Ancora sul campo di Al-Hol

Tra difficoltà facilmente intuibili vista la situazione, l’amministrazione autonoma del Nord e dell’Est della Siria non demorde nel tentativo di realizzare una società inclusiva, tollerante, diremmo addirittura libertaria. Tra i problemi che necessitano perlomeno di contenimento (per quanto auspicabile, al momento una rapida e definitiva soluzione appare problematica), quelli dei campi di Hol e di Roy dove sono state raccolte le famiglie di miliziani e mercenari dell’isis.
In particolare, in collaborazione con alcune ong locali e internazionali, aanes si sta impegnando per la riabilitazione di queste persone, soprattutto per impedire che l’ideologia dell’islamismo radicale trovi terreno fertile tra i bambini e gli adolescenti presenti nei campi: le donne rimaste affiliate all’isis tentano di inculcare questo veleno nei minori sia con lezioni di sharia sia dando false notizie in merito agli interventi di riabilitazione.
Come ha spiegato in un’intervista Xorşîd Qiro, copresidente del campo di Hol, “le associazioni legate all’amministrazione autonoma stanno portando avanti programmi di riabilitazione per i residenti del campo; nel contempo cerchiamo di coinvolgere altre associazioni sia locali sia internazionali. Tutto ciò è di primaria importanza, per quanto richieda uno sforzo immenso”.
Tra le organizzazioni che collaborano a tale progetto va segnalato il consiglio siriano delle donne, che interviene a sostegno delle madri e dei bambini con seminari, formazione professionale e assistenza psicologica.
Attualmente la gestione del “programma di sensibilizzazione e riabilitazione per donne e bambini” del campo di Hol è affidata a Cihan Hemze, presidentessa del consiglio siriano delle donne. Come ha recentemente denunciato, “stiamo ricevendo costantemente minacce di morte e ultimamente è stata incendiata la tenda in cui lavoriamo”. Ugualmente sarebbero oggetto di minacce e aggressioni le donne e i bambini che partecipano ai corsi professionali e ai programmi educativi (minacce provenienti da donne rimaste fedeli a Daesh).
Uno sforzo, quello dell’amministrazione autonoma, che dovrebbe godere di supporto internazionale, soprattutto da parte dei Paesi della coalizione anti isis (spesso latitanti). Se non altro per disinnescare o almeno ridurre al minimo la rinascita delle bande integraliste.