Una delle mete preferite della diaspora basca furono i territori bagnati dal Rio de la Plata: Argentina e Uruguay. In Argentina, approdarono inizialmente nel XVI secolo all’interno del processo generale di colonizzazione del Nuovo Mondo e in particolare dell’America latina, portato avanti dall’impero spagnolo. Ma i flussi si fecero intensi soprattutto nel XIX secolo con una prima tappa tra 1835 e 1853 in cui arrivarono in particolare pastori da Iparralde, seguita da una seconda fase tra 1853 e 1857, allorché molti immigrati si stabilirono nella Pampa. Infine, un’ultima intensa fase dal 1877 al 1914, dopo l’approvazione della legge sull’immigrazione nel Paese. diaspora basca america - primapuntNel corso del XX secolo l’emigrazione basca in Argentina è continuata, tanto che oggi si calcola che circa il 10% della popolazione abbia antenati baschi. La comunità è quindi numerosa e conosciuta in tutto lo Stato, ed è molto diffuso il gioco della pelota, lo sport tradizionale di Euskal Herria. L’eredità culturale basca è testimoniata anche dalla presenza di diversi centri ricreativi legati alla tradizione di Euskal Herria, che ospitano le feste tipiche e in alcuni casi fungono da collegi. Sono molti i toponimi e i cognomi di origine basca nell’area e ogni anno in una località diversa si festeggia la Semana Cultural Vasca de Argentina.
In Uruguay la prima grande ondata immigratoria basca si ebbe nel 1880, ma già a partire dal 1824 molti baschi francesi (da Bayonne, Pasaia e Burdeos), in gran parte disertori dell’esercito francese, raggiunsero il Paese stanziandosi non solo sulle coste ma anche nelle regioni agricole interne, dove praticarono la pastorizia specializzandosi nell’allevamento ovino. In Uruguay i baschi si integrarono nella società locale assai meglio che altrove: anche qui si stima che oltre il 10% della popolazione discenda da baschi.

Baschi e castigliani per una volta uniti

La diaspora basca ha riguardato anche Paesi andini come Cile, Perù e Colombia. L’immigrazione in Cile, molto costante, si può dividere in tre differenti momenti: una prima fase corrispondente alla scoperta, fondazione e successiva colonizzazione chiamata appunto periodo coloniale; una successiva ondata avvenuta nel XVIII secolo; le immigrazioni recenti dei secoli XIX e XX.
Già dal principio, durante la scoperta e la conquista di quella che successivamente diventerà la Repubblica del Cile, si possono trovare tracce della presenza di persone provenienti da Hegoalde: tra le truppe di Diego de Almagro e di Pedro de Valdivia, famosi conquistadores, c’erano nutriti contingenti di soldati provenienti dalle Province Vascongadas e dalla Navarra.
L’immigrazione del XVIII secolo fu di gran lunga superiore in termini numerici, tanto che alla fine del secolo il 27% della popolazione cilena era costituita da baschi (18,1% dalle Province Vascongadas, 8,9% dalla Navarra). In quel periodo il Cile stava vivendo un periodo di pace e di grande sviluppo socio-economico che favorì l’inserimento dei nuovi arrivati.
I baschi erano impegnati per lo più nel settore del commercio, e con il passare degli anni strinsero forti legami con famiglie di origine castigliana che possedevano terre e titoli, dando origine a un nuovo gruppo sociale conosciuto nella storia cilena come aristocracia castellano-vasca. Più in generale la situazione dei baschi in Cile fu particolare rispetto ai connazionali emigrati in altri Stati, in quanto proprio in quest’area, grazie a intraprendenza, attivismo e fortissima abnegazione al lavoro, molti di loro riuscirono a scalare la gerarchia sociale arrivando a ricoprire ruoli importanti. Questa situazione non si è potuta realizzare in tutti i territori d’emigrazione e per comprenderla bisogna prendere in considerazione la peculiare realtà cilena, in un’area relativamente isolata rispetto alle altre zone del Sud America e quindi con caratteristiche economiche e socio-territoriali differenti. Sempre durante il XVIII secolo venne creata la Confraternita di Aranzazu, istituita con fini benefici per aiutare la comunità basca.
L’ultima fase è iniziata nel 1840 con baschi provenienti sia da Hegoalde sia da Iparralde ed è continuata per tutto il XX secolo. I baschi e i loro discendenti sono ancor oggi presenti in Cile in numero consistente: molti occupano posizioni ambite e hanno fatto carriere importanti, soprattutto nell’esercito. L’eredità culturale basca in Cile risulta fortemente presente sul territorio, soprattutto nei toponimi come i nomi di strade o i luoghi geografici: in origine il nome della città di Constituciòn era Nueva Bilbao.

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Centro culturale basco in Cile.

Marinai provetti

Anche in Perù l’emigrazione basca ebbe inizio nel ‘500 grazie alla folta presenza di marinai – per lo più provenienti dalla provincia di Vizcaya – nelle flotte spagnole che partivano alla conquista del Nuovo Mondo, marinai che spesso si distinguevano per la grande perizia nautica. Nei secoli seguenti gli arrivi aumentarono; vennero create vere e proprie società di mutuo soccorso e reciproco aiuto tra gli immigrati baschi, e vennero fondate, come in Cile, confraternite religiose.
L’altro grande afflusso si registrò dopo le guerre carliste e dopo la guerra civile spagnola: nacquero centri di aggregazione nazionale, il più importante dei quali è il Centro Vasco del Perù, fondato a Lima il 10 dicembre del 1950 con lo scopo di canalizzare le risorse e gli aiuti verso tutta la comunità basca immigrata, fornendo supporto economico e morale. Molti di questi “centri baschi” sono stati ufficialmente riconosciuti dal governo della Comunidad Autonoma Vasca, avviando processi di collaborazione e finanziamenti. In queste sedi peruviane vengono celebrate feste tradizionali di Euskal Herria e attività legate alla cultura basca.
Oggi la percentuale di peruviani direttamente o indirettamente discendenti dai baschi si aggira intorno al 18%, una delle percentuali più elevate tra gli Stati che hanno accolto i cittadini di Euskal Herria.

Le tracce etno-antropologiche dei baschi in Antioquia

La presenza basca è molto importante anche in Colombia, soprattutto nella regione di Antioquia, dove si può incontrare la maggiore concentrazione di discendenti baschi nel mondo: attualmente ben 2.800.000 persone – il 40% degli abitanti di questa regione – è di origine basca, mentre nel XIX secolo il 19,5% della popolazione totale colombiana discendeva da baschi.
L’impronta di questo popolo si radica nella tradizione e nella società di Antioquia: le tracce più evidenti si riscontrano nel dialetto regionale, che presenta contaminazioni dall’euskera, nei cognomi e anche nella musica (si suppone che il bambuco1) un ritmo di canti e danze popolari molto diffuso in Colombia, tragga le sue origini dallo zortziko basco. 2)
Ma la testimonianza più importante va ricercata in un elemento immateriale come lo spirito fiero e orgoglioso e la propensione al duro lavoro che accomuna i baschi ai paisas 3) di Antioquia, facendo propendere per una diretta discendenza.
Arturo Escobar, nel suo libro Mitos de Antioquia, sostiene che il gene predominante dell’antioquieno contadino sia quello basco, fattore che spiegherebbe così il grande amore per la terra e il forte spirito regionalista, componenti fondamentali e fondanti della cultura popolare paisa. Un elemento materiale basco che ha sicuramente influenzato i paisas è la casa, infatti si possono trovare numerose abitazioni che ricalcano l’etxea tradizionale basca. Inoltre sono state identificate altre incredibili somiglianze socio-territoriali: entrambe le popolazioni vivono in un ambiente montagnoso e non troppo esteso nel quale hanno sempre lavorato nelle miniere e svolto l’attività della pastorizia, fino a quando hanno iniziato a dedicarsi anche al settore industriale raggiungendo buoni livelli di sviluppo. Più in generale diversi studiosi ritengono che l’eredità culturale basca in Colombia contribuisca a spiegare il buon grado di sviluppo economico raggiunto in diverse aree del Paese, aree coincidenti con una forte presenza basca. Anche in Colombia esistono centri di aggregazione, associazioni e fondazioni riconosciuti dal governo, rivolti allo sviluppo e alla promozione della cultura basca sul territorio e dedicati a svariati àmbiti quali la pittura, la musica e la gastronomia.

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Parata a Reno, Nevada.

In Venezuela

Diversi contingenti baschi parteciparono alla scoperta e alla conquista del Venezuela, territorio ricchissimo di minerali e materie prime (diamanti, oro, rame, ferro, piombo e pietre preziose) ma anche fertile e quindi grande produttore di cacao, caffè, canna da zucchero e tabacco: molti erano soldati o marinai, altri commercianti che si stabilirono nell’area; ma era presente anche un gruppo di missionari baschi che contribuì all’evangelizzazione delle popolazioni locali.
Il ruolo da protagonisti che i baschi recitarono nel commercio venezuelano è testimoniato dall’importante operato della Real Compania Guipuzcoana de Caracas, la compagnia mercantile per azioni più importante del suo tempo (1728-1785) che aveva come obiettivo primario soppiantare gli olandesi e gli inglesi nel primato del commercio di cacao venezuelano, tabacco e pelli.
L’ondata migratoria più intensa fu quella del XX secolo: appoggiata anche dal governo basco in esilio a causa della sconfitta nella guerra civile spagnola, portò a un consolidamento della comunità all’interno del territorio venezuelano. Nel 1948 vennero fondati l’associazione Euzko Gaztedi con l’obiettivo di raggruppare i giovani e promuovere iniziative e attività culturali e sociali; il Centro Vasco de Caracas con lo scopo di mantenere vivi l’eredità e i costumi degli esiliati (ancora oggi è uno dei più importanti del mondo) e nel 1965 Radio Euskadi.

Durango, già Nueva Vizcaya

Il Messico è sicuramente uno degli Stati dove l’emigrazione basca è stata più intensa: i primi gruppi arrivarono durante il periodo coloniale e fondarono la Confraternita de Nuestra Senora de Aranzazù e anche quella gesuita di San Ignacio de Loyola. Alla fine del XIX secolo si registra una nuova ondata di baschi, alcuni dei quali contribuirono alla creazione della Casa del Pueblo Vasco nel 1907. I primi immigrati divennero allevatori o operai nell’industria mineraria, mentre successivamente, nel XX secolo, si impegnarono principalmente in attività terziarie, settore nel quale lavorano per la maggior parte ancor oggi.
L’ultima grande migrazione è riconducibile al periodo della dittatura franchista, durante il quale giunsero in Messico nuovi contingenti di baschi che si concentrarono nelle città di Monterrey e  Saltillo. In quegli anni di scontro tra Stato spagnolo e nazionalismo basco, molti esuli politici si rifugiarono proprio in Messico e alcuni di essi furono addirittura arrestati e incarcerati con l’accusa di simpatizzare per ETA o di aver realizzato atti di indipendentismo fuori dai confini spagnoli.
In terra messicana, dunque, i baschi o i creoli di origine basca sono uno dei gruppi più importanti del Paese: la popolazione discendente viene stimata intorno al 20% circa. Segni tangibili dimostrano la loro presenza culturale sul territorio; per esempio, varie costruzioni coloniali come il Colegio de las Vizcainas, il Palacio de Lecumberrila e la Iglesia de San Ignacio de Loyola; ma l’influenza basca si può ritrovare soprattutto in alcuni toponimi, come Nuevo Santander, Nueva Vizcaya e Durango, o anche in altre città come Patzcuaro, Celaya, Cadereyta, Bernal Villa de Ayala, Arizte Pabellòn de Arteaga, Santa Rosa Jauregui e Echegaray. Infine in molti cognomi: per esempio, in Baja California il cognome basco Aramburuzabala è addirittura uno dei più diffusi dello Stato.

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Festa basca in Messico.

Il caso dello Stato di Durango merita un approfondimento particolare, essendo la zona dove la presenza basca risulta più consistente. La storia culturale della Stato stesso è stata fortemente influenzata da questa colonizzazione. Nel 1563 il capitano vizcaino Francisco de Ibarra fondò la Villa del Guadiana (oggi la città di Durango), e da quel momento numerosi baschi iniziarono ad migrarvi, creando una radicata comunità etnica che diede un’impronta significativa alla realtà socio-culturale dello Stato di Durango. Prima della fondazione di Villa del Guadiana, Francisco de Ibarra aveva esplorato diverse aree del territorio dell’attuale Stato di Durango, assegnandogli il nome di Nueva Vizcaya in onore del Senorio de Vizcaya. La Nueva Vizcaya comprendeva non solo il territorio di Durango, ma anche l’attuale Stato di Chihuahua e parte di quello di Cohauila. I baschi si stanziarono quindi in particolare nel nord del Messico, la maggioranza provenendo dalla Provincia di Vizcaya.
L’euskera si diffuse nello Stato durante le varie fasi della conquista, colonizzazione e successive migrazioni: i baschi immigrati, soprattutto quelli delle famiglie più ricche, erano soliti far sposare le figlie con i cugini o come seconda possibilità con altri baschi, favorendo così l’endogamia nel gruppo etnico; la pratica di questo “costume sociale” diminuì drasticamente nel XIX secolo fino a scomparire del tutto.

La difficile avventura statunitense

Gli Stati Uniti hanno da sempre rappresentato una delle mete privilegiate dai baschi durante tutte le fasi della loro diaspora. Negli USA, essi hanno costruito comunità organizzate e compatte, tessendo fitte reti sociali tra tutti gli immigrati, riuscendo contemporaneamente a integrarsi nella composita e complessa società americana. Ma non è sempre stato così, anzi: in alcuni periodi hanno fatto parecchia fatica a farsi accettare dalle altre componenti maggioritarie, soprattutto dagli anglosassoni.
Dopo le migrazioni di metà Ottocento il numero di cittadini baschi aveva già raggiunto livelli importanti: stanziati principalmente nel West, erano pastori e vivevano nelle pianure. La loro relazione con la società americana non era affatto buona; i proprietari terrieri e gli allevatori di origine anglosassone li consideravano intrusi, e più in generale la pastorizia era un’attività poco apprezzata. I pastori baschi condussero una vita dura e di isolamento, dovendosi confrontare quotidianamente con l’ostilità della popolazione; molti di loro, vista la difficoltà a inserirsi, consideravano l’esperienza statunitense solo come una fase transitoria in cui guadagnare un po’ di denaro per poter poi fare ritorno in Hegoalde o in Iparralde. I pochi che riuscirono ad avere successo salendo la scala sociale comprarono ranch, organizzandosi in attività proprie di allevamento di bovini. Si trattò di pochi casi eccezionali, in cui i protagonisti si arricchivano e tornavano in Euskal Herria solamente per trovar moglie e portarla negli Stati Uniti: li chiamavano dispregiativamente amerikanoak.
In generale, proprio a causa delle numerose difficoltà che dovettero affrontare, i baschi d’America consolidarono la loro unità e cementarono ulteriormente il legame con la patria e con le persone appartenenti allo stesso gruppo etnico in una terra così lontana da Euskal Herria. Essi crearono e organizzarono comunità compatte e radicate sul territorio che rappresentavano un’àncora di salvataggio per tutti gli emigrati, l’unico modo possibile per fare fronte alle difficoltà.
Nei decenni successivi l’immigrazione degli europei negli Stati Uniti aumentò costantemente, e paradossalmente la situazione dei baschi, presenti già da qualche secolo sul territorio, migliorò: i baschi nell’ovest non rappresentarono più una minoranza percepita con fastidio, in ciò sostituiti da alcuni gruppi provenienti da altri Paesi europei. Inoltre i baschi erano comunque inseriti nella rete sociale statunitense da parecchio tempo, e con l’aumento in termini di numeri ma anche di peso e presenza fisica sul territorio delle loro comunità, cominciarono a essere maggiormente tollerati rispetto al passato e iniziarono a integrarsi.

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Tra il 1900 e il 1920, 430.000 baschi emigrarono negli Stati Uniti insediandosi in comunità relazionate le une con le altre come a Jordan Valley, città della Contea di Malheur in Oregon, a Elko e Winnemucca in Nevada, e in diversi centri dell’Idaho. Nei primi decenni del XX secolo aumentarono la loro influenza grazie a varie iniziative imprenditoriali, migliorando nettamente la loro posizione sociale e rappresentando un capitale importante a livello culturale ed economico per il Paese.
All’inizio del XX secolo, la comunità basco-americana cominciò a organizzare eventi e iniziative come la celebrazione di feste tradizionali, garantendosi la possibilità di onorare le proprie origini anche in una terra straniera – e in totale libertà – favorendo il radicamento e la diffusione della propria cultura etnica. Un iter iniziato tra mille ostilità e difficoltà, ma risoltosi al giorno d’oggi in una piena integrazione.

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L’immigrazione diminuì nel 1921 con l’introduzione del National Origins Quota Act, nonché per una grave crisi dell’industria ovina; tuttavia, come negli altri Stati, non cessò del tutto, soprattutto dopo la guerra civile spagnola e durante la dittatura franchista. Malgrado il minor afflusso di pastori da Euskal Herria, è innegabile che i baschi abbiano dato una forte impronta all’economia rurale dell’ovest statunitense tra il XIX e il XX secolo.
Un fatto curioso ma molto significativo avvenne durante la seconda guerra mondiale. Va premesso che i baschi di Euskal Herria collaboravano con gli statunitensi e gli alleati nel creare reti di intelligence in tutta Europa e, attraverso le comunità di emigrati baschi, in America Latina, negli Stati Uniti e in Asia. Alcuni di loro residenti negli USA furono reclutati dall’esercito americano come code talker sul fronte del Pacifico per trasmettere messaggi in euskera, così da non essere decifrati dai giapponesi che non conoscevano la lingua: questo testimonia quanto fossero ormai integrati nella realtà statunitense.

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Lo stemma di Saint-Pierre e Miquelon riporta il vessillo basco.

Attualmente sono ancora un gruppo ben rappresentato negli USA: secondo il censimento del 2000 gli americani di origine basca erano 57.793. Ma più dei numeri, è significativo come la cultura basca sul territorio statunitense sia forse la più forte e radicata tra tutte le comunità analoghe sparse nel mondo. Le varie associazioni sono riunite nella North American Basque Organizations (NABO), creata nel 1973 e organizzatrice di eventi e celebrazione di festività. La più grande comunità si trova a Boise, in Idaho, dove sono presenti circa 20.000 discendenti: qui è stato fondato un museo basco con annesso centro culturale che organizza eventi folklorici e un festival con cadenza annuale.
Un altro appuntamento etnico di rilievo è il National Basque Festival che si svolge a Winnemucca in Nevada, dove si celebrano la danza, la cucina e la cultura basca. Centri con una forte presenza basca sono Stockton, Fresno, Bakersfield, Chino e San Bernardino in California, nonché altre città in particolare negli Stati del Texas e del New Mexico. Tracce dell’emigrazione basca sono presenti in Canada, in particolare sulla bandiera di Saint-Pierre e Miquelon dove è riportata l’Ikurrina; a Panama dove arrivarono numerosi migranti provenienti soprattutto dalla Navarra; e, in misura minore, in Australia e in Sudafrica.
Per quanto riguarda l’Europa, i baschi residenti in Germania, Olanda e Gran Bretagna – emigrati prevalentemente per motivi politici – si attestano sulle 100.000 unità.

Conclusioni

La “diaspora” basca è stato un fenomeno socio-territoriale importante sia da un punto di vista numerico sia politico-culturale, in quanto ha visto una grande quantità di abitanti di Euskal Herria abbandonare la propria terra natia per trasferirsi in altre aree del mondo assai distanti dalla regione d’origine; nuovi territori che sono stati spesso profondamente influenzati dalla cultura dei nuovi arrivati, tanto che il paesaggio culturale e le società di alcuni Stati si possono considerare in parte modificati dalla presenza basca.
L’emigrazione è continuata per tutto il XX secolo, e i baschi sono riusciti a creare comunità solide e compatte, ma contemporaneamente capaci di integrarsi e fondersi nelle nuove realtà. Tuttavia i “baschi d’oltremare” non hanno mai perso la propria identità etnica, il senso delle radici e il fortissimo sentimento di appartenenza e attaccamento alla terra d’origine, con le sue tradizioni culturali. In molti Paesi d’emigrazione, infatti, sono stati creati centri di aggregazione per gli immigrati – ufficialmente riconosciuti dal governo basco con il quale non mancano i contatti e le relazioni – dove si organizzano eventi culturali e celebrazioni di feste tradizionali.
Il nucleo centrale, fondamentale, del mondo basco resta ovviamente la regione di Euskal Herria, ma la sua presenza – al contrario di quanto la maggior parte di noi sia portata a credere – è fortemente radicata anche in altre zone della terra, soprattutto nelle Americhe.

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N O T E

1) Il bambuco è una danza e un genere musicale andino di origine afro-ispanica proprio della tradizione musicale colombiana, tanto da essere considerato “musica nazionale”. È assimilabile alla musica guasca, sempre colombiana, e accompagna spesso cerimonie sociali e religiose. È caratterizzato dalla ripetizione di ritmi sovrapposti realizzati grazie all’utilizzo di tamburi e altri strumenti a percussione.
2) Il zortziko è un ritmo originario di Euskal Herria, utilizzato anche come accompagnamento ritmico per melodie vocali, come nel Gernikako arbola, l’inno non ufficiale dei baschi composto nel 1853 da Josè Marìa Iparraguirre.
3) Il termine paisas si riferisce agli abitanti dei distretti di Antioquia, Caldas, Risaralda, Quindìo e alla parte settentrionale di Tolima e Valle del Cauca. È l’apocope di paisano (o montanero) e identifica chiaramente un preciso sottogruppo culturale e linguistico della Colombia.