Il termine “Padania” per indicare la Pianura Padana era certamente un toponimo già in uso alla fine del 1800 e trova riscontro in pubblicazioni specialistiche come Geografia economica sociale dell’Italia (Angelo Mariani, ed. Hoepli, 1910) e Attraverso la Padania Orientale nei tempi antichi – appunti di geografia economica (Pietro Bellemo, ed. Vita e pensiero, 1924). 
Il giornalista e scrittore Giannetto Bongiovanni (Dosolo 1890 – Brescello 1964) autore dei Racconti di Padania (Il ceppo, 1923; Consigli a Madlén, 1925; La Compagnia del Trivelin, 1931) rievocando nei suoi racconti la nostalgia e l’amore affettuoso per la sua terra attraversata dal Po, è certamente tra i primi ad attribuire a questo termine un sostanziale significato “etnoculturale”. 
Bongiovanni, in un articolo pubblicato nel 1928 sul giornale “Pro Mutilati”, dedicato a Cesare Zavattini, afferma: “Non ci sono per noi padani sponda destra o sinistra, di qua o di là. Il fiume non divide. Unisce. Noi siamo padani”. 
Il giornalista Mario Bassi (Forlì 1886 – Dolo 1945) nell’articolo Il Lido di Guastalla pubblicato da “La Stampa” il 30 luglio 1930, citando l’amico Giannetto Bongiovanni, “strapadàno dalla punta dell’unghie alla punta dei capelli”, descrive il fiume Po, nelle sue caratteristiche positive e negative, quasi come un dio nello stesso tempo bonario e terribile (il “gran padre Po”), e fa esplicito e inequivocabile riferimento ai padani, in senso etnico, e alla Padania come entità “reale, consistente e viva”.
Le considerazioni di Mario Bassi, pertanto, non costituiscono un punto di vista isolato, ma si riferiscono a un’idea di una Padania intesa, come egli stesso afferma, quale “entità geografica ed etnica e storica e folcloristica”, probabilmente elaborata in alcuni circoli letterari e culturali padani, ancorché ristretti ed elitari, almeno fin dalla metà degli anni ’20 del novecento.  
Ricordiamo, ad esempio, il poeta Corrado Govoni (Tamara 1884 – Lido dei Pini 1965) autore, nello stesso periodo, della poesia dal titolo esplicito di Padania, pubblicata nella raccolta Il flauto magico (ed. Al tempo della Fortuna, 1932). 
Nel convegno di Alessandria del 16-17 maggio 1969 sui rapporti tra i porti liguri e il Piemonte, si discute espressamente di Padania come di una nuova “regione aperta”, cui segue la correlata intervista di Giampaolo Pansa del 30 maggio 1969 agli amministratori del “cuore nuovo della Padania” (Alessandria, Piacenza e Pavia). 
Si potrebbe affermare che la Padania, intesa come vera e propria macroregione, sia “nata” ad Alessandria nel 1969 prima ancora che entrassero in vigore le regioni italiane (1970).  
Nel 1975, Riccardo Cappellin pubblica l’articolo La “Padania”: confronto con le altre macroregioni italiane (rivista “L’Industria”) nel quale “la struttura economica dell’Italia settentrionale – denominata Padania per sottolineare la sostanziale identità di caratteri delle regioni che la compongono – è qui analizzata rispetto a quella dell’Italia centrale e dell’Italia meridionale e insulare”. 
Nello stesso anno, Guido Fanti, primo presidente dell’Emilia-Romagna, propone una “lega del Po” per costituire la “super-regione della Padania”, primo progetto presentato in àmbito politico per la costituzione di una macroregione padana.  
A Milano, nel dicembre 1977, si svolge il “colloquio internazionale” intitolato Territorio e scelte politiche regionali. La Svizzera, un’esperienza da studiare pensando alla Padania, promosso dall’istituto di geografia umana e dall’istituto di storia medievale e moderna della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’Associazione italo-svizzera di Milano, con intervento di professori e geografi universitari svizzeri.
Nel 1992, la Fondazione Agnelli pubblica La Padania, una regione italiana in Europa.
Unendo idealmente anche questi “puntini” temporali, sembra di capire che una idea precisa di “macroregione” Padania dovesse già essere nata fin dalla metà degli anni ’60 perché, altrimenti, non si sarebbero potuti organizzare convegni di alto profilo e discuterne con precisione in ambienti politici e universitari. Questa idea della Padania sembra avere quindi una origine, una evoluzione e una storia “elevata” che probabilmente non può essere totalmente documentata, ma che trova parziale riscontro in questi documenti eccezionali e della quale, evidentemente, in ambienti “elitari”, si stava cercando di studiare l’effettivo potenziale politico e culturale.
In questi giorni di aprile, si ricordano i quarant’anni della nascita della Lega di Umberto Bossi. La storia della Lega viene ripercorsa nei vari editoriali talvolta con toni di paradossale nostalgia proprio da parte di chi, a suo tempo, l’aveva osteggiata contrapponendola a quella odierna “patriottica” di Salvini. 
La storia della Lega Nord, principalmente quella delle origini, dimostra essenzialmente che il progetto politico della Padania è stato ritenuto sostanzialmente “innocuo” fino al momento in cui è rimasto dibattuto e discusso nell’àmbito dei confini dei sopra descritti circoli elitari.  
Umberto Bossi, con la sua dirompente azione politica, divulgando un’idea ancorché sommaria ma potente di Padania, ha messo in allarme il sistema centralistico romano, politico e mediatico, che si è immediatamente attivato per denigrare e discreditare questo progetto politico, arrivando perfino a resuscitare il nazionalismo tricolore.  
Si potrà ancora discutere degli errori che sono stati commessi e delle occasioni perdute, ma il grande e indiscutibile merito di Umberto Bossi resterà sempre quello di aver portato la Padania al popolo.

Cuoreverde