Il 19 gennaio scorso, Abdel Fattah al-Sisi ha detto che la lotta contro il “terrorismo” ha bisogno di un nuovo approccio religioso da parte dei musulmani, in aggiunta alle altre misure di repressione. Intervenendo al World Future Energy Summit di Abu Dhabi, il presidente egiziano ha sottilineato che “la lotta non deve essere limitata soltanto alla sicurezza e gli aspetti militari, ma dovrebbe includere una rilettura religiosa da cui siano bandite le false ideologie che possono spingere alcuni alla violenza”.
Egitto e Emirati Arabi Uniti godono di un rapporto stretto e cooperano in vari campi, oltre alle attività militari. Entrambi i governi sono ostili agli islamisti e hanno iscritto nella lista nera i Fratelli Musulmani, definiti un’organizzazione terroristica.
La sicurezza del Golfo è “una linea rossa” per l’Egitto, ha detto Sisi, affermando il sostegno incrollabile del suo Paese agli sforzi degli Emirati Arabi Uniti “per preservare la propria sicurezza nazionale”. L’anno scorso, gli Emirati hanno messo in carcere un gruppo di 30 tra connazionali ed egiziani, condannati da 3 mesi a 5 anni per aver costituito una cellula dei Fratelli Musulmani. Sono una parte delle decine di altri islamisti detenuti negli Emirati Arabi Uniti a partire dalle rivolte della primavera Araba, dal 2011, anche se nel Paese non si è mai sviluppato alcun movimento antiregime.