Decrittare il linguaggio bellico, o non capiremo mai nulla

“Anche la guerra è una questione d’espressione con la sua grammatica e il suo lessico. Ma non è un lessico fatto di concetti e di parole, ma composto da azioni che vanno decriptate attribuendogli il termine giusto, altrimenti il messaggio rischia di essere fuorviante”. Lo afferma il generale Paolo Capitini, docente di storia militare, intervenuto a Radio Cusano Campus.
“A livello comunicativo”, ha continuato il professore, “non si esce dalla confusione ansiogena e dalla paura di un domani incerto. Così vengono utilizzati termini come ‘terza guerra mondiale’ o ‘uso atomico’. Si usano queste parole come se fossero degli amplificatori di paura, ma non so se questo è per una mancanza di conoscenza o sia un effetto voluto. Prima del covid la metà della popolazione italiana non conosceva la differenza tra un batterio e un virus poi, per paura e per necessità di comprendere, ha cominciato a documentarsi. Ora con la guerra è lo stesso principio. La democrazia chiede una sola cosa: capire, perché se non puoi capire non puoi decidere”.

Il generale Paolo Capitini.

In riferimento alle dichiarazioni di Netanyahu su un’alleanza araba nei confronti dell’Iran, Capitini ha poi spiegato: “Sono parole molto precise, ma soprattutto c’è una regola aurea nel mondo militare: le azioni si fanno e non si annunciano. Se vuoi che qualcosa funzioni non lo devi dire a tutti. Netanyahu ha detto ‘grazie ai nostri alleati’, lì bisogna chiedersi che cosa sia un alleato… Un alleato è qualcuno che ha un interesse comune. Siamo al punto in cui forse Netanyahu sta scommettendo su un’alleanza un po’ strana tra i nemici di sempre. Un’alleanza tra il mondo arabo sunnita e Israele può reggere? Se pensa di sì può premere sull’Iran. La scommessa inversa la fa l’Iran: se provi a scendere in campo con questa alleanza non tanto dichiarata, e forse neanche tanto sperimentata, sei proprio sicuro che alla prova dei fatti di una guerra combattuta staranno con te e non staranno con noi? Le guerre si giocano su scommesse e si perdono sempre”.
E sui costi di una guerra: “La guerra oggi è un’espressione anche dell’economia, un Paese povero ha delle possibilità belliche limitate, un Paese ricco ne ha tutt’altre”, ha sottolineato Capitini. “Adesso c’è questa famosa Iron Dome, questa cupola di ferro che protegge a bassa quota tutta Israele. In realtà ci sono altri due ombrelli sopra Israele, il più alto arriva quasi a 100 km dal suolo. Siamo quindi in pieno spazio, e lì vengono utilizzati missili molto costosi per intercettare grandi missili lo stesso costosi con una grossa carica distruttiva e velocità ipersoniche. Milioni su milioni può aver senso, ma sparare milioni su un drone da 20mila euro comincia a essere costoso”.
Parlando poi di un possibile utilizzo dell’atomica da parte dell’Iran, il generale ha spiegato: “L’Iran non si sa se disponga o meno della bomba atomica ed è questa la scommessa che fa Israele. Israele, invece, ha dei sottomarini con missili nucleari al largo del mediterraneo orientale e vuole essere l’unica potenza nucleare della zona. La bomba atomica è un’arma che solo averla ti fa già mettere in una prospettiva differente”.
Infine, riguardo alla paura diffusa di una possibile terza guerra mondiale, Capitini ha aggiunto: “Dalla seconda guerra mondiale a oggi si sono sviluppate una seria di reti, alcune pubbliche, alcune inconfessabili, una grande rete di comunicazione in cui Dio parla col Diavolo costantemente. La cosa interessante è che sia Dio sia il Diavolo sono interessati a capirsi l’uno con l’altro. La guerra è una cosa estremamente complicata e spesso nasce da un’incomprensione, questa è la grande lezione che abbiamo ricevuto dalla seconda guerra mondiale. Bisogna che a un certo punto, anche se non ti piace ascoltare quello che ti devo dire, ti siedi e mi ascolti e io devo fare lo stesso”, ha concluso il generale Paolo Capitini.
 
Ufficio stampa Cusano