Bill Gates, Mark Zuckerberg ed Elon Musk, i protagonisti della rivoluzione digitale che modellano il destino del nostro pianeta, sognano un mondo di nascite controllate e robot autonomi, dove uomo e macchina si fondono. Ma non si limitano a sognarlo: questo futuro da incubo lo stanno plasmando. Eppure vengono idolatrati e interpellati come oracoli, malgrado i danni causati dalla globalizzazione sregolata che loro stessi hanno voluto.
Se vivessimo dentro un fumetto, questi signori probarebbero dei supercriminali, quel genere di scienziati pazzoidi che progettano la conquista del mondo tramite piani allucinanti e vengono fermati sul più bello dal supereroe di turno. Ma visto che non siamo nei fumetti dove la distinzione fra bene e male resta tutto sommato chiara i guru della rivoluzione digitale vengono considerati degli eroi le cui geniali trovate ci condurranno verso un futuro radioso fatto di pace, gioia e prosperità globale.
Prendiamo Elon Musk, il fondatore di Tesla tanto amato da Matteo Renzi. Si sta da tempo impegnando per portare l’umanità su Marte. E va bene, ogni super ricco ha le sue fissazioni. Ma qui si sta un po’ esagerando. Tra le varie idee balzane elaborate da costui c’è quella di ovviare al problema del traffico nelle strade costruendo tunnel sotterranei. E non si tratta nemmeno di una sparata fatta a qualche festival della tecnologia. No, ci sta pensando davvero, tanto che dal 2013 lavora a Hyperloop, un progetto che prevede la creazione di treni superveloci da far viaggiare dentro tubi probabilmente posizionati sottoterra. Non è mica finita. Perché Musk, qualche giorno fa, è tornato a parlare del suo chiodo fisso, e cioè la fusione fra uomo e macchina. Poiché i robot sono destinati a surclassarci, dice l’imprenditore di origini sudafricane, dobbiamo combatterli sul loro stesso terreno. Come? Semplice, collegando il nostro cervello al computer, in modo da potenziare al massimo la nostra capacità di elaborare informazioni. “Penso che non manchino più di quattro o cinque anni per avere un’interfaccia parziale con il cervello”, ha detto Musk. Il quale, per perseguire il suo obiettivo, ha fondato una startup chiamata Neuralink. Tempo fa, il nostro aveva parlato anche di un “laccio neurale”, che non è una roba simile all’alabarda spaziale di Goldrake, bensì un dispositivo impiantato chirurgicamente nel cervello umano per permettergli di connettersi al pc. Basta leggersi un romanzo di William Gibson o dell’italiano Vittorio Catani per sapere dove si va a finire seguendo sentieri simili. Ma non importa: Elon Musk continua a essere ascoltato, celebrato, idolatrato. È, a tutti gli effetti, uno dei potenti che stanno plasmando il mondo di domani.
Proprio come Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, del cui “libretto rosso” che teorizza un’utopia digitale basata sul controllo totale della popolazione abbiamo ampiamente scritto. Anche di Eric Schmidt, capoccia di Google, abbiamo parlato nelle scorse settimane. La passione per il controllo emerge prepotente pure dai suoi scritti. Ma pure l’amore per la fusione tra uomini e macchine non gli è estraneo. Non a caso, dal 2012 ha assunto uno studioso di un certo rilievo. Si chiama Ray Kurzweil ed è il Director of Engineering di Google.
Ma, soprattutto, è uno dei maggiori teorici mondiali della singolarità, cioè il momento nodale della Storia in cui le intelligenze artificiali diventeranno autonome. Kurzweil ha spiegato in vari libri che l’uomo è destinato a “superare la propria “biologicità”, insomma a farsi integrare dalle macchine. Il caro Ray, sempre descritto come un “visionario”, da anni studia assieme a un robusto team di esperti il cervello umano, onde elaborare un modo per ibridarlo con la tecnologia. Chiaramente, il fatto che in questo modo l’uomo rischi di scomparire non lo preoccupa minimamente. Anzi, sembra proprio che Kurzweil sarebbe felicissimo di liberarsi delle nostre odiose imperfezioni.

guru digitali pazzi - Bill-Gates
Billa Gates.

Infine, c’è Bill Gates, lo stramiliardario creatore di Microsoft. Bill ha appena pubblicato in Italia un libro diffuso anche dal Corriere della Sera intitolato Sono un ottimista globale. E ci mancherebbe pure che fosse pessimista, viste le sue condizioni economiche. Che cosa bisogna fare per vivere meglio, dunque? Punto primo: limitare la crescita demografica dell’Africa. Sì, avete capito bene: il controllo delle nascite nel Continente nero è un chiodo fisso del nostro da anni, e tramite la sua fondazione si batte perché il sogno si trasformi in realtà. Impedendo agli africani di fare figli, spiega Gates, otterremmo tantissimi benefici, tra cui la diminuzione dei flussi migratori. Facile, no? Se non nascono più africani, mica possono venire qui. Poi sarebbe cattivo Salvini…
Bill è molto cauto ma la sensazione, leggendo il suo volumetto, è che i problemi reali dell’umanità non lo tocchino, perché lui guarda oltre. Dimostra quella che Massimo Franco (curatore del libro) definisce una “fiducia sconfinata nel progresso”. Spiega che l’“innovazione radicale” porterà splendidi doni all’umanità. “Il mondo della tecnologia”, dice, “ha creato in contemporanea molte opportunità e molti cambiamenti, e questi ultimi possono dare fastidio alla gente, ma nell’ampliarsi di questo mercato sono nati nuovi posti di lavoro”. Il suo ottimismo globale, appunto, è incrollabile, e se “la gente” è pessimista è solo perché non capisce o non è abbastanza intelligente.
Esiste un problema di disuguaglianze a livello mondiale? Non c’è problema, sarà il “capitalismo filantropico” a eliminarlo. In sostanza, la sua idea è che continuando a fare l’elemosina al Terzo Mondo aboliremo la povertà. Fra venti o trent’anni, poi anche i popoli inferiori – tipo gli africani o gli asiatici – capiranno che non è più il caso di farsi la guerra. Andremo dunque verso un mondo senza conflitti, ripete Gates citando Steven Pinker, teorico della “fine della violenza”. Non gli passa nemmeno per il cranio che la violenza, in realtà, ha semplicemente cambiato forma, non è scomparsa anzi è più diffusa che mai.
Che volete farci, Bill è un ottimista globale. Come i suoi degni compari della Silicon Valley del resto. Eppure, a questi signori basterebbe farsi un giro sul loro internet per rendersi conto dei danni causati dalla globalizzazione da loro modellata. La connessione dovrebbero averla.

 

Francesco Borgonovo, “La Verità”.