Ra’ivavae è conosciuta come motu piscine, isola piscina, per la sua laguna: un piccolo angolo di paradiso dal quale è difficile staccarsi. In particolare a fine anno, quando nell’arcipelago della Società, dove si trovano le isole polinesiane più conosciute, arriva la stagione delle piogge, non resta che visitare le Australi e sostare un buon momento a Ra’ivavae.
Chiedo spiegazioni sul tema proposto dall’isola di Ra’ivavae a Edgar, il ra’atira (conduttore del gruppo): “Noi abbiamo 4 ranghia (dèi) perché un popolo che non ha dio non è un popolo. Va bene il dio della Bibbia, ma ci sono anche i nostri, quelli che esistevano da prima.
Aurani (in polinesiano aurai) è il dio cielo, il suo posto è sopra ogni cosa, da dove sorveglia che tutto vada per il meglio quando si viaggia; Titiri segue e aiuta la realizzazione dei vari progetti; Teaogna parla alla natura; Aranui è il dio che controlla tutto ciò che avviene sull’isola. Di non minore importanza il dio Tane, chiamato anche Maui, nato dai quattro dèi principali e uno dei più venerati”.

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L’isola di Ra’ivavae.

Anticamente gli abitanti di Ra’ivavae vivevano cibandosi di radici, crude poiché non conoscevano il fuoco; nella bella stagione riuscivano a cuocerle sulle le pietre scaldate dal sole, ma quando arrivava il freddo erano un tormento: provocavano un forte prurito e la gente si grattava ovunque. Lo spirito di Maui tornò portando il cocco rohotu dentro al quale c’era lo hai, il fuoco. È importante essere capaci di accendere il fuoco con due pezzi di legno, uno va tenuto un orizzontale mentre gli si strofina velocemente l’altro appuntito. Deve essere legno secco, di un certo tipo. Una volta accesa una piccola fiamma, questa viene messo dentro la noce di cocco seccata per poterla contenere e spostare agilmente.
A Ra’ivavae la popoi viene preparata aggiungendo succo di limone alla pasta, con questo alimento è possibile partire in mare per lunghe navigazioni grazie alle sue proprietà nutritive. Se i navigatori avessero fatto attenzione ai cibi dei polinesiani, molti marinai avrebbero evitato la morte per scorbuto.