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Mentre il ministro Minniti ipotizza la chiusura dei porti italiani alle navi straniere, una campagna politica e mediatica diffonde l’idea che l’Italia stia per concedere, attraverso lo ius soli, la cittadinanza a tutti i bambini immigrati. Messaggio pericoloso, che rischia di provocare un esodo migratorio dall’Africa di proporzioni devastanti, storiche, senza precedenti. In questo momento, nei Paesi africani migliaia di famiglie sono infatti pronte a partire, con i loro familiari, nella certezza di ottenere facilmente vantaggi quali gli inserimenti e le cittadinanze facilitate. Con la cittadinanza italiana concessa ai minori, infatti, non è un mistero che i genitori stessi possano ottenere più facilmente il diritto al ricongiungimento e dunque la residenza in Italia. E questo è l’aspetto più sottile, meno visibile ma proprio per questo più preoccupante. Senza contare la crescita demografica esponenziale in tempi estremamente brevi, fattore diffìcilmente controllabile, a cui farebbe seguito un fenomeno, per come le vedo io, avvilente: un “turismo delle nascite”.
Dal calo demografico, l’Italia passerebbe al boom demografico, senza avere strutture, servizi e sostenibilità economica adeguata. L’approvazione dello ius soli, questo va detto chiaramente, sarebbe un errore disastroso per un Paese come l’Italia, che fra i suoi record negativi negli anni dei governi non eletti delle sinistre vanta una disoccupazione schizzata onnai alle stelle. Lo ius soli, così concepito, rischia di provocare un pericoloso aumento dei lavoratori sottopagati e senza garanzie, devastando e impoverendo ancora di più un mercato del lavoro già dilaniato dalle orrende politiche economiche di Bruxelles. Aprire le porte ai nuovi immigrati, per l’Italia sarebbe il colpo di grazia. Il governo, questo ormai lo abbiamo capito, vuole deviare l’attenzione su questo tema per evitare di affrontare le vere emergenze e i reali problemi del popolo italiano. Così facendo, però, creandone delle altre in potenza ancora più gravi
Due Paesi che certo non si direbbero vicini, come il Marocco e la Svizzera, hanno norme per acquisire la cittadinanza che i buonisti definirebbero rigide, noi definiamo serie: la residenza nel Paese da almeno 12 anni, il superamento di un esame di lingua e di conoscenza delle leggi, lo svolgimento di un lavoro che consenta un’indipendenza economica e la fedina penale pulita. Inoltre, dopo aver ottenuto il passaporto, il nuovo cittadino resta in prova per 5 anni e, al primo reato commesso, la cittadinanza gli viene revocata. Cittadino lo devi essere sul serio, non solo su un pezzo di carta. Senza questi passaggi estremamente importanti, fondamentali e obbligatori, l’integrazione non potrà mai completarsi e l’immigrato non riuscirà a conquistare un ruolo saldo nel tessuto sociale, economico e politico del nostro Paese.
La sinistra e il PD, che tenta di non affogare nelle sue contraddizioni, stanno sottovalutando un nuovo fenomeno particolarmente preoccupante. Perché dai salotti buoni la realtà si vede diffìcilmente. Da oltre un anno, al 60% delle bambine maghrebine di seconda e terza generazione, viene negata la possibilità dalle proprie famiglie di frequentare la scuola dell’obbligo. Isolate socialmente, preda facile dei cattivi maestri dell’estremismo e delle spire della radicalizzazione. Attenzione, solo le femmine. Che con le loro mamme sono volutamente segregate, estremizzate, escluse dalla vita sociale, economica e culturale del nostro Paese. Di formazione, personale e professionale, nemmeno a parlarne. Un fenomeno che qualcuno in Italia conosce molto bene, perché lo ha declinato in politiche sociali: una parte integrante del progetto politico della fratellanza musulmana.

Souad Sbai, “Libero”.