L’ammutinamento più famoso della storia è senza ombra di dubbio quello del Bounty, grazie all’alone di mistero aleggiato per anni sul destino dei suoi partecipanti, rifugiatisi dopo varie peripezie nella remota e all’epoca disabitata isola di Pitcairn.
Tre famosi film, realizzati su questa storia, hanno contribuito ad accrescerne la fama:
La tragedia del Bounty, del 1935, regia di Frank Lloyd, con Clark Gable tra gli interpreti.
Gli ammutinati del Bounty, del 1962, regia di Lewis Milestone, con Marlon Brando e Tarita Teriipaia.
Il Bounty, del 1984, regia di Roger Donaldson, con Anthony Hopkins, Mel Gibson e Daniel Day-Lewis.
Il Bounty era partito il 23 dicembre 1787 dal Regno Unito, con la missione di raccogliere virgulti dell’albero del pane da piantare nelle Americhe per sfamare gli schiavi con i suoi frutti, un nutrimento completo e a buon mercato.
Arrivarono a Tahiti il 26 ottobre 1788. Dopo poco più di 5 mesi, il 4 aprile 1789 lasciarono l’isola, dove l’equipaggio si era abituato alla vita dolce della Polinesia e faticava a eseguire gli ordini e le restrizioni imposte da Bligh, capo della spedizione, tanto che la sera del 28 aprile 1789, in 18, capeggiati dal luogotenente Fletcher Christian, si ammutinarono. Bligh venne abbandonato in mare, su una scialuppa insieme a 18 membri dell’equipaggio rimasti a lui fedeli.
A Pitcairn, dove si nascosero 9 degli ammutinati accompagnati da 12 donne e 6 polinesiani, imperava la violenza, rimase in vita solo uno degli uomini, polinesiani compresi, che prese il nome di Adams, il primo uomo, e governò donne e bambini con l’aiuto della Bibbia recuperata dal Bounty.
Questa storia, famosa in Inghilterra e nel mondo intero, è particolarmente sentita in Polinesia francese, dove ancora oggi si possono incontrare lontani discendenti degli ammutinati. Vengono realizzate riunioni di queste estese famiglie, nonché convegni e studi sulla loro storia.
Appena si è presentata, non ho perso l’occasione di visitare Pitcairn a bordo di un cargo in partenza da Tahiti, per tener fede alla promessa fatta alla signora Christian di andarla a trovare.

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Qualche notizia sull’arcipelago

Le isole Pitcairn, una delle ultime colonie britanniche al mondo, sono quattro, la principale che dà il nome all’arcipelago, è così chiamata grazie a Robert Pitcairn, il marinaio che il 2 luglio 1767 l’avvistò per primo dalla nave Swallow, al comando di Philip Carteret. Questa nave faceva parte della spedizione di circumnavigazione terrestre dell’inglese Samuel Wallis, ma, perse di vista le altre due imbarcazioni dopo il lungo e difficile passaggio dello stretto di Magellano, aveva continuato seguendo una rotta diversa.
Nessuno sbarcò a Pitcairn, per la forte agitazione dell’oceano.
Le altre isole sono Hendersen, gli atolli Ducie e Oeno, oggi tutte e tre disabitate, ma i polinesiani vissero nell’isola alta di Hendersen e a Pitcairn fino al XV secolo.
L’isola di Pitcairn ha una superficie di 5 km quadrati, la sua capitale è Adamstown, il numero degli abitanti ultimamente oscilla tra 40 e 50. Appartiene dal 1838 al Regno Unito e il suo capo di Stato è il monarca regnante. Quando ho visitato l’isola, tutte le bandiere erano a mezz’asta per la recente scomparsa della regina Elisabetta II.
La religione oggi professata è quella avventista.

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Chiesa avventista a Pitcairn.

Le lingue parlate sono il pitkenrn, un miscuglio di polinesiano arcaico e inglese… un inglese purissimo, tanto che quando il 6 febbraio 1808, la nave americana di passaggio Topaz, capitanata da Folger, si vide affiancare da una canoa polinesiana con a bordo tre ragazzi di carnagione scura, che parlavano con perfetto accento british, grande fu la sorpresa, come annota il capitano sul diario di bordo:

Alle 13 e mezza vidi una terra a sud-ovest…  alle 2 del mattino l’isola era a distanza di 2 leghe a sud… Alle 6 del mattino mandai due barche in esplorazione e a cercare le foche (per il loro grasso, utile da bruciare). Avvicinandomi alla riva vidi fumo a terra e fui molto sorpreso dal fatto che [Pitcairn] fosse rappresentato dal capitano Carteret come privo di abitanti; avvicinandomi ancora di più alla terra, scoprii una barca che remava verso di me con tre uomini a bordo.

La barca era una canoa in stile tahitiano e i “nativi” dalla pelle scura salutarono il capitano in inglese.

“Chi siete?”
“Questa è la nave Topaz degli Stati Uniti d’America. Sono il capitano Mayhew Folger, americano.”
“Siete americano?” “Venite dall’America?” “Dov’è l’America?” “È forse in Irlanda?”
Folger era troppo sorpreso da questi “nativi” che parlavano inglese per rispondere. Chiese invece:
“Voi chi siete?”
“Siamo inglesi.”
“Dove siete nati?”
“Su quell’isola che vedete.”
“Come potete essere inglesi se siete nati su quell’isola?”
“Siamo inglesi perché nostro padre è inglese.”
“Chi è vostro padre?”
“Aleck” (riferendosi ad Alexander Smith il cui vero nome era John Adams, ma che sull’isola era conosciuto come Aleck).
“Chi è Aleck?”
“Non conoscete Aleck?”
“Come posso conoscere Aleck?”
“Bene, forse, conoscete il apitano Bligh del Bounty?”
Folger disse ai giovani della canoa di chiedere ad “Aleck” di salire a bordo. La canoa andò a terra, ma tornò presto senza un passeggero in più. Folger gridò:
“Dov’è Aleck?”
“Aleck non vuole salire a bordo!”

Folger capì subito perché costui non voleva salire a bordo: temeva di essere arrestato e portato in Inghilterra per essere impiccato. Ma i giovani in canoa lo invitarono:
“Sei il benvenuto a terra, signore. Aleck e le donne hanno preparato un pasto per te.”
Folger ricordò quante volte aveva discusso del mistero degli ammutinati scomparsi del Bounty e decise di scendere a terra.

Scesi a terra e vi trovai un inglese di nome Alexander Smith, l’unica persona rimasta dei nove scampati a bordo della nave Bounty di Bligh, al comando dell’ammutinato Christian. Smith mi informò che dopo aver messo il capitano Bligh nella scialuppa mandata alla deriva, il loro comandante, Christian, si recò a Otaheiti, dove tutti gli ammutinati scelsero di fermarsi tranne Christian, egli stesso e altri sette; presero tutti moglie a Otaheiti e sei uomini come servitori e si diressero verso l’isola di Pitcairn dove sbarcarono tutti i loro beni, avvicinarono la nave Bounty il più possibile a terra e la distrussero, questo ebbe luogo nel 1790 se ben ricorda. Subito dopo uno di loro impazzì e si annegò, un altro morì per la febbre, e dopo essere rimasti circa quattro anni sull’isola i loro servi si sollevarono e uccisero sei di loro, lasciando in vita solo Smith disperatamente ferito al collo da un colpo di pistola, ma lui e le vedove dei defunti regirono e uccisero tutti i servi, così Smith rimase l’unico uomo sopravvissuto sull’isola con otto o nove donne e diversi bambini piccoli…
Si mise immediatamente al lavoro per dissodare il terreno in modo da produrre in abbondanza per tutti e oggi vive agiamente come capo dell’isola di Pitcairn. Tutti i figli degli ammutinati defunti parlano un inglese tollerabile, alcuni di loro sono già uomini e donne adulti, e per render loro giustizia, li ritengo un popolo molto umano e ospitale, e qualunque cosa possano essere stati gli errori o i crimini di Smith l’ammutinato in tempi passati, attualmente secondo me è un uomo degno e può essere utile ai navigatori che attraversano questo immenso oceano, come la storia di Christian e dei suoi seguaci.

Al passaggio del Topaz nel 1808, la popolazione dell’isola era di 46 persone: Adams, 7 donne originarie di Tahiti e 38 nati sull’isola.

Cenni storici

Il Bounty era partito il 23 dicembre 1787 dal Regno Unito. Per tutto il mese di aprile 1788, i marinai tentarono inutilmente di doppiare Capo Horn; abbandonato questo tentativo, in maggio 1788 fecero rotta per il Capo di Buona Speranza, dove arrivarono il 25 maggio 1788 e vi si fermarono per poco più di un mese; il 1º luglio 1788 salparono per Tahiti dove arrivarono il 26 ottobre 1788. Dopo poco più di 5 mesi, il 4 aprile 1789 lasciarono Tahiti, il 28 aprile 1789 ebbe luogo il famoso ammutinamento.
Nel 1829 il commerciante Moerenhout approdò per la prima volta a Pitcairn in cerca di sommozzatori per la raccolta di perle. Nel suo Voyage aux îles du Grand Océan descrive la vita e la storia dell’isola e dei suoi abitanti, come gli era stata racconta dai figli di Adams e dallo stesso Adams. Moerenhout, dal quale ho estratto in maggior parte le informazioni su Pitcairn, è osservatore imparziale della realtà: il suo interessante diario è la fotografia dei luoghi che visita, non deformati come spesso accade nei diari dei missionari.

Gli interessi di questo commercio mi hanno dato occasione di visitare, di persona, un grande numero di queste isole; di stabilire e intrattenere relazioni continue su quasi tutti i punti dell’Oceania, da Pitcairn e Gambier fino alle Fidji e dalla Nuova Zelanda fino alle Sandwich (Hawai’i).
[…] mi sono necessariamente trovato al corrente di tutto ciò che concerne queste stesse isole e i popoli che le abitano.
[…] ho costantemente frequentato i loro abitanti; e spesso, sia per necessità, sia per il loro essere gradevoli, ho vissuto come loro, mangiando alla loro tavola, bevendo nelle loro coppe e dormendo sotto il loro tetto. Mi sono quindi visto, in qualche sorta, di forza o involontariamente, iniziato ai segreti della loro vita. Non avendo più da nascondersi da me, si mostravano ai miei occhi tali come erano. I loro costumi, le loro virtù e i loro vizi mi sono diventati ugualmente familiari; e non solamente ho potuto, meglio di altri, capire tutte le sfumature dei loro caratteri e delle loro usanze, ma ancora gli intimi legami con la maggior parte dei loro principali capi, mi hanno messo alla portata di raccogliere le nozioni le più precise e le più interessanti sulle loro religioni, il loro governo, la loro storia.

Dal racconto fatto da Adams a Moerenhout, pare che Christian avesse costruito una rudimentale zattera per abbandonare il Bounty, ma che l’equipaggio si fosse riunito intorno a lui, suggerendogli, in particolare il marinaio Martin, l’idea di impadronirsi della nave.
Così, il 28 aprile 1789, Bligh, il suo secondo, il botanico e 15 uomini dell’equipaggio, furono fatti salire su una scialuppa (la piccola imbarcazione non ne poteva contenere di più) in prossimità dell’isola di Tofua, oggi nel Regno di Tonga, lasciandoli andare alla deriva. Miracolosamente Bligh, grande navigatore, riuscì ad arrivare fino a Timor dopo 43 giorni in balia dell’oceano, con sofferenze inaudite, esposti al pericolo, perdendo solo un uomo ucciso dagli indigeni mentre era a terra a cercare acqua.
Bligh era già stato a Tahiti nella spedizione di Wallis, il primo navigatore approdatovi nel 1767. Durante la sua carriera, subì tre ammutinamenti. Sul Bounty aveva le funzioni di capitano, ma il suo grado era luogotenente ed era responsabile delle provviste; questi due aspetti, oltre alla sua rigidità, gli resero difficile l’obbedienza dei sottoposti. Non aveva uomini armati a bordo, contrariamente ad altre spedizioni dove le navi venivano protette dai pericoli di aggressioni esterne e interne.
Il racconto continua con l’arrivo del Bounty a Tubuai (arcipelago delle Australi), isola adatta alla nuova vita nonostante l’ostilità degli indigeni; ma la mancanza delle donne si faceva sentire, così rispiegarono le vele verso Tahiti da dove ripartirono con una moglie per ogni ammutinato, nove in tutto, sei servitori polinesiani dei quali due avevano la propria compagna, e una donna quale amante degli altri quattro. Non erano riusciti a trovare abbastanza polinesiane disponibili.
Gli ammutinati avevano usato l’espediente delle navi a caccia di schiavi: invitavano a un festino a bordo uomini e donne polinesiani, per mollare gli ormeggi non appena questi erano ubriachi. Dopo che erano state sbarcate nella vicina Mo’orea due donne, troppo anziane per essere “utili”, una delle rapite si era gettata in mare a un miglio dalla costa per ritornare a casa a nuoto.
Oltre ai fedeli a Bligh, che non erano potuti salire sulla scialuppa sovraccarica, alcuni degli ammutinati scelsero di rimanere a Tahiti. Tra questi Churchill, che divenne amico del terribile Vehiatua, e alla sua morte prese il posto del vecchio capo, diventando re di Tahiti Iti. Thomson, un’altro degli ammutinati, uccise Churchill per gelosia e venne a sua volta ucciso dalla popolazione della penisola.
Il Bounty partì navigando in direzione delle Marchesi. Christian ebbe l’idea di raggiungere Pitcairn: disabitata, lontana da tutte le rotte e indicata sulle carte nautiche con coordinate errate, si presentava come un buon nascondiglio, tanto che il gruppo riuscì a viverci per 20 anni dimenticato dal mondo.
Dopo un lungo vagare alla cieca, finalmente il 15 gennaio 1790 avvistarono l’isola, il cui nome autoctono era Eirangi, grande cielo, ma anche Hiti-Au-Revareva, piccoli alberi che sventolano.
Quando ci arrivarono scoprirono le vestigia di un antico insediamento polinesiano, sicché in un primo tempo poterono vivere dei frutti degli alberi piantati in passato.
Per evitare di essere scorti da lontano, bruciarono il Bounty, pur perdendo parecchi oggetti utili.
Divisero la terra in 9 parti, considerando solo i bianchi: i sei polinesiani avevano il ruolo di servitori. I rapporti tra le due etnie erano tesi: un primo complotto da parte dei polinesiani fu sventato, grazie alla compagna di Fletcher che sentì le donne cantare, mentre battevano la tapa:
“Perché l’uomo nero affila l’ascia? Per uccidere i bianchi”.
Nel 1793 la proporzione era di una donna ogni quattro polinesiani, il che portò a litigi spesso fatali, tanto che cinque ammutinati vennero uccisi dai “neri”.
Quando Quintal perse la moglie, forzarono una delle donne dei polinesiani ad andare a vivere con lui, scatenando l’ira degli uomini di Tahiti che, nel settembre 1793, uccisero Christian e quattro degli altri ammutinati mentre stavano lavorando nei campi, e ferirono Adams al collo con un colpo di pistola. Soddisfatti della vendetta, permisero a Adams e Young di tornare al villaggio, mentre Quintal e Mc Coy rimasero nascosti nei boschi, continuando a battersi contro i polinesiani per le donne. Queste reagirono con violenza: insieme agli europei tesero un’imboscata ai polinesiani e riuscirono a steminarli.
Restavano sull’isola quattro ammutinati e quattro polinesiani, ma Manarii (polinesiano) uccise Teimua (polinesiano), i violenti McCoy e Quintal (ammutinati) uccisero Manarii; Teraura (polinesiana) uccise Titahiti (polinesiano); Young (ammutinato) uccise Naiu (polinesiano).
Le donne si rifiutano di raccogliere i resti degli uccisi. Dopo parecchi anni le loro ossa saranno sepolte in una fossa comune sotto quella che oggi è la piazza principale.
Il 20 settembre 1793 viene ricordato come il Giorno del Massacro.
A fine 1793 restavano sull’isola quattro ammutinati: Adams, Young, i violenti
McCoy e Quintal, oltre a dieci donne: la già piccola comunità iniziale, era decimata.
Le donne dell’isola, niente affatto contente del trattamento loro riservato, rude e manesco, cercarono di abbandonare l’isola su una zattera da loro costruita, che si distrusse appena raggiunto il mare aperto. Costruirono allora un fortino a Aute Valley, dove potevano rifugiarsi quando gli episodi di violenza aumentavano, in una sorta di zona franca. 
Verso il 1798, sotto l’influsso della bevanda stupefacente che ricavava dalle radici del ti (Cordyline australis), Mc Coy precipitò dalla scogliera, uccidendosi.
Poco tempo dopo, Quintal perdeva la sua seconda moglie e ne pretendeva una dagli altri due ammutinati con modi violenti, tanto che Adams e Young, sentendosi minacciati, lo uccisero a colpi di ascia.
Young morì di crisi d’asma il giorno di Natale del 1800.
Dopo l’approdo nel 1808 del Topaz, che “riscoprì” l’isola e i suoi abitanti, soltanto nel 1814 la nave militare Briton, capitanata da sir Staines, ebbe contatti con la gente di Pitcairn.
Le navi di passaggio non erano assolutamente frequenti.
Il 10 dicembre 1823 toccò a una baleniera inglese, la Cyrus, visitare Pitcairn. John Adams, cominciando a sentire gli acciacchi dell’età, chiese al capitano se a bordo ci fosse qualcuno disposto a rimanere per aiutarlo nell’arduo compito di istruire i ragazzi. John Buffett, un giovane di 26 anni, si fece avanti come volontario. Non essendo vincolato da legami familiari, considerò “non un gran sacrificio rimanere”. Buffett, nella prima giovinezza, era stato apprendista presso un ebanista a Bristol.
Insieme a John Buffett, lupo di mare temprato dall’avventura ma studioso mite e pacato, sbarcò a Pitcairn anche il suo amico John Evans, che non era stato invitato a restare ma abbandonò la nave.
Questi due uomini introdussero nell’isola il primo (e pressoché l’ultimo) “sangue” non Bounty e non polinesiano.
Dopo nove settimane appena dal suo arrivo, Buffett sposò Dolly Young, figlia dell’ammutinato Edward Young e di Mauatua (già compagna di Fletcher Christian), che il 13 gennaio 1825 diede alla luce un figlio dalla pelle chiara. Evans scelse la figlia di Adams, Rachel e nello stesso anno presentò al vecchio John una nipote.
Erano giorni felici per Pitcairn.
Buffet scrisse molte memorie di Pitcairn dopo la morte di Adams (che mentre era in vita aveva i pieni diritti di tutto ciò che veniva scritto sull’isola e sui suoi abitanti) ed è considerato una fonte affidabile.
Dal 1823 al 1828, il giovane insegnante Buffet, con il suo approccio pratico e disinvolto alla vita, assunse un ruolo sempre più importante nella guida dell’isola. Poiché Adams peggiorava in salute, divenne anche il capo religioso.
Nel 1825 Buffet viene elogiato dal capitano Beechey, di passaggio sulla nave da guerra Blossom, anche se, pur essendo sposato con Dolly, aveva sedotto una delle ragazze affidategli per l’istruzione. Questa si sarebbe dovuta sposare con un discendente di Young, che non la volle più, facendo sprofondare la giovane in una profonda depressione.
Adams, preoccupato per la sua piccola comunità, chiese a Beechey di trasportare gli abitanti di Pitcairn in un’isola più grande: nel 1825 la comunità era di 66 persone e la produzione agricola iniziava a diventare insufficiente.
I problemi aumentarono quando, il 5 novembre 1828, due figure poco chiare, l’americano Noah Bunker e George Hunn Nobbs, arrivano sull’isola a bordo di una piccola imbarcazione. Bunker era gravemente malato, tanto che morì dopo qualche mese di atroci sofferenze, lasciando la sua eredità parte agli abitanti dell’isola, parte a Quintal che lo aveva curato fino alla fine. Nella parte di Quintal era compresa metà della piccola imbarcazione in legno con la quale i due erano arrivati a Pitcairn, ma Nobbs ne reclamava l’altra metà (le sue preziose e rare tavole di legno potevano servire a costruire case). L’isola si divise in due schieramenti, cercando di destinare la parte di Nobbs a Buffet, alimentando la rivalità già presente tra i due uomini.

Guai in vista

Pochi giorni dopo la partenza di Moerenhout e degli uomini da lui scelti per pescare le perle, avvenuta il 20 gennaio 1829, una baleniera di passaggio aveva portato una specie di epidemia sull’isola. Il capitano, ben sapendo che la malattia era contagiosa, visto che tutto il suo equipaggio si era ammalato, aveva inviato a terra quattro dei suoi uomini che gli isolani avevano accolto e curato. Dal giorno seguente la malattia era divampata sull’isola: febbre alta, emicrania così forte da portare al delirio, tutti vennero contagiati eccetto qualche bambino, ma fino a quel momento nessuno ne era ancora morto.
Al loro ritorno, il 25 marzo 1929, Moerenhout e i suoi trovarono l’isola in preda a grande tristezza perché Adams, il loro patriarca, era morente e Bunker era morto.
Conscio di essere vicino alla fine, Bunker veniva controllato giorno e notte poiché aveva già tentato di togliersi la vita gettandosi dalle falesie, riportando numerose fratture. Alla fine riuscì nel suo scopo bevendo un’intera boccetta di laudano, lasciatagli dal capitano di una baleniera.
Moerenhout visitò Adams morente, che lo ringraziò per aver mantenuto la parola e aver riportato i suoi figli a Pitcairn, con i quali altrimenti non avrebbe potuto congedarsi.
Dopo la morte di Adams, circondato dai suoi cari, a inizio aprile 1829, Ed Young, soprannominato Tati, divenne grazie al suo carattere sensato il capo naturale della giovane comunità, riuscendo in poco tempo ad appianare tutte le difficoltà e a riconciliare, almeno in apparenza, Buffet e Nobbs.

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Tomba di Adams.

Nel periodo dal 1829 al 1832 vi fu una crescente divisione tra i seguaci dell’impudente e sempre più devoto Nobbs e il pratico e volitivo Buffett. Quando Nobbs formò una scuola “alternativa” che attirò molti dei suoi allievi, Buffett smise di insegnare disgustato.
La tranquillità non durò che un attimo: il 7 marzo 1831 arrivò a Pitcairn il battello per portare tutti a Tahiti. Consci della richiesta di Adams a Beechey del 1825, gli abitanti dell’isola avevano da tempo scritto in Inghilterra per evitare di essere strappati dai loro focolari, ma la lettera non era mai stata ricevuta e, di fronte all’imbarcazione venuta a prenderli, non osarono rifiutarsi. Chiesero solo di poter essere riportati a Pitcairn se non si fossero trovati bene nella nuova isola.
Arrivarono il 24 marzo 1831 a Tahiti. La regina Pomare IV accordò loro delle terre, trattandoli con riguardo, ma essi si trovarono a vivere in un ambiente immorale e corrotto al quale non erano preparati. Scoraggiati, vennero colti da una profonda nostalgia, che ne uccise parecchi: il primo a morire fu il figlio di Fletcher.
I primi dodici rientrarono a Pitcairn su una goletta dello stesso Moerenhout, e due di essi morirono poco dopo il rientro in patria. Gli altri lasciano Tahiti il 14 agosto, dopo aver perso 12 persone del gruppo, su una nave da guerra il cui capitano era l’americano William Driver, pagata parte con i beni della gente di Pitcairn, parte con il contributo di quattro missionari, Pritchard, Simson, Wilson e Nott, e di altri residenti bianchi di Tahiti.
La permanenza di appena 6 mesi a Tahiti aveva avuto conseguenze disastrose: non c’era una persona dell’isola che non piangesse un membro della propria famiglia. Il colpo fatale avvenne il 6 novembre 1831; a soli 35 anni, morì il loro capo riconosciuto, Ed Young.
Un altro avventuriero sbarcò a Tahiti nell’ottobre 1831: Joshua Hill, di 59 anni, che pretendeva di essere stato inviato con la missione di trasferire la gente di Pitcairn su un’altra isola. Abitò in un primo momento insieme a Nobbs, cercò di sostituire la dolce religione insegnata da Adams con una intollerante, rigida e crudele. Fece costruire una prigione sull’isola, montò gli abitanti contro i tre bianchi che lo avevano preceduto, fino a farli espellere.
L’arrivo di Joshua Hill segnò l’inizio di un periodo molto difficile nella vita di Buffett, Evans e Nobbs. Rendendosi conto che questi tre sarebbero stati i più minacciosi per i suoi piani e le sue convinzioni, Hill riservò loro umiliazioni e punizioni speciali.
La figura di Hill ispirò Mark Twain per il racconto La Grande Rivoluzione a Pitcairn.
Dei tre, Buffett, volitivo, era considerato la minaccia più imminente. Hill, venendo a conoscenza dell’incidente avvenuto 5 o 6 anni prima in cui Buffett aveva commesso un torto contro la gente di Pitcairn (la ragazza sedotta), obbligò Buffett a subire una severa punizione, come descrive lo stesso:

Dopo che il signor Hill mi ha picchiato sulla testa, spezzandola in due punti, e similmente il mio dito, fui sospeso per le mani nella chiesa, e fustigato finché non potei tornare a casa a piedi. Dopo questo trattamento sono stato confinato nel mio letto per due settimane e sono passate diverse settimane prima che potessi lavorare o usare la mano.

I maltrattamenti che subirono i tre raggiunsero il culmine quando furono costretti a lasciare l’isola nel marzo del 1834, a bordo del Tuscan, e furono portati a Tahiti. Successivamente le famiglie li raggiunsero, ma non poterono tornare a Pitcairn che dopo la partenza forzata di Hill nel 1837.
Una volta cacciato Hill da Pitcairn, sembra che Buffett sia tornato a insegnare e a impartire le sue nozioni di falegnameria ai suoi studenti, lasciando i compiti pastorali a Nobbs, e che tra i due prevalesse una cauta tregua.
L’introduzione della lavorazione del legno da parte di Buffett nel programma portò diversi ex alunni, disinteressati allo studio, ad apprendere le abilità manuali. All’inizio del 1848 Buffett lasciò l’isola per un viaggio di “impresa commerciale”. Trascorse la maggior parte del periodo alle Hawaii; ritornò a Pitcairn il 10 luglio 1849 con grande gioia.
Nell’aprile del 1856 Buffett andò a Norfolk con il resto della popolazione. Tornato a Pitcairn, nel luglio del 1872, decise di tornare a Norfolk come ministro per le persone di laggiù “che avevano bisogno di lui”.
Buffett emerge dagli archivi come una personalità curiosamente attraente, un uomo il cui desiderio di virtù ha superato le sue capacità. Nonostante i suoi difetti, era estremamente popolare per la sua mancanza di aggressività, la sua buona natura e la sua disponibilità a condividere con tutti l’abilità nella lavorazione del legno, ancora oggi alla base dei principali manufatti di Pitcairn.
Nel 1850 la popolazione era di 156 abitanti e cresceva rapidamente. In Inghilterra e nel Pacifico si discuteva della loro emigrazione, si temeva che la terra a Pitcairn sarebbe presto diventata insufficiente, mentre i pesci avevano abbandonato le acque costiere dopo le frane causate dalla grande tempesta del 1845.
Il ricordo della brutta esperienze di Tahiti era sempre presente, per questo gli isolani insistevano che, se costretti a emigrare, sarebbero dovuti andare in un’isola disabitata. Esaminate diverse possibilità, la maggior parte della comunità decise di trasferirsi, con l’aiuto del governo britannico, nell’isola di Norfolk. Era più grande di Pitcairn e disabitata, ma per 60 anni aveva ospitato i forzati che avevano coltivato centinaia di acri. L’isola aveva strade e case e vi si trovavano animali domestici.
Nel 1856 tutti i 193 abitanti di Pitcairn si imbarcarono sulla nave Morayshire. Durante il viaggio nacque Reuben Denison Christian, figlio di Isaac e Miriam Christian, portando la popolazione a 194. Questa avrebbe potuto essere la fine della storia dell’isola di Pitcairn, ma nonostante i vantaggi della nuova vita a Norfolk, molti non vedevano l’ora di tornare a casa.
In questo periodo, indipendentemente da chi fosse stato eletto magistrato, il leader della comunità era George Nobbs, ordinato sacerdote della Chiesa d’Inghilterra nel 1852, che visse a Norfolk fino al 1884. Nei vent’anni di disinteressato servizio come mentore spirituale e maestro secolare, aveva conquistato l’affetto e la fiducia nella sua patria adottiva. Se si fosse opposto alla migrazione a Norfolk, ci si sarebbero recati in pochi; le sue argomentazioni contro il ritorno a Pitcairn vinsero la nostalgia.
Verso la fine del 1858, l’opportunità di tornare si presentò quando la nave Mary Ann, in rotta verso Tahiti, offrì il passaggio e 16 degli isolani guidati da Moses e Mayhew Young si imbarcarono. Le spese del viaggio furono pagate con i fondi comunali, su votazione di chi rimase a Norfolk.
Al ritorno a Pitcairn, essi trovarono alcune delle loro case danneggiate dagli atti vandalici di naufraghi approdati sull’isola. Si scoprì che provenivano dalla Wild Wave, nave incagliatasi sulla barriera corallina a Oeno. I giardini erano coperti di erbacce, i bovini e gli altri animali domestici allo stato brado e mancava la lapide di John Adams. Arrivarono in tempo per impedire alla Francia di annettere l’isola, che si pensava abbandonata.
La lapide originale di John Adams si trova al National Maritime Museum di Greenwich, in Inghilterra.
Nel 1864, un secondo gruppo dell’isola di Norfolk tornò a Pitcairn sulla nave St. Kilda. Erano 4 famiglie insieme alle quali c’era Samuel Warren, di Rhode Island in America che, poco prima della loro partenza da Norfolk, aveva sposato Agnes Christian, figlia di Giovedì Ottobre II e Mary (Polly) Christian. Durante il viaggio morì uno dei figli di Giovedì Ottobre II e Mary.
Pitcairn era abitata da 43 persone appartenenti a cinque famiglie: Youngs, Christian, McCoy, Buffett e gli americani Warrens.
Le linee maschili dei McCoy e dei Buffett si estinsero.
Questi coloni sapevano per esperienza passata come utilizzare al meglio le loro risorse, ma erano in una situazione peggiore rispetto a quella degli ammutinati. Non avevano le tele delle vele da trasformare in vestiti, nulla per illuminare le loro case se non candele e meno navi di passaggio da cui ottenere merci. Il periodo della caccia alle balene a quelle latitudini era finito, e rispetto alle 40 navi all’anno che facevano scalo a Pitcairn vent’anni prima, ora ne approdavano solo una dozzina.
La prima imbarcazione che si fermò a Pitcairn era un piroscafo per passeggeri. Gli isolani cominciarono a sfruttare le lezioni di intaglio del legno di Buffett per vendere i loro manufatti al posto del cibo richiesto dalle baleniere. Le loro limitate risorse furono integrate da un susseguirsi di naufragi. La comunità nutriva e vestita i naufraghi i quali, tornati a casa, raccontavano la loro avventura, e la gente inviava ai soccorritori doni in stoviglie, vestiti, farina, libri (arrivò a Pitcairn persino un organo).
I rinnovati passaggi di navi militari fecero rivivere l’interesse degli inglesi per i discendentii degli ammutinati del Bounty. La regina Vittoria inviò un altro organo come dono personale in segno di apprezzamento per le “virtù domestiche” degli isolani; un’azienda di Liverpool cercò di commercializzare la loro produzione di cotone, radici, e noci usate per l’illuminazione.
Come aveva pianificato Nobbs, Simon Young assunse le cariche di pastore e insegnante, e venne reintrodotto il precedente sistema di governo con un magistrato e due consiglieri. Il primo compito della comunità fu la costruzione di una scuola e di una chiesa; ma, tra questo, la riparazione delle case e il reimpianto dei giardini, gran parte dell’isola ridivenne boscaglia.
Nel 1868, alcuni dei coloni dell’isola di Norfolk, tra cui il vecchio John Buffett, che visse fino alla veneranda età di 93 anni, visitarono Pitcairn ed esortarono i loro parenti a ricongiungersi alla loro comunità, adesso più ricca, ma tra i due insediamenti ebbero luogo solo visite saltuarie.
Il nuovo sangue apportò nuovi modi e nuove idee nella piccola società. Uno dei nuovi arrivati si innamorò di una ragazza fidanzata con un Christian. Il comandante della nave Sappho in visita, fu indotto ad approvare una legge che vietava agli estranei di stabilirsi a Pitcairn. La legge fu successivamente modificata, ma solo per consentire l’insediamento di coloro la cui presenza veniva considerata di beneficio per l’isola.
Con il passare degli anni e in assenza di un leader autorevole, aumentarono le segnalazioni di deterioramento sociale. Simon Young, amato e rispettato, e la sua gentile figlia Rosalind, erano troppo umili e tolleranti per imporre la loro volontà, e le fazioni familiari inibivano la coesione.
Ai tempi di John Adams, gli isolani erano fedeli della Chiesa d’Inghilterra, leggevano e studiavano la Bibbia, unico libro disponibile. Trovarono crescente interesse nei testi degli Avventisti del Settimo Giorno, inviati loro dagli Stati Uniti nel 1876. Un decennio dopo, il 18 ottobre 1886, John Tay, missionario avventista, giunse sull’isola e, con voto unanime, gli fu permesso di restare.
Fu registrato nel diario di Mary McCoy nel marzo 1887: “Le forme e le preghiere della Chiesa d’Inghilterra furono messe da parte. Durante la scorsa settimana si sono tenute riunioni per organizzare il nostro servizio in chiesa di sabato”.
Il sabato divenne così il giorno di riposo, come era stato fino al 1814, quando l’omissione di Fletcher Christian di correggere l’ora del fuso orario, venne rettificata.
La conversione fu accolta con grande piacere dagli Avventisti del Settimo Giorno, che che raccolsero fondi in America per una nave missionaria che salpò per Pitcairn nel 1890. Gli isolani vennerono battezzati in una delle pozze rocciose costiere e furono uccisi tutti i maiali per allontanare la tentazione di mangiarne la carne. Gli isolani erano già totalmente astemi, la maggior parte vegetariani, si concedevano giusto qualche spiedino di capra (non vietate dalla disciplina avventista) e pochi fumavano.
I missionari diedero il cambio all’anziano Simon Young nella scuola e, energicamente, introdussero storia, grammatica, cucina e infermieristica. Fondarono un giornale e un asilo nido e aprirono un parco pubblico. Scossi, gli abitanti di Pitcairn cominciarono a mettere in discussione la loro inerzia sociale e, imputandola alla debolezza dei loro capi, chiesero al capitano Rooke della nave Champion, approdato il 3 ottobre 1892, di riorganizzare il loro sistema di governo. Venne introdotto un parlamento eletto di sette persone e le funzioni esecutive e giudiziarie vennero separate. Il codice legale venne rivisto per creare sanzioni, anche per adulterio, percosse alle mogli e crudeltà; venne ripristinato il lavoro di pubblica utilità. Adesso questa società era molto lontana dal semplice ordine dei tempi di Adams!
Nel 1904, il signor R. T. Simons, console britannico a Tahiti, fece la sua prima visita a Pitcairn e trovò il sistema parlamentare ingombrante per la piccola comunità. Reintrodusse l’antica carica di magistrato capo e due consiglieri per prendersi cura degli affari interni ed esterni (marittimi). Tutti gli incarichi divennero elettivi e fu aggiunta la figura di segretario-tesoriere. Venne introdotto il canone annuale per il possesso di armi da fuoco che, fino al 1968, anno in cui furono introdotte le patenti automobilistiche, era l’unica tassa di Pitcairn.
Con alcuni emendamenti, la costituzione e il codice di Simon resistettero alla prova del tempo, fino a quando nel 1940 il signor H. E. Maude, rappresentante dell’alto commissario britannico alle Fiji, li consolidò e li ampliò.
Il ventesimo secolo pose fine alla rivalità europea nel Pacifico e le visite navali diminuirono gradualmente. Fortunatamente il battello missionario e i suoi successori mantennero i contatti con Tahiti e i mercantili ripresero a fare scalo con crescente frequenza fino a quando, nel 1914, l’apertura del Canale di Panama mise Pitcairn sulla rotta per la Nuova Zelanda. Molte navi di linea trasportavano centinaia di passeggeri a caccia di oggettini in questa isola a metà strada della rotta più lunga del mondo: con il passaggio di una nave a settimana, l’isolamento di Pitcairn era finito.
Il modello di vita cambiò, inevitabilmente. Sempre più pitcairners desideravano vedere il mondo, ora possibile per il possesso di denaro e grazie alle navi di passaggio; alcuni si installarono a Wellington e Auckland, per poi trasferirsi in Australia. L’economia di Pitcairn languì fino a quando nel 1940 vennero emessi i francobolli. Solo allora l’isola poté permettersi alcuni servizi pubblici, scontati in altre parti del mondo.
Pitcairn è tornata alla ribalta dei fatti cronaca in seguito al processo del 2004, nel quale sette uomini dell’isola vennero imputati di 55 accuse di reati sessuali contro bambini e giovani. Gli accusati erano un terzo della popolazione maschile dell’isola, compreso Steve Christian, il sindaco. Il 24 ottobre, tutti gli imputati tranne uno vennero giudicati colpevoli di alcune delle accuse.
Altri sei uomini residenti all’estero, tra cui Shawn Christian, che in seguito divenne sindaco di Pitcairn, furono processati con 41 accuse sempre di reati sessuali a Auckland, in Nuova Zelanda, nel 2005.
Il processo è stato più volte osteggiato dai ricorsi dei residenti, che negavano lo status coloniale dell’isola, e con esso l’autorità giudiziaria del Regno Unito. Gli avvocati difensori dei sette uomini accusati affermarono che la sovranità britannica sulle isole era incostituzionale: gli ammutinati del Bounty, da cui discende quasi tutta la popolazione attuale dell’isola (insieme ai polinesiani), avevano rinunciato alla cittadinanza britannica incendiando il Bounty nel 1790. Secondo il difensore pubblico delle Isole Pitcairn, Paul Dacre (nominato nel 2003), gli isolani celebravano questo atto ogni anno, bruciando un’effigie del Bounty in simbolico rifiuto del dominio britannico. La difesa sostenne che il Regno Unito non presentò mai un reclamo formale a Pitcairn e non informò mai ufficialmente gli isolani che la legislazione britannica, come il Sexual Offenses Act 1956, fosse loro applicabile.
Nella sentenza del 18 aprile 2004, la Corte Suprema di Pitcairn (istituita appositamente ai fini del processo, composta da giudici neozelandesi autorizzati dal governo britannico) respinse l’affermazione secondo cui Pitcairn non fosse territorio britannico. La decisione venne confermata nell’agosto 2004 dalla Corte d’Appello di Pitcairn, avallando l’affermazione del vice governatore Matthew Forbes secondo cui Pitcairn era territorio britannico.
La lontananza di Pitcairn aveva protetto la piccola popolazione (47 persone nel 2004) dal controllo esterno. Gli isolani avevano tollerato per molti decenni la promiscuità sessuale, anche con  giovanissimi, perché in linea con i valori dei loro antenati polinesiani.
Nel 1999 una ragazza di 15 anni decise di sporgere denuncia per stupro a Gail Cox, un agente di polizia del Kent, Regno Unito, a Pitcairn per un incarico temporaneo: questo avviò il procedimento penale.
I registri dell’isola confermano che la maggior parte delle ragazze ha dato alla luce il primo figlio in età compresa tra 12 e 15 anni. “Le ragazze erano condizionate ad accettare gli uomini e una volta compiuti i 12 anni erano considerate idonee”, Madri e nonne erano rassegnate, la loro esperienza durante l’infanzia era stata la stessa; faceva parte della vita a Pitcairn.
I verdetti furono emessi il 24 ottobre 2004: vennero condannati tutti gli imputati tranne uno.

Eccomi in visita a Pitcairn

Ma veniamo ai nostri giorni.
Ci racconta la vita nell’isola Lorna, sesta generazione di almeno cinque ammutinati, quarta di un marinaio sbarcato da una baleniera. Vanta tra i suoi antenati Fletcher Christian, del quale porta il cognome. Ha vissuto in Alaska, è ritornata anni fa a Pitcairn, preoccupata per la salute della madre che è ancora in vita e con i suoi 94 anni è la decana dell’isola.

Lorna ci elenca alcuni “fiori all’occhiello” delle Isole di Pitcairn:

  • Dal 2016 Pitcairn è diventata area marina protetta, oggi è la 3a più grande al mondo, avendo perso il primato quando Obama ha esteso le riserve delle Hawaii.
  • Le Isole Pitcairn sono l’unico gruppo di isole designato come International Dark Sky Sanctuary.
  • È in costruzione una base marina che sarà prossimamente aperta agli studiosi. Nel 2012 sono state scoperte numerose varietà di pesci endemiche e molte altre ricerche potranno essere effettuate.

Il 25 aprile viene commemorato lo ANZAC day, acronimo di Australian and New Zealand Army Corps, nell’Isola di Pitcairn, nelle Isole Cook, a Niue e Tonga; è stata festa nazionale in Papua Nuova Guinea e a Samoa. L’armata neozelandese, della quale facevano parte anche uomini di Pitcairn, combattè nel 1915 contro l’armata ottomana nella sanguinosa battaglia di Gallipoli in Italia.

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Bounty Bay.

Visito l’isola in una bella giornata di sole. Sono fortunata, fino a ieri ha piovuto copiosamente, come si può vedere dal fango presente ovunque. Per scendere a terra bisogna saltare su una zattera, cogliendo l’esatto momento in cui questa è allo stesso livello della nave, mentre un rollio spaventoso le fa oscillare entrambe a ritmi diversi… e oggi il mare non è poi così mosso. Pitcairn è un’isola che va meritata, un’isola che richiede sacrifici!
La zattera mi deposita in Bounty Bay, dove è stato dato fuoco alla celebre imbarcazione; per arrivare al villaggio bisogna salire sulla Collina delle Difficoltà, percorrendo una strada, oggi cementata, dalla pendenza molto ripida. Posso immaginare cosa comportasse il trasporto in ispalla delle mercanzie fin su sulla collina…

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La Collina delle Difficoltà.

Si arriva sull’altipiano chiamato The Edge, nel piccolo centro commerciale aperto nel 2020 dal nome polinesiano Pamai dove sono state allestite tante bancarelle con magliette e oggettini in legno, realizzati grazie agli insegnamenti di Buffett, ancora utili alla piccola comunità. Compero due cartoline; in posta mi dicono che saranno prelevate a novembre (siamo a metà settembre) e che se tutto va bene arriveranno in Italia verso Natale. Il supermercato è chiuso durante la mia visita perché vuoto: bisognerà aspettare fino al prossimo novembre per avere nuovi prodotti da comprare. Importante essere autonomi quando si è isolati.
Poco più avanti la chiesa, di religione avventista, la grande piazza principale dove sono stati allestiti i tavoli per il pranzo, e leggermente più in alto un piccolo museo. Continuo il mio giro ammirando la vegetazione lussureggiante dell’isola, osservando i radi edifici dall’aria coloniale.

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La vegetazione lussureggiante di Pitcairn.

Il nuovo edificio scolastico, costruito nel 1999, verrà chiuso il prossimo dicembre per mancanza di allievi. La famiglia svedese Johanssons, con due figli, ha cercato di ambientarsi sull’isola, ma per i ragazzi l’isolamento era troppo duro e sono rimasti a Pitcairn solo sei mesi.
La caverna dove Fletcher Christian andava a meditare mi guarda dall’alto: è sconsigliato arrivarci, essendo grande il rischio di scivolare giù delle falesie, come è accaduto ad alcuni dei famosi abitanti dell’isola.

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La grotta di Fletcher Christian.

Viaggia insieme a me il sindaco dell’isola di Rurutu: cerca una sua antenata poiché corre voce che una giovane donna di Pitcairn fosse approdata sulla sua isola, ma non si hanno notizie certe.
Lo fotografo insieme a Lorna. Sarà un caso che si somiglino?

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Lorna Christian e Frédéric Riveta.

Nel piccolo cimitero vengo attirata da una incisione, che traduco:

Della tristezza e del perdono
Chiedere scusa non ci sminuisce
Non significa che abbiamo smesso di preoccuparci o che non abbiamo più vergogna.
Non ci mette da parte, non ci rende né migliori né peggiori
Avere la responsabilità delle nostre azioni e aver detto che sappiamo di aver ferito
Chiedere scusa non significa essere puniti o biasimati,
Non significa che loro avevano ragione e noi torto
Solo che abbiamo imparato e capito l’errore delle nostre vie.
Solo che abbiamo imparato e comprendiamo l’errore dei nostri percorsi.
Non significa che devi perdonare o che devi in qualche modo rispondere,
Solo che siamo profondamente dispiaciuti di averti causato dolore.
Dire che ci dispiace non vuol dire che dobbiamo dimenticare,
Giusto un’opportunità di lasciare il passato dove giace, dietro di noi non davanti a noi.
Non dice che dovremmo lasciar andare, la nostra tristezza è durata troppo a lungo,
Proprio per questo vi esponiamo il nostro comune dolore per il torto
Dire che ci dispiace non nega la nostra verità
Né dice che siamo intrappolati per sempre nella sua presa,
Solo che anche noi ci liberiamo dal fardello del nostro passato.
Con dolore e scuse torniamo a coloro che non ci sono più,
Al loro spirito, alla loro resilienza con lodi, amore e canti.
Benediciamoli per il loro coraggio e perdoniamo la loro trasgressione.

Siamo i figli del Bounty e siamo ancora in piedi
Ancora forti – infine

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Il cimitero e, sotto, la lapide commemorativa.

Il Bounty e gli ammutinati

Il presidente della Royal Society di Londra, Joseph Banks, aveva organizzato la spedizione del Bounty verso l’isola di Tahiti per trasportare alcune specie dell’albero del pane e portarle nelle piantagioni dei Caraibi. Con la nave comandata da William Bligh partirono 45 uomini: 14 ufficiali, tra i quali il chirurgo di bordo; 2 civili, il botanico con il suo assistente, e 29 marinai. 2 morirono a Tahiti prima dell’ammutinamento: il marinaio James Valentine, sottoposto a continui salassi terapeutici, e il suo carnefice, il chirurgo Thomas Huggan. In 18 salirono sulla scialuppa con Bligh.

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Dei 25 rimasti sul Bounty dopo l’ammutinamento, 16 scelsero di rimanere a Tahiti (dei quali 7 fedeli a Bligh, ma impossibilitati a salire sulla scialuppa stracarica), e soltanto 9 andarono a Pitcairn. 43 uomini in totale.
Oltre a Bligh, solo 12 uomini imbarcati sul Bounty fecero ritorno in Inghilterra, dei quali 2 ripartirono, sempre con Bligh, per la seconda spedizione alla ricerca dell’albero del pane, il velaio Lawrence Lebogue e John Smith, valletto del capitano; 2 morirono a Tahiti; John Norton fu ucciso dagli indigeni a Tofua, nel Regno di Tonga, subito dopo l’ammutinamento; 4 morirono di malattie tropicali poco dopo l’arrivo a Timor, indeboliti dalla lunga navigazione (43 giorni) sulla scialuppa; il macellaio Robert Lamb morì in mare tra Batavia e Cape Town, durante il ritorno in Inghilterra.
Dei 7 trattenuti contro la loro volontà sul Bounty dopo l’ammutinamento, George Stewart morì colpito da una passerella sulla nave Pandora, mentre gli altri furono processati, condannati e graziati.
Dei 18 ammutinati, tra i 9 che restarono a Tahiti, 2 furono uccisi, 3 annegarono durante il naufragio della nave Pandora, l’aiuto cuoco Muspratt fu condannato e graziato, 3 furono condannati e impiccati in Inghilterra.
Un buon tasso di mortalità!

Ed ecco una breve ma eloquente descrizione dei 9 ammutinati che popolarono l’isola dei Pitcairn, dalla lista esposta nel museo dell’isola:

  • Able Seaman Alexander Smith, alias John Adams, 22 anni
    Con molti segni di vaiolo, molto tatuato su corpo, gambe, braccia e piedi, con una cicatrice sul piede destro dove è stato ferito da un’ascia.
  • William Brown, 27 anni
    Presenta una notevole cicatrice su una guancia che gli contrae la palpebra e arriva fino alla gola. Con alcuni tauaggi del maligno.
  • Fletcher Christian, 24 anni
    Presenta una stella tatuata sul pettorale sinistro e sulla schiena. Le sue ginocchia tendono all’esterno, dando alle sue gambe una forma ad arco. È soggetto a sudori violenti e in particolare nelle mani, così da sporcare qualsiasi cosa maneggi.
  • William Mc Coy, 25 anni
    Una cicatrice da pugnale vicino all’ombelico e un’altra sotto il mento. È tatuato.
  • Isaac Martin, 30 anni
    Tatuaggio di una stella sul seno sinistro.
  • John Mills, 40 anni
    Cicatrice all’interno del braccio destro.
  • Matthew Quintal 21 anni
    Molto tatuato sulla schiena e in altri posti su gambe e braccia.
  • John Williams, 25 anni
    Presenta una cicatrice sulla parte posteriore della testa, è originario di Guernsey, parla francese.
  • Edward Joung, 22 anni
    Ha perso molti dei denti anteriori e quelli che rimangono sono marci. Presenta un piccolo neo sul lato sinistro della gola, sul braccio destro un tatuaggio a forma di cuore trafitto con dentro la lettera E, la lettera Y sotto e la data dell’anno 1788 o 1780.

Ciò che salta immediatamente all’occhio è che, come sottolinea Moana’ura Tehei’ura (la figura narrante dello spettacolo del gruppo Toakura), i marinai, ma anche il bell’ufficiale Fletcher Christian, interpretato nel celebre film da Marlon Brando, non avessero un aspetto gradevole, anzi: la loro descrizione è molto più prossima a degli avanzi di galera.
Ed ecco le 12 donne:

  • Mauatua, compagna di Fletcher Christian prima, di Edward Young poi.
  • Faahotu, compagna di John Williams, morta nel 1790 mentre cercava uova nelle falesie.
  • Mareva, compagna di Manarii e Teimua.
  • Puarei, compagna di John Adams, morta nel 1790 mentre cercava uova nelle falesie.
  • Tetuahitea, compagna di William Brown.
  • Teehuteatuaonoa, compagna di John Adams, Isaac Martin.
  • Teio, compagna di William Mc Coy, John Adams (a Tahiti era insieme al lealista Thomas McIntosh).
  • Teraura, compagna di Edward Young, Mattew Quintal, Thursday October.
  • Tevarua, compagna di Mattew Quintal.
  • Tinafanaea, compagna di Titahiti e Oha, John Adams.
  • Toofaiti, compagna di Tararo, John Williams, Edward Young, morì a Tahiti il 9 giugno 1831.
  • Vahineatua, compagna di John Mills, John Adams, Charles Christian.
  • più una bambina, Sarah, la figlia di Teio.

E infine i 6 polinesiani, con relativa isola di provenienza:

  • Titahiti (Tupua’i).
  • Manarii (Tahiti).
  • Teimua (Tahiti).
  • Naiu (Tahiti).
  • Tararo (Ra’iâtea).
  • Oha (Tupua’i).

Fletcher, nostalgico della sua lontana patria, chiamava la sua compagna polinesiana Isabella, nome della fidanzata che aveva lasciato in Inghilterra. Il primo a nascere sull’isola di Pitcairn fu loro figlio a cui diede nome Giovedì Ottobre…
Le donne ebbero un ruolo fondamentale nella sopravvivenza sull’isola: conoscevano le piante medicinali e commestibili (taro in polinesiano, tarla in lingua locale), sapevano intrecciare usando le foglie di pandano (peore in polinesiano, piory in lingua locale), battevano la tapa, il tessuto vegetale, realizzata con l’aute (Broussonetia papyrifera) per confezionare abiti.
Nessuna delle donne volle avere figli dai polinesiani, controllando le nascite grazie a piante e massaggi abortivi.
Nel 1817 per la prima volta una persona lascia l’isola imbarcandosi sulla nave Sultan. Sarà mai stato Fletcher? Sulla sua figura aleggia il mistero. Pare sia stato intravisto un paio di volte a Londra da Peter Heywood, il più giovane membro dell’equipaggio del Bounty, ma che entrambe le volte gli sia sfuggito.
Un’altra prova del suo possibile ritorno in Inghilterra: un cappello di fibre dall’intreccio tipico di Pitcairn spiccava nell’inventario dei beni stilato alla morte di Edward Christian, fratello maggiore di Fletcher. Edward Christian, avvocato, scrisse in difesa del fratello contro la versione di Bligh.
La storia degli ammutinati del Bounty è appassionante: più si scava nei documenti disponibili (per fortuna riesco a leggerli in inglese e francese), più si ha voglia di approfondire… tanto che la mia prossima tappa sarà Norfolk!
Qualche curiosità.
Le prime donne al mondo a votare sono state quelle di Pitcairn, nel 1838, per decidere se far parte o meno del Regno Unito.
Un inglese ha preso il cognome della moglie per conservare la discendenza dagli ammutinati.
Una donna asiatica è sposata a un uomo di Pitcairn, ma vive nascosta sull’isola e non la si vede mai.
Il giorno di Natale vengono offerti piccoli regali, come ananas, ai nuovi abitanti dell’isola.
La sera di Natale i bambini dell’isola appendono dei cesti fuori dalla porta e tutti gli adulti lasciano loro piccoli regali e dolciumi.