Nel cantone di Afrin le cose non sembrano andare tutte lisce e tranquille per gli invasori turchi e i loro ascari. Come riportato dall’agenzia di stampa Hawar (ANHA), sabato 15 gennaio un’esplosione (di cui al momento non si conoscono le cause) nel distretto di Jindires ha devastato quello che rappresenta(va) il vero quartier generale delle forze di occupazione. Almeno due esponenti di al-Mu’tasem, una fazione del soidisant Fronte siriano di liberazione, notoriamente sul libro paga di Ankara, hanno perso la vita e numerosi altri risultano feriti, anche gravemente.
Come è noto, dal marzo 2018 Afrin ha subìto e subisce ogni genere di violenza terroristica da parte dei tagliagole jihadisti. Ormai sono ordinaria amministrazione gli arresti arbitrari (solo l’anno scorso circa 600), rapimenti, sequestri a scopo di riscatto, esecuzioni extragiudiziali in stile squadroni della morte, stupri, torture e pulizia etnica. Autentici crimini di guerra e crimini contro l’umanità, a cui vanno aggiunti i disastri ambientali conseguenza dell’occupazione.
Un calvario per la popolazione curda in gran parte costretta all’esodo. Ricordo che al momento dell’invasione turca i curdi costituivano oltre il 90% degli abitanti di Afrin, ma che attualmente sono ridotti sì e no al 35%. Al loro posto migliaia di rifugiati arabi provenienti dalla Turchia.
Inevitabile cogliere le analogie con quanto avviene a Kobane, dove ultimamente gli attacchi militari turchi (bombardamenti, utilizzo di droni…) si sono intensificati. Con particolare cinismo, soprattutto verso mezzogiorno quando bambini e ragazzi escono da scuola. Allo scopo, ovviamente, di spandere ulteriore terrore nella popolazione.
Sia per Afrin che per Kobane, oltre a quelle scontate di Ankara, vanno stigmatizzate le responsabilità di Mosca, Washington, e anche di Damasco, se non altro per la subalternità manifestata di fronte a quella che è comunque un’invasione della Siria. Il sostanziale silenzio, la mancanza di una vera condanna da parte loro, consente alla Turchia di agire impunemente. Fornendole inoltre un efficace modo per distogliere l’attenzione della propria opinione pubblica dai numerosi problemi interni (sociali, economici, politici) e indirizzarne la frustrazione verso un ipotetico “nemico esterno”. I soliti curdi, ovviamente.