“Siamo sull’orlo di una guerra civile.” Non sono le parole di un fanatico o di uno squilibrato, ma è quanto ha dichiarato il capo della DGSI, la direzione generale della sicurezza interna, Patrick Calvar: lo ha affermato davanti ai membri di una commissione d’inchiesta parlamentare sugli attentati terroristici del 2015.
A maggio, egli ha formulato pressappoco lo stesso messaggio davanti a un’altra commissione parlamentare sulla difesa nazionale. “L’Europa è in pericolo”, ha avvertito. L’estremismo è in crescita ovunque, e noi spostiamo preziose risorse per interessarci dell’ultradestra in attesa di uno scontro”.
Che tipo di scontri? “Tra comunità”, egli ha risposto, un’espressione edulcorata per intendere “una guerra contro i musulmani”. E ha aggiunto: “Ancora uno o due attentati e la guerra civile scoppierà”.
A febbraio, nel corso di una riunione davanti a una commissione di intelligence del Senato, il capo della DGSI ha ribadito: “Stiamo sorvegliando anche frange di estremisti di destra che aspettano nuovi attacchi terroristici per impegnarsi in uno scontro violento”.
Nessuno sa se il camion finito ad alta velocità sulla folla che festeggiava il 14 luglio, Giorno della Bastiglia, a Nizza uccidendo più di 80 persone scatenerà una guerra civile francese. Ma sarebbe interessante analizzare l’insieme delle cause che potrebbero innescare una guerra civile in Francia e in altri Paesi come la Germania e la Svezia. La ragione principale è il fallimento dello Stato.

francia guerra civile
Patrick Calvar.

Siamo in guerra, ma il nemico non viene mai nominato

Dal 2015, la Francia è il principale bersaglio di ripetuti attacchi di matrice islamica. Tra le stragi più cruente, l’attentato alla redazione di “Charlie Hebdo” e al supermercato kosher Hyper Cacher di Vincennes (2015); quello al teatro Bataclan, ai bar e ai ristoranti nelle vicinanze e allo Stade de France (2015); l’attentato fallito sul treno Thalys; la decapitazione di Hervé Cornara (2015); l’omicidio di due poliziotti nella loro casa di Magnanville, nel giugno 2016, e ora l’attacco sferrato a Nizza, il giorno in cui si celebrava la Rivoluzione francese del 1789.
La maggior parte di questi attentati sono stati compiuti da musulmani francesi: cittadini di ritorno dalla Siria (i fratelli Kouachi responsabili dell’attentato a “Charlie Hebdo”) o da “francesi” islamisti (Larossi Abballa che ha trucidato una coppia di poliziotti a Magnanville nel giugno 2016) che poi hanno dichiarato la loro fedeltà allo Stato Islamico. Il killer alla guida del camion era tunisino, ma sposato con una francese da cui aveva avuto tre bambini e viveva tranquillamente a Nizza fino a quando non ha deciso di uccidere più di 80 persone, ferendone oltre 200.
Dopo ognuno di questi tragici episodi, il presidente François Hollande ha rifiutato di dare un nome al nemico, ha rifiutato di nominare l’islamismo come il nemico di tutti i cittadini francesi, e soprattutto ha rifiutato di puntare il dito contro i francesi islamisti.
Per Hollande, il nemico è un’astrazione: “terrorismo” o “fanatici”. Anche quando il presidente osa dire che “l’islamismo” è il nemico, egli rifiuta di dichiarare che chiuderà tutte le moschee salafite, metterà al bando tutte le organizzazioni salafite e dei Fratelli Musulmani presenti in Francia o che vieterà alle donne musulmane di indossare il velo in strada e all’università. No, semmai, il presidente Hollande ha ribadito la sua determinazione a lottare contro il terrorismo all’estero: “Noi rafforzeremo ulteriormente l’azione in Iraq e Siria”, ha promesso dopo l’attentato di Nizza.
Per l’attuale inquilino dell’Eliseo, il dispiegamento di soldati su tutto il territorio nazionale ha una motivazione difensiva: si tratta di una politica deterrente e non è volta a riarmare la Repubblica contro un nemico interno.
Di fronte al fallimento delle nostre élites – che sono state elette per guidare il Paese attraverso un mare di pericoli nazionali e internazionali – perché dovremmo mostrarci sorpresi se dei gruppi paramilitari si stanno organizzando per reagire?
Come ha spiegato su “Le Figaro”, il sociologo Mathieu Bock-Côté, docente in Francia e Canada: “Le élites occidentali, con un’ostinazione suicida, continuano a non dare un nome al nemico. Davanti ad attentati come quelli di Bruxelles o Parigi, preferiscono immaginarsi una lotta filosofica tra la democrazie e il terrorismo, tra una società aperta e il fanatismo, tra civiltà e barbarie”.

La guerra civile è già cominciata, ma nessuno osa dirlo

La guerra civile è iniziata sedici anni fa, con la seconda Intifada. Mentre i palestinesi si facevano esplodere in attacchi suicidi a Tel Aviv e Gerusalemme, i musulmani francesi hanno cominciato a terrorizzare gli ebrei che vivevano pacificamente in Francia. Da sedici anni, in Francia gli ebrei vengono uccisi, aggrediti, torturati e accoltellati dai cittadini musulmani francesi, presumibilmente per vendicare i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza.
Se un gruppo di cittadini francesi che sono musulmani dichiara guerra a un altro gruppo di cittadini francesi che sono ebrei, come si dovrebbe chiamare questo? Per l’establishment francese non si tratta di una guerra civile, ma solo di uno spiacevole dissapore tra due comunità “etniche”.
Finora, nessuno ha voluto stabilire un legame tra questi attacchi contro gli ebrei e l’attacco omicida di Nizza contro persone che non erano necessariamente ebree. Nessuno ha osato chiamare queste violenze con il loro vero nome: guerra civile.
Per il politicamente corretto establishment francese, il pericolo di una guerra civile comincerà solo se qualcuno compirà azioni di rappresaglia contro i musulmani francesi o cederà alle loro richieste. Finora nessuno ha osato pensare né dire che gli attacchi terroristici contro gli ebrei da parte dei musulmani francesi; gli attentati ai giornalisti di “Charlie Hebdo” per mano dei musulmani francesi; la decapitazione di imprenditore nel 2015 a opera di un musulmano francese; la tortura a morte di Ilan Halimi, compiuta da un gruppo di musulmani; l’uccisione di bambini davanti a una scuola di Tolosa per mano di un musulmano francese; l’attentato fallito ai passeggeri di un treno Thalys o contro persone innocenti a Nizza da parte di un musulmano francese, sono tutti indizi di una guerra civile. Questi bagni di sangue, fino a oggi, sono stati considerati alla stregua di un tragico dissapore.

Per la classe politica francese, il nemico è rappresentato dai poveri e dagli anziani

In Francia, chi si lamenta maggiormente dell’immigrazione musulmana? Chi più soffre dell’islamizzazione delle comunità musulmane presenti nel Paese? Chi desidera bere un bicchiere di vino o mangiare un panino con prosciutto e burro? I poveri e gli anziani che vivono in prossimità delle comunità musulmane, perché economicamente non sono in grado di trasferirsi altrove.
Di conseguenza, oggi, milioni di poveri e anziani sono pronti a eleggere Marine Le Pen, la leader della destra francese, come presidente della Repubblica, perché il Front National è l’unico partito che intende combattere l’immigrazione illegale.
Questa fetta dell’elettorato francese che vuole votare per il Front National è diventata la nemica dell’attuale classe politica al potere, di destra o di sinistra. Che cosa sta dicendo il Front National a questa gente? “Vogliamo che la Francia torni a essere la nazione del popolo francese”. E i poveri e gli anziani ci credono, perché non hanno altra scelta.
Anche in Gran Bretagna i poveri e gli anziani non hanno avuto altra scelta se non quella di votare per il Brexit. Essi hanno optato per il primo strumento che gli ha permesso di esprimere l’insoddisfazione di vivere in una società che non è più di loro gradimento. Essi non hanno votato per dire: “Uccidete questi musulmani che stanno trasformando il mio Paese, mi stanno rubando il lavoro e si godono le mie tasse”. Si sono limitati a protestare contro una società che una élite globalizzata ha iniziato a trasformare senza il loro consenso.
In Francia, queste élites globali hanno fatto la loro scelta. Hanno deciso che i “cattivi” elettori erano persone irragionevoli, troppo stupide e troppo razziste per apprezzare le bellezze di una società aperta a popolazioni che spesso non vogliono assimilarsi e che pretendono di assimilarvi a loro, minacciandovi di morte se non lo farete. Queste élites hanno deciso di schierarsi contro gli anziani e i poveri perché questa gente non ha più voluto votare per loro. Esse hanno anche scelto di non combattere l’islamismo perché i musulmani votano in massa per questa élite globale. I musulmani d’Europa offrono una grossa “carota” all’élite globale: il voto collettivo.
In Francia, il 93 per cento dei musulmani ha votato per l’attuale presidente François Hollande, nel 2012. In Svezia, il 75 per cento dei musulmani ha votato per i socialdemocratici alle elezioni del 2006; e gli studi mostrano che il blocco “rosso-verde” ha acquisito l’80-90 per cento dei consensi islamici.

Francia guerra civile
Una delle molte illustrazioni satiriche che si vedono sempre più spesso sulle riviste e nei siti web francesi che inneggiano alla resistenza contro il fascismo di stato e il nazislamismo.

Lo scontro finale è inevitabile

Se l’establishment non vuole capire che la guerra civile è già stata dichiarata dai musulmani estremisti; se non vuole rendersi conto che il nemico non è il Front National in Francia, o l’AfD in Germania o i socialdemocratici in Svezia, ma l’islamismo in Francia, Belgio, Gran Bretagna, Svezia, allora una guerra civile è più che probabile.
La Francia, come la Germania e la Svezia, ha un esercito e una polizia abbastanza forti per lottare contro il nemico islamista dall’interno. Ma questa lotta non può essere ingaggiata se non si dà un nome al nemico e non si assumono misure contro di esso. Se ciò non verrà fatto, se i cittadini autoctoni saranno lasciati in preda alla disperazione, senza lasciar loro nessun’altra possibilità se non quella di prendere le armi e compiere azioni di rappresaglia, allora, sì, la guerra civile va considerata inevitabile.

 

(traduzione di Angelita La Spada)