie e fredde. Il fuoco, la vita!
Molto belli i costumi di questo gruppo e l’energia dei loro giovani ballerini. I gruppi che arrivano dalle isole portano sempre una ventata di freschezza.

Grande energia anche per le percussioni di questo gruppo e l’orchestra tutta.

I Tamari’i Outu’ai’ai cantano la leggenda del fiume Tūtai-papa’ā che si trova sull’isola di Tahiti, nel comune di Arue. Qui viveva un granchio gigantesco, ghiotto di carne umana. Un giorno il mostro era riuscito a intrappolare alcune persone, spingendole contro il piede della falesia. La guardiana dei luoghi, Maivi, disperata, si mise ad pregare dio di aiutarli. Le sue invocazioni, portate lontano dal vento, arrivarono fino a Paofai-O-Tara che, veloce come un fulmine, si frappose tra la bestia e le vittime e, nella lotta, riuscì a strapparle alcune zampe. Ferito e spaventato, il granchio fuggì verso la spiaggia, per nascondersi nella vallata dopo aver guadato il fiume. È da questa leggenda che prende nome la valle: Tūtai-papa’ā, la nuvola rossa del granchio.

Il gruppo di canto ’O Faa’a vuole preservare il ricordo di personalità della cultura polinesiana: per l’hīmene tārava, l’inno allungato, hanno scelto l’elegia alla terra di Papara, scritto da Teura Tane e Huarepo Vahine, tradotto in francese dalla poetessa Flora Devatine per rendere omaggio a Moe a Moe, direttore del coro Tamari’i Papara.
Per il rū’au, il canto antico, il loro tema è Tama è Te Tōna Va’a Mā’ohi, il bambino e la sua piroga, scritto dal celebre intellettuale Henri Hiro e messo in musica da Penina Teikiotiu Ita’e-te-Taa. Questa corale, fiore all’occhiello del comune indipendentista di Faa’a, ha sempre prestazioni di ottimo livello.

Il gruppo di danza Hitireva propone sette quadri tratti dai loro spettacoli premiati nel corso degli anni:
2009 Te fa’a – la valle
2010 E ao te pō – il giorno e la notte
2012 E ’ū a tau – è tempo
2014 Motu – isola
2016 Tifa’i to’u hiro’a – tessere la propria conoscenza
2018 E parauparau te ’ōfa’i – il linguaggio delle pietre
2019 Tāpa’o a Tupaī’a – i segni di Tupaia (l’intellettuale polinesiano imbarcato sulla nave di Cook).
Da apprezzare particolarmente la sensualità del pā’ō’ā, danza di corteggiamento di solito a ritmo sostenuto, che viene rivista e adattata.

Ho un amico nell’orchestra: uno dei percussionisti è guardiano notturno nel Foyer dove ho lungamente alloggiato.

Il duo eseguito da Tamatoa e Matatini, ballerini di altissimo livello, entrambi vincitori del concorso di danza individuale della Heiva I Tahiti, ci mostra nuove posizioni quasi acrobatiche, a sottolineare la loro ricerca nei movimenti.

La capogruppo Kehaulani Chanquy pretende molto dai suoi ballerini, che spinge al limite delle loro possibilità fisiche. Il risultato è una prestazione di grande livello che ci ha fatto rivivere alcuni momenti delle sue scorse rappresentazioni (posso dire con orgoglio di ricordare bene le ultime tre, alle quali ero presente).