oscar temaru sciopero della fame
Oscar Temaru in sciopero della fame, con Moetai Brotherson.

Oscar Temaru, dal marzo scorso al suo settimo mandato come sindaco del comune di Faa’a (eletto per la prima volta nel 1983), è il capo del partito indipendentista Tavini Huira’atira, “servitori del popolo”. Da un paio di giorni sta reagendo alla confisca di 11 milioni e mezzo di franchi CPS dal suo conto personale in stile ghandiano, con lo sciopero della fame.
Vado a trovarlo: pur in mezzo alla confusione del momento mi accoglie con un gran sorriso; non ci si può salutare con i consueti due baci sulle guance, ma mi accarezza affettuosamente il braccio. Circondato dai suoi fedeli seguaci, è seduto davanti al Tribunale di Pape’ete, dove un agente di sicurezza armato e mascherato impedisce l’accesso a chiunque non sia stato convocato.
Alla sua destra il vicepresidente del Tavini, Moetai Brotherson, deputato dal 2017 della repubblica francese ed eletto all’Assemblea della Polinesia francese, marito della figlia di Oscar. “È un kaina [burino] istruito”, mi aveva detto di Moetai un polinesiano discendente da una ricca famiglia di commercianti ebrei; certo, Moetai è profondamente mā’ohi, capace di passare dalla coltivazione dei legumi, alle saldature; dal gioco degli scacchi di cui è campione, alla pubblicazione del romanzo di successo Le Roi Absent e alla politica. Un personaggio sempre con il sorriso sulle labbra, dall’intelligenza multiforme, in grado di parlare correttamente inglese, francese e polinesiano. Impossibile negare la sua versatile intelligenza.

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Proibito ai manifestanti l’ingresso al Tribunale di Papeete.

Nel 2019 il Tribunale aveva indagato – senza alcun successo – Radio Tefana, l’emittente locale di simpatie indipendentiste, sospettando che venisse usata per fare propaganda politica. Le spese legali di circa 10 milioni di franchi del Pacifico, pari a 83.800 euro, per delibera del consiglio comunale, erano state coperte dalle casse del Comune di Faa’a, nel quadro della protezione funzionale a beneficio del sindaco, come previsto dal Codice Generale delle Collettività Territoriali.
Oscar Temaru, condannato lo scorso settembre a 6 mesi di prigione con sospensione condizionale e al pagamento di 42.000 euro di multa – condanna che gli era costata l’espulsione dall’Assemblea della Polinesia francese – durante l’attesa del giudizio d’appello si è visto sequestrare i propri risparmi, confiscati penalmente.
“Sul conto personale di Oscar Temaru non è mai stato versato un solo franco dal Comune di Faa’a”, precisa il suo legale. “Non è che un accanimento giudiziario per farlo tacere, in seguito alla denuncia del 2 ottobre 2018 da lui fatta alla Francia per crimini contro l’umanità, legati alle 193 esplosioni nucleari eseguite negli atolli di Moururoa e Fangataufa, e per la re-iscrizione da parte dell’ONU della Polinesia francese nella lista dei Paesi da decolonizzare”. Le sue 118 isole erano già presenti nella lista nel 1946, prima di scomparirne, e il partito Tavini era riuscito a farle reinserire nel 2013 durante il suo breve mandato.
Curioso dover ricordare che l’attuale presidente della Polinesia francese, Edouard Fritch, nel 2016 aveva chiesto di ritirare il suo Paese da quella lista, negando che fosse una colonia, ma fu l’ONU a rifiutare di depennarlo…

 

Così come Pouvana’a a Oopa (1895-1977), padre della Polinesia, venne due volte esiliato per la sua scomoda ingerenza negli affari della Francia, oggi tocca a Oscar Temaru trovarsi nell’occhio del ciclone, sostenuto a suon di musica dai suoi fedeli elettori.