Ma i rappresentanti del Movimento Friuli e di Democrazia Proletaria non si danno per vinti

La “questione” friulana è ormai giunta a maturazione. La battaglia politica che il Movimento Friuli ha iniziato 14 anni fa, alla quale si è affiancata quella di associazioni e singoli operatori culturali, è arrivata ad un grado di consapevolezza, nella gente, con la quale bisogna finalmente fare i conti.

In questo quadro, i conservatori siedono sui banchi del Consiglio regionale e nelle segreterie romane e triestine dei partiti italiani. Ne fa fede un episodio, avvenuto nell’aprile di quest’anno, in Consiglio regionale quando, per l’ennesima volta, è stato proibito ad un consigliere regionale (Cavallo, di Democrazia Proletaria), di effettuare il suo intervento in friulano.

Per la verità, sembrava che qualche spiraglio si fosse aperto, dopo che, per diversi anni, i consiglieri regionali del MF avevano condotto le loro battaglie, usando anche il friulano. Le prime volte venivano magari espulsi dall’aula (come era successo al consigliere Schiavi) ma poi, piano piano, il clima era sembrato diventare più tollerante, tantoché l’anno scorso i due consiglieri regionali del Movimento Friuli ed il consigliere demoproletario avevano potuto fare il giuramento di rito anche in friulano. Parimenti si “tollerava” che nei discorsi dei primi due “scappasse” anche qualche affermazione in friulano. Probabilmente si lasciava fare, nella convinzione che si trattasse di un fatto circoscritto al Movimento Friuli.

Del resto, i consiglieri del MF negli enti locali avevano iniziato a parlare in friulano, ed il consigliere provinciale Comini aveva svolto un intervento in friulano poco tempo prima del fatto avvenuto in Consiglio regionale, fermato dal presidente della Provincia solo dopo una “vibrata” protesta del consigliere missino, evidentemente preoccupato per l’italianità della zona friulana.

La goccia che sembra aver fatto traboccare il vaso è stato il tentativo del consigliere demoproletario Cavallo di svolgere il suo intervento in friulano, nel corso della discussione sul programma presentato dalla giunta tripartita (DC, PRI, PSI; a proposito: alla faccia del garantismo socialista!). Il presidente della Assemblea, il comunista Colli, fermava il consigliere Cavallo e non lo lasciava proseguire, nonostante le proteste. La successiva riunione dei capigruppo, alla quale Cavallo non partecipa, non conclude alcunché: in Consiglio regionale è vietato parlare in friulano. Evidentemente, c’è paura. Finché in friulano si esprimevano i rappresentanti del MF, devono aver pensato i partiti in Consiglio, poteva anche andare, ma se la questione si allarga, sono dolori!

Il presidente Colli viene cosi difeso dal capogruppo consiliare: “Finché non viene applicata la Costituzione e lo statuto regionale, non si può esprimersi né in friulano né in sloveno”. E una dichiarazione grave: ma allora, il presidente cosa ci sta a fare?

Intanto – ironia della sorte – dopo le elezioni si dovrebbe discutere, in Consiglio regionale, una proposta di legge presentata dal MF e DP, per la tutela delle lingue slovena, tedesca e friulana della regione; è il testo formulato dall’AIDLCM, che prevede, tra le altre cose, anche il bilinguismo nelle assemblee e negli uffici pubblici. Applicheranno i partiti, questa volta, la costituzione repubblicana e lo statuto regionale?