Gli amici dell’osservatorio per l’America Latina “Destaque Internacional” ci comunicano le loro perplessità sugli sviluppi dei rapporti cubano americani:

Mercoledì 17 dicembre 2014, il presidente Obama e il dittatore Raúl Castro hanno annunciato in contemporanea la ripresa delle relazioni diplomatiche e l’apertura di negoziati Cuba Usa per ripristinare relazioni commerciali. L’intesa è stata propiziata dall’intervento di papa Francesco.
Riassumere qui i retroscena, per quanto ultrasemplificati e schematici, può aiutare a capire come si è arrivati a questa situazione.
Il castrismo ha oppresso il popolo cubano con un’interminabile dittatura durata 56 anni. Alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e con il crollo della cortina di ferro, i suoi giorni sembravano contati, in quanto con l’Unione Sovietica stava scomparendo il principale finanziatore del regime comunista all’Avana. Tuttavia il governo venezuelano – prima con Ugo Chavez poi con Maduro – ha in parte sostituito l’appoggio economico sovietico e la dittatura di Castro è riuscita a sopravvivere.
Ora però in Venezuela, tra crisi petrolifere e disastri politici, è in atto un processo di disgregazione. Dopo il crollo dei prezzi del petrolio il regime di Caracas non è più in gradi di sostenere se stesso, figurarsi quello di Castro. Di nuovo il comunismo cubano si è trovato in una situazione disperata: o qualche governo sostituiva il Venezuela, o addio dittatura.
È in questo contesto che una nuova possibilità di salvezza si profila dall’entità più odiata e insultata dai Castro: l’impero americano. La ripresa delle relazioni diplomatiche e commerciali tra i due Paesi potrebbe convogliare fiumi di denaro “imperialista” per consentire al regime di continuare a opprimere il popolo cubano.
Entrambe le parti, poi, possono sostenere che il riavvicinamento è avvenuto con la “benedizione” di Francesco. Ora gli Usa potranno subentrare nel finanziamento al regime con l’appoggio vaticano, fornendo anche quel supporto “morale” che i teologi della liberazione hanno sempre garantito ai carcerieri dell’isola-prigione.
Vale la pena di ricordare che le visite a Cuba dei due papi precedenti, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sono servite in un modo o nell’altro a consolidare il regime, indipendentemente dalle loro intenzioni. L’appello di Wojtyła affinché “Cuba apra al mondo, e il mondo apra a Cuba” ha avuto successo a metà, nel senso che il mondo ha aperto al regime di Cuba ma ha voltato le spalle alla sua popolazione. Un effetto tragico di queste iniziative è la continuazione fino a oggi della dittatura. Ogni anno l’Assemblea Generale dell’Onu condanna l’embargo americano, ma non dice una parola sulla causa, cioè i 56 anni di “embargo” della dittatura comunista contro il suo stesso popolo.
Neppure la visita di Benedetto XVI ha portato qualche frutto: “Piazze affollate, prigioni affollate”, ha twittato la giornalista Yoani Sanchez per l’occasione.
Ora entra in scena la mediazione di Francesco. Viene da chiedersi se questo calumet della pace tra Obama e i fratelli Castro – alimentato da una miscela di incenso vaticano e tabacco habana – serviranno al riscatto del popolo cubano o, per l’ennesima volta, dei suoi tiranni comunisti.