Scusaci, straordinaria donna, per la nostra inettitudine piccina e per la nostra vigliaccheria conclamata. Scusaci, perché nei due metri e mezzo per tre senza finestre in cui consiste la tua sordida cella, sono racchiuse le ragioni di un’intera civiltà, la nostra, è imprigionato il senso del nostro essere cristiani e occidentali. Scusaci, Asia Bibi, non siamo sempre stati così. Siamo stati quelli della battaglia di Poitiers, della vittoria di Lepanto, dell’assedio spezzato di Vienna. Siamo stati i normanni che spazzarono via la dominazione araba della Sicilia e gli eserciti che portarono a termine la Reconquista della Spagna. Abbiamo saputo riconoscere, più volte nel corso della storia, quando veniva posta una minaccia esiziale per il nostro mondo, che con tutto il suo carico di inadeguatezze e tragedie è l’unico in cui sia sorta e prosperata l’idea di libertà, e abbiamo saputo combatterla. Abbiamo persino schiacciato la testa a due serpi allevate nel nostro seno, il nazionalsocialismo e il comunismo.

Sotto silenzio

Ma oggi di tutto questo rimane poco, ed è la nostra pochezza che vediamo riflessa nello specchio quando facciamo il tuo nome. Abbiamo diffuso un pensiero debole, che è sempre un ossimoro, un vocabolario luogocomunista ideale per tirare tardi in quell’happy hour permanente a cui troppo spesso si riduce oggi l’occidente, per il quale, capirai, la vicenda di una bracciante pakistana analfabeta arrestata, stuprata, torturata per il solo fatto di essere cristiana è disturbante, non è chic, rischia di far andare di traverso l’ultima tartina vegana.
Anche in queste ore folli, col governo di Islamabad che sospende il verdetto di assoluzione della Corte Suprema e si mette a fare di una sentenza merce di trattativa coi fondamentalisti islamici (un abominio giuridico e morale che alle nostre latitudini sarebbe impossibile, Asia Bibi, purtroppo hai avuto la disgrazia di nascere altrove), non riusciamo a dire niente. Non si sente una tardofemminista indignata, umo pseudoprogressista addolorato, nessun appello da parte di nessun fabbricatore di banalità presentato in società come scrittore, tace Saviano, tace la Boldrini, ma tacciono anche livelli molto più alti, tace l’Unione Europea, ad esempio, ed è l’ultimo chiodo nella bara di un progetto sequestrato da un pugno di burocrati senz’anima e senza cultura. Taciamo tutti noi, dobbiamo dircelo, proseguiamo tutti seriosi nelle nostre giornate, e non ci accorgiamo del grottesco, parliamo del “ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio” come se l’espressione avesse senso, mentre l’unica cosa che conta sono quei due metri e mezzo per tre in cui sei rinchiusa, perché di fianco a te, nel buio e nella sporcizia, stanno rannicchiate la coscienza e la vergogna dell’Occidente.

Ci siamo arresi

Loro non si fermeranno, hanno ancora qualcosa per cui combattere, qualcosa di perverso e di orribile. “Useremo ogni risorsa per garantire che Asia Bibi venga impiccata”, ha detto Chaudhry Ghulam Mustafa, il sicario che sui nostri giornali chiamiamo “avvocato dei movimenti islamisti”, e già questo dà l’idea della nostra resa semantica, psicologica, etica. Scusaci, Asia Bibi, perché non li combattiamo più, nemmeno quando sterminano i nostri giovani ai concerti rock, nemmeno quando seminano morte nelle strade delle nostre capitali. Scusaci perché, come disse Oriana Fallaci, una donna di lotta e di penna che sarebbe impazzita per il tuo eroismo titanico di contadina, “loro hanno qualche cosa che noi non abbiamo ed è la passione”. Se resteremo indifferenti anche di fronte alla tua caduta, potremmo non recuperarla più.

 

Giovanni Sallusti, “Libero”.