Chiamatela resa, chiamatela scelta consapevole, chiamatela come vi pare… ma dalla definitiva rinuncia alle armi di ETA non sembra sortire granché. O almeno per gli etarras prigionieri. Basta fare un confronto con quanto era avvenuto nel secolo scorso prima in Sudafrica e poi in Irlanda, dove almeno le porte delle celle si erano aperte e gli ex combattenti avevano potuto rientrare a casa loro.
Ma non in Spagna. Sarà la cultura cattolica dell’espiazione, sarà che lo Stato spagnolo è geneticamente fascista e vendicativo… non so. Resta il fatto che l’idea di lasciarli crepare dietro le sbarre (a guerra finita, ricordo) a Madrid pare non dispiacere.
In prigione il tempo passa lentamente, ma passa. E si invecchia.
Per questo le condizioni di salute dei prigionieri sono andate via via peggiorando. Al punto che molti di loro sono in pericolo di vita. Una percentuale, quella di chi è afflitto da malanni fisici o psichici, notevolmente aumentata negli ultimi anni. Con conseguenze immaginabili.
Senza retrocedere troppo nel tempo (i casi sarebbero decine), l’anno scorso nel carcere di Puerto si era suicidato Xabier Rey (rappresentante sindacale del LAB, sottoposto a tortura), mentre a Badajoz, in giugno, era morto Kepa del Hoyo (a causa di una precedente crisi cardiaca non adeguatamente diagnosticata né tantomeno curata).
Al momento sarebbero almeno 21 i prigionieri colpiti da malattie gravi e incurabili (di 15 si conosce il nome, gli altri per ora preferiscono conservare l’anonimato).
Va segnalato il caso della malattia psichica di Kepa Arronategui, la cui drammaticità è stata riconosciuta anche dalle autorità spagnole che lo hanno fatto trasferire a Zuera.
Altri detenuti in pessime condizioni di salute, per molteplici patologie, sono: Gurutz Maiza (69 anni), Joseba Cette, Txus Martin, Josetxo Arizkuren, Gari Arruarte, Inaki Etxebarria, Aitzol Gogorza, Ibon Iparragirre, Ibon fernandez Iradi, Jacoba Codò, Gorka Fraile, Joseba Borde, Mikel Arrieta, Mikel Otegi (tutti tra i 40 e i 61 anni). La maggior parte è detenuta da oltre 20 anni.
Tutti loro, come anche i sei prigionieri rimasti per ora anonimi, soffrono di gravi patologie: cancro della prostata, tumore dei testicoli, spondilite anchilosante, grave depressione…
La mancanza di cure, l’insorgere di malattie psichiche, l’aggravarsi di patologie distruttive ormai croniche non possono che allarmare ulteriormente sulla sorte di questi militanti indipendentisti e socialisti prigionieri.