La militante antiapartheid Dulcie Septembre venne assassinata a Parigi il 29 marzo 1988, in quanto esponente dell’African National Congress, da una squadra della morte composta presumibilmente da uomini dei servizi segreti sudafricani e da mercenari. Un delitto di Stato rimasto impunito.
Accadrà così anche per il triplice assassinio di tre militanti politiche curde uccise, sempre a Parigi, il 9 gennaio 2013? Dobbiamo aspettarci che non venga fatta luce nemmeno sulla morte di Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez?
Il rischio c’è, visto che l’unico imputato, Omer Guney, è morto improvvisamente il 17 dicembre, a pochi giorni dall’inizio del processo.
Dopo l’assassinio di Dulcie Septembre che stava indagando su un traffico di armi tra Parigi e Pretoria (si parlò anche di materiale nucleare) emerse la possibilità di un ruolo – per lo meno di copertura, di insabbiamento – dei servizi francesi. Forse di una fazione ostile a Mitterand che aveva tolto l’ANC dalla lista delle organizzazioni terroriste.
Un’analogia con il sostegno al popolo curdo espresso da Hollande, che aveva anche incontrato una delle tre donne assassinate? Senza dimenticare che persino la moglie di Mitterand sfuggì fortunosamente a un attentato proprio mentre era impegnata a favore dei curdi con la sua fondazione (France Libertés – Fondation Danielle Mitterand).
Risulta ancora attuale la  lettera aperta (apparsa in Italia su “La Stampa”) che Danielle Mitterand aveva inviato nel 2003 al popolo curdo: “Cari amici curdi, una volta di più gli interessi delle potenze straniere vi pongono al centro dell’attualità internazionale. Potreste spiegarmi che senso ha dato la potenza americana a questa ‘partnership’ con voi? Potreste mostrarmi un solo documento ufficiale in cui un responsabile dell’amministrazione americana si sia impegnato a favore delle vostre richieste e rivendicazioni per uno Stato iracheno democratico e federale? Come sapete gli americani stanno minando nuovamente il vostro Paese e hanno l’intenzione di usare ancora bombe all’uranio impoverito. Mi dite di non potervi opporre alla volontà della superpotenza americana nella guerra che conduce contro l’Iraq, tanto più che sono i vostri ‘protettori’. Ma potete fare affidamento su un Paese, gli Stati Uniti, che vi ha tradito tragicamente due volte, nel 1975 e nel 1991? Al vostro posto, non mi fiderei”.

processo sakine fidan leyla - manif-curdi-parigi

Una morte provvidenziale

L’inizio del processo parigino per la morte di Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez era previsto per il 23 gennaio 2017. In precedenza era stata annunciata la data del 7 dicembre, poi rinviata. Alla luce di quanto è avvenuto, la morte dell’unico imputato, è difficile pensare a una semplice coincidenza.
Omer Guney, il sospettato, era un giovane turco infiltratosi nelle organizzazioni curde e arrestato soltanto il 13 marzo 2013. Ma i compagni delle tre vittime non hanno mai avuto dubbi: il triplice omicidio è stato commissionato dal MIT, il servizio segreto turco. Secondo le organizzazioni curde, negli ultimi tempi sarebbero almeno 25 i militanti politici (libanesi, tunisini, palestinesi e tamil) la cui uccisione in Francia andrebbe considerata come omicidio di Stato. Tutti crimini rimasti irrisolti e quindi impuniti, soprattutto per quanto riguarda i mandanti.
Con queste uccisioni si intendeva ottenere un duplice risultato: intimidire, scoraggiare i militanti e contemporaneamente vanificare ogni tentativo di soluzione politica, ogni processo di pacificazione e di ripristino della democrazia.
Finora soltanto la mobilitazione delle donne e degli uomini curdi – non solo in Francia naturalmente – hanno impedito che il caso delle tre compagne assassinate nel gennaio 2013 venisse archiviato. Ogni anno, in occasione dell’anniversario, decine di migliaia di persone si sono radunate per intere settimane nella capitale francese e davanti alle ambasciate dell’Esagono in tutta Europa chiedendo la soluzione per tutti i casi di omicidi politici perpetrati in Francia, per la condanna effettiva dei colpevoli e soprattutto per l’individuazione dei mandanti.
Va detto che le indagini sul triplice omicidio di rue la Fayette apparivano comunque viziate. Da segnalare un misterioso furto nell’abitazione del giudice competente che si era concluso con la scomparsa del computer con la documentazione relativa al caso. C’era poi stata un tentativo di evasione da parte di Omer Guney, che con ogni probabilità godeva di qualche appoggio esterno. Dagli atti del processo sembra comunque emergere con chiarezza come il presunto colpevole fosse quantomeno in contatto con i servizi segreti turchi (MIT).

processo sakine fidan leyla - omer-guney
Omer Guney è morto il 17 mattina all’ospedale parigino della Pitié-Salpétrière. Descritto come un turco ultranazionalista, si era infiltrato già dal 2011 nelle associazioni curde in Francia.

I misteri della giustizia francese

L’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia (UIKI) aveva lanciato “un appello affinché alle udienze siano presenti osservatrici e osservatori internazionali”. Un appello rivolto a tutti coloro che ritengono irrinunciabili valori come pace, democrazia, giustizia e libertà. Ovviamente, dopo la sospensione del processo, questa iniziativa è stata annullata.
Lo scopo era quello di “portare a Parigi la nostra richiesta di verità e giustizia” facendo in modo che non sia possibile ignorarla. Un monito per gli assassini, per le squadre della morte, per impedire il ripetersi di simili atrocità.
Perché, proseguiva il comunicato di UIKI, “vogliamo assumere la difesa del diritto alla vita di ogni persona contro gli attacchi da parte dello Stato e alziamo la voce per la democrazia, la giustizia e la libertà”.
Riempire l’aula del tribunale, seguire ogni udienza del processo, avrebbe avuto un significato ben preciso: mostrare che Sakine, Fidan e Leyla non sono state dimenticate e che i curdi non perdoneranno questo ennesimo crimine contro il loro popolo.
Come conclusione, riporto integralmente il comunicato dei familiari delle tre militanti curde assassinate:

Dichiarazione congiunta delle famiglie della co-fondatrice del PKK Sakine Cansiz, della componente del KNK Fidan Dogan e della componente del Movimento Giovanile Curdo Leyla Saylemez, assassinate il 9 gennaio 2013 a Parigi.

La notte di venerdì 16 dicembre 2016 siamo stati informati dai nostri avvocati che “secondo l’ultimo rapporto medico sul sospettato Omer Guney, lui era gravemente malato e per questa ragione i suoi avvocati avevano richiesto il suo rilascio e che questa richiesta sarebbe stata esaminata dal tribunale lunedì 19 dicembre 2016”. Come familiari delle assassinate ci siamo incontrati sabato e abbiamo discusso della situazione. Mentre la stavano valutando, abbiamo ricevuto la notizia che il sospettato era morto.
L’indagine seguita al massacro è durata oltre due anni ed è finita nel maggio 2015 con il rinvio a giudizio presentato in tribunale il 9 luglio 2015. Nonostante il completamento dell’indagine a metà del 2015, non è mai stato rivelato quando il caso sarebbe andato in tribunale. Dopo un lungo periodo è stato deciso che la prima udienza si sarebbe svolta presso l’Alta Corte di Parigi il 5 dicembre 2016. Dopodiché, nel giugno 2016, la data è stata modificata al periodo tra il 23 gennaio e il 23 febbraio 2017, senza alcuna ragione per il cambiamento. Fino a questo punto si potrebbe incolpare di tutto ciò la lentezza della giustizia francese.
Tuttavia, alla luce di quanto sopra e di quello che abbiamo vissuto, noi famiglie delle tre donne assassinate vorremmo chiedere quanto segue.
Nonostante il fatto che i suoi problemi di salute fossero noti dal giorno in cui è stato sottoposto a fermo, malgrado gli esperti avessero sempre sostenuto che “Guney ha problemi di salute”, perché il suo caso non è stato portato in tribunale?
Perché coloro che sapevano dei suoi problemi di salute hanno prolungato l’inchiesta, tanto che – a parte qualche documento ufficiale – nulla è stato aggiunto al fascicolo dopo i primi due anni?
Perché, quando l’indagine è finita a metà del 2015, l’udienza è stata rinviata al gennaio 2017? La data del 5 dicembre è stata posticipata di proposito?
Il fatto – come il fascicolo e il rinvio a giudizio affermano chiaramente – è stato un crimine organizzato dal servizio di intelligence turco (MIT), non dal solo esecutore. Nonostante tutte le informazioni collazionate, perché non sono stati trovati altri sospettati creando invece un fascicolo con un solo imputato?
Come famiglie delle vittime vogliamo risposte a queste domande.
Abbiamo costantemente insistito e chiesto che i poteri dietro questo massacro fossero rivelati. Il popolo curdo e le famiglie delle vittime hanno alzato le loro voci per ottenere “verità e giustizia”, invitando la giustizia francese ad assumersi le sue responsabilità. Abbiamo lanciato i necessari ammonimenti alle maggiori istituzioni politiche onde prevenire l’insabbiamento di questo massacro per interessi politici ed economici.
Abbiamo avvertito innumerevoli volte che il sospettato di omicidio poteva essere eliminato. Abbiamo ripetuto questi ammonimenti in numerose occasioni. Sfortunatamente alla fine abbiamo avuto ragione.
Sembra che questo copione sia stato scritto molto tempo fa e infine messo in scena. Se le udienze avessero avuto luogo, non solo Omer Guney ma anche lo Stato turco, il MIT e il governo turco sarebbero stati condannati. Le autorità francesi sono responsabili dell’attuale situazione.
Come famiglie delle vittime vogliamo seguire questo fascicolo e questo caso. L’esecutore materiale non era solo. Gli altri esecutori devono essere individuati e perseguiti. Solo perché un sospettato è stato eliminato o è morto, lo Stato turco non può sfuggire a un processo.
Desideriamo rendere nota all’opinione pubblica questa situazione e chiediamo il sostegno di tutti coloro che vogliono giustizia.
Rispettosamente,

Metin Cansiz, fratello di Sakine Cansiz
Hasan Dogan, padre di Fidan Dogan
Cumali Saylemez, padre di Leyla Saylemez