Heiva 2023, seconda settimana

Prima serata
Primi ad entrare in scena, il gruppo TAMARIKI RAPa, (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/575124751438820) in categoria tārava Tuha’a Pae con il tema Te Kâka’e, La canna di montagna
La canna di montagna cresce solo sulle montagne dell’isola di Rapa. Ha un tronco lungo e sottile. Ha dei fiori. All’inizio il suo colore è verde. Quando è matura, il suo colore diventa giallo. Il suo utilizzo è vario.
In passato veniva usata come freccia per gli archi, come scudo per proteggersi, come protezione per le capanne, come torcia per illuminare la sera. Si dice che una volta un uomo ha tirato con il suo arco di canna di montagna una freccia dal forte ’Ororangi fino a Ruapai per delimitare il suo terreno. Disse: “Il luogo, dove è giunta la mia canna, mi appartiene.”
Ecco il suo utilizzo oggi: bisogna andare a raccogliere le canne sui monti, spezzare lo stelo centrale, spezzare il fiore, cuocere lo stelo in acqua bollente e farlo seccare al sole. Quando i gambi sono asciutti, dividere ogni gambo nel senso della lunghezza. Successivamente, la sostanza interna viene raschiata per lasciare solo la pelle. È questa pelle che si intreccia.
Ci sono diversi modi per intrecciare: a dente di squalo, a pancia e ecc… Poi si cuciono le trecce. Vengono realizzati cappelli, ceste, fiori, ventagli, vestiti, gonne, collane per la testa e il collo.
Oggi tutto questo è stato insegnato ai figli dell’isola e loro lo sanno. È diventato un modo di guadagnare, come aiuto per la vita. Con le canne di montagna, le famiglie si salvano. Grazie a Dio per aver fatto crescere le canne di montagna sull’isola.
Morale: usate ciò che è sulle nostre isole per aiutarvi a sopravvivere finanziariamente. Grazie.
Il tārava di questo gruppo ha una sonorità diversa da quella dei canti delle altre isole dello stesso arcipelago, con il loro particolare effetto rallentato. Le voci mape, marutete, mapeuahine sono uniche della remota isola di Rapa.
Nel loro hīmene rū’au, il canto antico, partono  con l’intonazione Tuha’a Pae, passano a quella di Atiu, isola delle Cook, per finire con quella di Tahiti, per dargli una valenza universale. Gli anziani cantavano con l’intonazione di Atiu, sicuramente grazie agli scambi che avvenivano nel Pacifico. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/1373393443393236

L’hīmene ’ai’a, il canto alla patria, viene eseguito da 3 gruppi, karakua, pikinene e inaina; Un gruppo ha cantato il karakua, un altro il pikinene e Pierrot, il direttore del coro, ha cantato l’inaina.
Karakua
significa genitore, pikinene bambino e inaina significa nonno. Karakua, pikinene e inaina formano una famiglia, quella di Rapa che canta per la propria isola.

Ngare te puku Ki runga te ‘enua nô Oparo e
E puku tô kô E puku nâko Pukuake Pukuake Pukupuku  Akarongo mai ra tô paripari nei No te ’anga pukukâka’e ra e

Ia tupu nake ’oki te tamaki e
Te tau kômuaanga ra e

Ki runga te ’enua e
Toku ’enua  Oparo e

E
’oro te tangata ki runga e
Ki te anga pukukâka
’e ra e

I roto te vâ’i kâka’e e
Ipuni
’âkao noko piko e

Ia kite râ
tou te ’erekore ra  Tekateka te anga kôtipi
Nô te tâ
kave mate roa e  Tô râtou ’anga ’erekore e

’Aue I  muri ake e
Ka noo roa râ
tou e
Ki runga te puku
Tô râtou pukukâka
’e e

Aue Tarai ake ra râtou e
Ki tô anga puku ra e
Ei pare tamaki
Nooanga nô râtou ra e

E au o Pukukâka’e e
Teta
’i tâ’unga ’aikete e

Kia pua te tiare kâka’e e 
Ki runga ki tô puku ra e

Tâpako ’akakite têrâ e
Kâ pako ki roto te upoko e

Ka kûtêtê te pakavai e 
E kati ki runga te matau e

Aue
Tênei têta
’i tâpako e
Mî têrâ ra
‘oki  e
Kia pua te tiare rata e
Ka k
ûtêtê te vana e

Aue
Ia para nake te mângu
Tâpako
’akakite têrâ e
E kati te matu
Ka rara
’i o te mârara ra e

Aue
 Mê ngare atu â
Te anga tâpako
Mi tâ te kâka
’e
’Akakite mai nei Kia tâtou e
A kimi Kia oti Tâ
mau
Aue
’Aikete maitaki atu ai e
Ki tâ tâtou kôpanga tamariki e

Ci sono diverse colline sull’isola di Oparo (Rapa): collina qui collina là, collina collina, Collina. Ascolta questa canzone dalle colline piene di canne di montagna

Un tempo, proprio all’inizio, in tempo di guerra,
Sulla nostra isola Oparo,
La gente correva sulle colline di canne,
Tra le canne, per nascondersi, osservare, chinarsi.

Quando videro i loro nemici salire, scoccarono le loro frecce per ucciderli.

In seguito sistemarono le colline di canne per abitarvi.
E trasformarono le colline di canne in un rifugio fortificato per difendersi e vi dimorarono.

Paragono Pukukaka’e a un insegnante.
Quando il fiore del giunco ​​sboccia sulle colline,
Impara e infilalo nella testa delle persone,
Quei pakavai (pesci) sono grassi e abboccano all’esca.

Ecco altri segni simili.
Quando la rata fiorisce,
I ricci di mare sono grassi.

Quando il mângu è maturo, è segno che i carangidi mordono (l’esca) e i pesci volanti sono grandi.

Ci sono ancora altri segni come il segno dato dalla canna di montagna.
Fai delle ricerche, poi ricorda più tardi

Insegna bene ai figli.

Il gruppo Nuna’a Rurutu in categoria tārava Tuha’a Pae, (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/741762770770738) presenta il tema Te Maniota i Roto i te Orara’ a o te Nuna’a Rurutu, La Manioca nella Vita della Gente di Rurutu 
Come potrebbe vivere in abbondanza un piccolo regno indipendente per cento anni? Ecco una domanda sorprendente posta da un figlio della mia isola, Rurutu
Vi invito a tornare delicatamente al passato per cercare di comprendere meglio la passione dei Rurutu per l’agricoltura, e scoprire uno dei loro progetti agroalimentari: la preparazione della farina di manioca. 
Con la sua politica agroalimentare la popolazione di Rurutu era molto ben organizzata e unita nello sforzo, in ogni circostanza. 
Vecchio detto del saggio Iriirimataiota: “Una decisione appena presa, è già realizzata”, che significa: detto, fatto. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/148274641606966)
Il gruppo di professionisti Heikura Nui, in categoria Hura Tau, balla il tema Te Mana, IL POTERE. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/1194612257885557)
La terra era informe, nell’oscurità. La superficie dell’abisso era vuota. Dio ha lasciato un segno del suo amore per te, uomo, e lo spirito di dio si è mosso sul mare.
Dio disse: sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era buona.
Dio ha separato la luce e le tenebre.
Dio ha chiamato questo mondo luce. Fu il primo giorno.
Scese la notte. Dio chiamò l’oscurità notte.
Dio creò la distesa delle acque e lasciò che si dividessero le acque e l’oceano. Dio creò la distesa. Chiamò la distesa cielo. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/782150600248797)
Nonostante la perdita di colui che avrebbe dovuto dirigere gruppo e orchestra, il percussionista Wilfred Hoto, i musicisti, in mano a sua sorella, non meno piena di talento, Heiura Hoto, regalano una prestazione di alto livello. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/238235549021388)
Eccezionale dimostrazione di affetto e riconoscenza per Hriti Hoto, fondatore del gruppo, in sedia a rotelle da parte del gruppo che lo ha letteralmente coperto di collane di fiori e dalla giuria che si è alzata lungamente in piedi in segno di rispetto. È uno degli ultimi della vecchia scuola.

Heiva I Tahiti 2023 – seconda settimana
Seconda serata
Sul palco oggi due gruppi di danza in categoria hura ava tau, i TAMARIKI MAKEMO e MANOHIVA, per il canto i TAMANUI APATOA NO PAPARA in categoria tārava Tuha’a Pae e l’Associazione TAMARI’I MATAIEA in categoria tārava Tahiti.
Attesissimo il gruppo TAMARIKI MAKEMO che porta in scena la danza e le leggende delle Tuamotu, con il suo tema Nā Māmā Tirua e Vānaga mai ki te Tuakakai kō te Pūhaga kō te Tāgata ki Mākemo, La storia dell’insediamento dell’isola di Mākemo, raccontata da Māmā Tirua.
Molto tempo fa, il cielo si oscurò. Ceneri arrivate dal nulla coprivano la terra. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/812802473756111) Questo disastro portò alla carestia, più nulla da mangiare. La preoccupante situazione spinse Papatuhua e il suo clan ad attraversare l’oceano alla ricerca di una terra più accogliente. La gente di Punaru’u è arrivò a Ganāia, oggi l’isola di Ana’a. Vennero accolti dal popolo Parata che ha insegnò loro le usanze Pa’umotu. Ma non si soffermarono a Ganāia, salparono di nuovo e arrivarono a Mākemo che fu la loro destinazione finale. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/6351418128285614)
Durante il loro spettacolo i TAMARIKI MAKEMO simulano la cattura e l’uccisione di una tartaruga, per offrirla in sacrificio al loro dio. La tartaruga è un animale chiave nella mitologia polinesiana, in quanto tramite con gli dèi. (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/1040537637166726)

I TAMANUI APATOA NO PAPARA cantano il tema TE VAHINE TURUA’EA I TARAI, l’Ostetrica di Tarai.
Il loro tema è incentrato sulla storia della VAHINE TURUA’EA I TARAI. Oggi questa donna è chiamata l’ostetrica, Tarai è il nome del villaggio.
La storia fu scritta il 22 gennaio 1866 dopo che un certo signore di nome Peni la raccontò. Siamo nel periodo in cui il capo Tamaeva III regnava sull’isola di Rimatara.
Perché è stato scelto questo tema? Perché ai tempi dei nostri antenati, questa donna aveva una grande importanza nella vita sociale. Solo le donne potevano avere il titolo di VAHINE TURUA’EA I TARAI. La VAHINE TURUA’EA I TARAI aiutava le donne a partorire il loro bambino. Ma la sua importanza non deriva solo dal fatto che aiutava le donne a mettere al mondo il loro bambino, ma che compiva un intero rituale prima della nascita, al momento della nascita e dopo la nascita del bambino. Lo scopo era di far cambiare aspetto al neonato. È questo rito che evidenziano nelle diverse canzoni, in modo che il pubblico, la popolazione e persino il mondo Mā’ohi sappia che ai tempi dei nostri antenati le donne occupavano posti importanti nella vita dell’isola.
Il rituale praticato dalla VAHINE TURUA’ea I TARAI rende questa figura eccezionale.

Te huru teie o te hanau raa
No te henua ra Rimatara e
Tuhaa ta oe te taata e
Tuhaa ta te Atua ra e
Ohipa teie na te hui tupuna
I to ratou ora raa e

Tei Marureirua te vahine
Te vahine Turua
’ea ra e
Hanui te vahine Turua
’ea ra
E hano i Tarai ra e
Te rau matoto tei roto te hare
Vauvau no te tama hanau e

Eiaha taahi te rau matoto
Hee tinaura te tane e
Tuhaa tena na te vahine ra
Te vahine turua
’ea ra e
Ia tupu maitai te tere o te tama
I roto i te ao te taata e

Eiaha teie iau Taaroa
Hanui â vau i reira e
E tama tena no ta’u opu
E tama unuunu mau a e
Aua’a ti’a vau ia hie matorea
Hanui mai oe ia
’u e

Aore e au atuna te hano
(Te) nehenehe o te ura vaero e
Hanui i roto te opu
Taui te huru o te tama
Hapae noa ra tona huru mau
Ia hanau mai oia e

E hano hua’e ho’i au e
I te ara roa ra e
Ia oti te ohipa a te vahine ra
Te tama raa i te tama e
Hoê noa ho
i tana i hinaaro
Te ‘ava’ava ia o te miti e

Ecco cosa accadeva alla nascita
Sull’isola di Rimatara
L’uomo ha la sua parte
Dio ha la sua parte
Tale era l’organizzazione dei nostri antenati
Della loro vita comunitaria

La donna era a Marureirua (località)
L’ostetrica
Vai a chiamare l’ostetrica
Lasciala venire a Tarai
La stuoia di ibisco selvatico è in casa
La stuoia per la nascita del bambino

Il marito non deve calpestare la stuoia
Può scivolare
È un lavoro da donne
L’ostetrica
Perché il bambino nasca senza problemi
Nel mondo dell’uomo

Non voglio essere allontanato da Ta’aroa (dio polinesiano)
Voglio assistere al parto
Questo bambino viene dalle mie viscere
È un bel bambino
Non aspettare che mi arrabbi
Vieni a guidarmi

Non voglio la bellezza
La bellezza del pappagalletto rosso
Lascia che sia come nella pancia
Non modificare l’aspetto del bambino
Lascia il suo aspetto naturale
Alla sua nascita

Andrò subito
Sulla lunga strada
Quando la donna ha finito
A lavare il bambino
Vuole solo una cosa
La salinità del mare

L’Associazione TAMARI’I MATAIEA canta il tema TE FAUFAA TUPUNA, il PATRIMONIO ANCESTRALE
Nei tempi antichi, i nostri antenati hanno sempre studiato, custodito e segnato l’eredità della nostra madre terra, per trasmettere il loro stile di vita ai figli di Vaiuriri. Costruirono siti (marae) lavorati per nominare montagne, valli, fazzoletti di terra, fiumi e persino il mare, lasciando grande ricchezza alle generazioni future affinché riconoscessero la loro identità.

MANOHIVA. La capogruppo e coreografa Poerava TAEA, il suo direttore d’orchestra Nohorai TEMAIANA e i suoi musicisti, ballerini, ballerini, declamatori ci portano sulle tracce di un lontano passato a percorrere le leggendarie storie dell’isola di Vavau, oggi Bora Bora, su un testo scritto da Yann Pax, attraverso dipinti e costumi immaginati e prodotti da Anthony Tirao e Heimana Tutavae.
Lettera a Vavau
Quando metto piede a terra, è grande la magnificenza dell’isola che si erge davanti a me come un gioiello posto sull’Oceano Pacifico. Bora Bora, o meglio Pora Pora, dispiega la sua bellezza abbagliante con la sua laguna cristallina, la verde montagna e le sue spiagge di sabbia fine. L’isola emana un fascino ammaliante che cattura immediatamente i sensi.
Ma dietro questa idilliaca immagine da cartolina, si nasconde una storia, ricca di tradizioni e leggende, che le conferisce una grandiosa reputazione. Questa storia incarna l’energia che sento e che eleva la mia anima di figlio di Porapora, suscitando in me un interrogativo su questa immancabile attrazione che si è mantenuta fin dalla notte dei tempi.
Così, vado alla ricerca del significato profondo, delle storie mitiche, per comprendere questa energia, questo mana portato e mantenuto dai miei antenati, e che incarna il prestigio della mia isola. Sono convinta che non sia solo una leggenda, ma una reale forza che risiede nel cuore della mia terra natale, pulsante per sempre attraverso i suoi attributi: Porapora, la primogenita, dalla pagaia silenziosa, quella che spezza gli spiriti, ingannandoli con gli steli di palma da cocco, Porapora, la pacifista.

La mia isola dal nome sacro, tratto dalle mani divine della notte originaria, la maggiore, la primogenita. Stuoia di terre e nazioni, tessuta dalle mani del guerriero Firi-a-mata o Vāvau, ombelico dei lignaggi reali. Terreno su cui poggia il recinto religioso Vai ’ōtaha, pietra fondante dei quattro recinti religiosi che riposano a Hiti raro. Piedistallo dei grandi recinti religiosi, su cui svettano gli otto figli di Moe-te-re’are’a, casa madre della cintura dalle piume rosse presa dal guerriero Hiro per fondare le stirpi reali di Taputapuātea, Hava’ī (Ra’iatea).
Terra di fecondità e fertilità, terra fondatrice di recinti religiosi, culla di stirpi reali, divinizzata dal dio ’Oro, terra intrisa di potere divino, sede degli Arioi (comunità di artisti itineranti).
Terra di chi padroneggi l’arte della guerra, di chi maneggi la pagaia silenziosa con mano magistrale, di chi spezzi gli spiriti, ingannandoli con i peduncoli di cocco! Sacro è l’oceano quando la tua flotta naviga e colpisce in tutte le direzioni.
Prestigiosa è la tua storia, o mia tenera terra! Porapora la primogenita. Questo potere si è intessuto nel tempo, di generazione in generazione, dalle mani degli avi: il prestigio della mia terra. Sì, non è solo una leggenda, ma una forza reale che risiede nel cuore della mia terra natale, che pulsa per sempre attraverso le sue qualità.

Manohiva, alla sua prima apparizione alla Heiva I Tahiti,  si presenta con uno spettacolo degno di un gruppo professionista. Energia incredibile del ra’atira, capo danza, Adjaël TIAIPOI e la prestazione della ’ōrero, Hiriata Brotherson, figlia dell’attuale presidente, Moetai Brotherson, ha scatenato un terremoto d’emozioni. È in questi legami che si vede come i membri di intere famiglie siano impegnati nella cultura polinesiana. (https://fb.watch/lLyRX0jwDb/)
(https://fb.watch/lLysQp7omf/)

Heiva I Tahiti 2023 – seconda settimana
Terza serata
Due gruppi di danza per quest’ultima sera della Heiva I Tahiti 2023, i TAMARI’I HIVARANI in categoria Hura ava tau e il gruppo ORI I TAHITI che si presenta in categoria hura tau. Per il canto il gruppo TARU’U, categoria tārava Raromata’i  e O TAMARI’I AFAREAITU in categoria tārava Tahiti.
I TAMARI’I HIVARANI presentano il tema TE RUAHINE HIIHERE, La dea dell’Amore Materno. Per il concorso di migliore ballerino si presenta Mahiti Pepehau, loro direttore d’orchestra è Heimanu TEHAHE.

Ballano l’ode alla donna, il suo attaccamento alla terra, alla vita, i suoi diversi stati d’animo. Lei danza, si muove e si articola, riflette l’anima, il vento, le onde e il sole. I suoi movimenti sensuali e pericolosi, lotte o sfide. Il suo corpo perfetto, ricettacolo della vita, le sue membra inneggiano alla perfezione. Le sue deliziose imperfezioni sono complementari alla vita. Donna fa rima con anima. È unica agli occhi di chi la vede. Orribilmente bella, lascerà che le ferite della vita abbelliscano il suo corpo pieno di cicatrici, tracce di un cammino percorso con dignità. Profondamente donna!

Il gruppo TARU’u ha come capo gruppo, compositrice dei canti et costumista Dayna TAVAEARII, il titolo del loro canto è Matuatua, Gli Anziani.
Il nome TARU’u trae ispirazione da diversi significati: I tre tipi di canti tradizionali:
Ta” si riferisce a RAVA, un tipo di canto e danza tradizionale polinesiana.
Ru” si riferisce a Rū’au, un altro tipo di canto tradizionale polinesiano.
“’U” si riferisce al ’Ūte, un terzo tipo di canto tradizionale polinesiano.
È anche la denominazione di una tecnica di pesca con reti, praticata  a OPOA-Ra’iatea
Si può tradurre come rilegatura, legatura.

La ra’atira hīmene, direttrice del gruppo, Dayna Tavaearii, durante l’esibizione è stata ’ōrero, oratrice, voce perepere e tahape, nonché protagonista del ’ūte paripari,

Si chiamano matahiapo, ‘au o ruhiruhia, questi anziani, persone di età avanzata.
Li incontriamo ogni giorno, per strada, in Chiesa, in ospedale, nelle famiglie o nelle case di riposo. Alcuni ben circondati, altri soli e isolati.
Sono il sole al tramonto, dai colori tenui all’orizzonte, lontano dalla terra, dal corpo corroso dal tempo, spesso escluso dalla società. I nomi che gli sono stati attribuiti hanno molto più significato di quanto pensiamo, ma non ne siamo al corrente. Quelli che ispirano rispetto, grandezza e benevolenza ma che hanno dei limiti dovuti all’età e allo stato del corpo, oggi, nella nostra società.
Al di là della vecchiaia, la vita, la storia, la memoria, la tradizione, il patrimonio, l’identità culturale, al di là del corpo, la montagna, il luogo, il punto, il marae (luogo di culto), la società. tuatua, memoria viva, colui che sa, che trasmette saperi e tradizioni a generazioni. Sì, questo è il matuatua, che oggi, seduto in un angolo della sua casa o sdraiato su un letto, attende instancabilmente la visita di uno dei i suoi bambini.

Il gruppo O TAMARI’I AFAREAITU  (https://fb.watch/lLX8WnCm3J/) canta lo stesso tema ballato la settimana precedente.
Il gruppo ORI I TAHITI (https://www.facebook.com/HITOFFICIEL/videos/1302427127370327) capitanato da Teraurii PIRITUA, balla Te Àpu: Pū o te Ora, Esegesi dell’uovo primordiale: genesi del principio vitae.
Questo tema comprende due aspetti: il concetto di uovo primordiale e quello di principio vitae (della vita). Perché parlare di un uovo primordiale?
In reo Māòhi, la lingua polinesiana, la parola àpu designa qualsiasi oggetto cavo capace di ricevere qualcosa (un contenitore, ricettacolo) il termine àpu designa anche i due emisferi risultanti dalla divisione di un oggetto più o meno sferico.
Nella cosmogonia Māòhi, all’inizio esisteva un uovo, l’uovo che portava Ta’aroa. Quando quest’ultimo lo separò, Papa nià sorse per dare alla luce il cielo e Papa raro discese per formare la terra. Così nacquero la vita e il mondo Māòhi. In alcuni arcipelaghi, questo oggetto sferico è una vongola gigante o un cocco.
La terra è un ricettacolo, il cielo è la sua controparte. Che si tratti della divisione di un uovo, di una vongola, di una noce di cocco, otterremo sempre due unità chiamate àpu. Ciò che la cosmogonia Māòhi suggerisce è che alla giunzione primordiale che salda gli emisferi che formano l’uovo, la vita è assopita e alla loro separazione si spezza l’oscurità che la conteneva.
Dire che la vita abbia una duplice origine non è insignificante poiché la vita è il frutto dell’unione di due unità, di due corpi, di due cuori, di due ricettacoli indipendenti, del principio maschile e femminile. La vita è doppia.
L’ambiente del Māòhi è il mondo che si chiama te ao Māòhi. La base del nativo è la sua terra, quella da cui proviene. La sede e il grembo di ogni essere è il grembo della propria madre. Il fondamento della natura è la terra. L’acqua è la sede e la matrice della vita che contiene. Senza sede, né matrice che la generi e la stabilisca, la vita non esiste. Una coppa incapace di accogliere la vita è solo un guscio vuoto che finisce per bruciare al sole. Àpu è un simbolo così forte che comprende altri significati che designano diverse parti del corpo umano: àpu rima (il palmo), faaàpu, il corpo che è il contenitore dello spirito.
Un’esegesi dell’uovo primordiale ci riporta alla questione del senso della vita, del suo principio, ci pone di fronte a molteplici interrogativi. La vita è tutta intorno a noi, sappiamo donarla, spesso non ne sappiamo più apprezzarne l’essenza.
Se trasponiamo quanto appena spiegato al popolo Māòhi, ci accorgiamo che il legame con le proprie origini è stato spezzato; privo di un corpo che lo contenga, cerca disperatamente di accollarsi agli altri come un paguro.
“Non sei uno ma cerchi una conchiglia con un tetto più grande, più lussuoso, che senso ha! Hai una casa che fa per te, ma qualcun altro te l’ha presa. Una volta senza casa, e morto, chi si ricorderà di te, le pagine di un libro?
La gente Māòhi è alla deriva nella sua canoa – alcuni sono annegati, altri stanno morendo; hanno un disperato bisogno di trovare la propria terra. Bisogna dirigere questa
canoa, gridare all’equipaggio che esiste il faro che li riporterà sulla terra: a casa.
Questa situazione ricorda due leggende particolarmente toccanti, quelle di Ruataata e Pipiri. Se Ruataata ha sacrificato la sua vita per nutrire i suoi figli (trasformato nell’albero del pane), i genitori di Pipiri e Rehua hanno sacrificato la parte dei loro figli per nutrirsi, lasciandoli così affamati. Pipiri e Rehua hanno guadagnato il paradiso grazie all’aquilone di Ta’aroa (il dio creatore del mondo Māòhi)per diventare eterni. Ricorda, queste due leggende illustrano l’amore dei genitori per i loro figli. Oggi muori di fame in una terra che non ti appartiene più. Che scelta hai allora?
Tu sei il figlio, il figlio di questo cielo e di questa terra, non cercare la salvezza ma avvicinati al tuo cielo e alla tua terra per riconnetterti con la dimensione di eternità che trasmetterai ai tuoi figli!

To ù fenua, to ù fare

E moana tauiraì
Tei pau i te Māòhi e to na vaa,
Hoê noa rā fenua ta na i tuō papa
E ua te tini te raì i nià mai ia na.

Ua ìte te Māòhi i te raì marama, e
Ua ìte oi ia ia Marama Tea.
Ua ìte te Māòhi i te pō,
E ua haere nā i roto ia na :
Ua ìte i tumu o te ora e te pohe e ua tītau i te ora mure òre.
Aita rā i manuia.
Ua ìte te Māòhi i te èà no te tītau i te paari o to na ao.

Te àpu o te ora : te fenua.

To ù fare,
Te àpu o to ù ùtuafare.
To ù âià,
Te àpu ia o to ù ôpū fētii.
Riro noa atu to ù fenua,
Ua hoo atoà ia vau ia ù iho.

Teie to ù pū,
Teie to ù àpu,
Teie to ù papa,
Teie to ù raì,
Teie to ù fare.
O vau tei noho,
Na ù ia e fārii ia òe.

La mia terra, la mia casa

Il popolo Māòhi ha perlustrato
L’oceano di molti cieli
Ma non ha che una terra chiamata papa (zoccolo)
E fu sopra di lei che innalzò dieci cieli.

Il popolo Māòhi conosce la luna
Al punto da avervi installato Marama Tea (la luce bianca).
Il popolo Māòhi conosce il mondo invisibile,
Ci si è persino avventurato:
Ha visto lì l’origine della vita e della morte. Voleva cercare l’immortalità
Ma invano.
Il popolo Māòhi conosce i misteri del proprio mondo.

La ragione della tua vita è la tua terra.

La tua casa
È il fondamento della tua casa.
la tua terra
È la sede della tua famiglia.
Non sarai che un venduto
Se perderai la tua terra.

Questa è la tua base
Questo è il tuo tetto,
Questa è la tua terra,
Questo è il tuo cielo,
È a casa tua,
Dato che ci vivi,
Sta quindi a te dare il benvenuto lì.

O vau teie, te tama o teie fenua

O vau teie, te tama o teie fenua,
Tei fārii i to na reo,
To na hiroà e to na iho,
Ua hopu vau i te mā o to ù fenua,
Ua hoì to ù pūfenua i roto i te repo,
To ù te reo teie e pārahi nei i roto i to ù ààu.
Eiaha e haamā, ia mā rā òe i mua i to òe reo
E a tūturi i mua i to òe fenua.
A ārai i to òe teòteò
E a fārii i te ora o teie fenua
Ia òre òe ia ôere noa.

Sono il figlio di questa Terra

Sono il figlio di questa Terra,
Ho accolto la lingua di questa Terra,
L’anima di questa Terra è la mia coscienza e io sono la sua estensione,
Ho visto la purezza occulta nel ventre di questa Terra.
E mi ci sono immerso.

La mia placenta è nel grembo di questa Terra
Il linguaggio della mia Terra riposa dentro di me.

Davanti alla voce di questa lingua,
Non è sufficiente vincere le tue paure;
Dobbiamo superare le apparenze,
Inginocchiarsi umilmente davanti alla propria Terra,
Liberarsi dall’orgoglio,
Accettare di rinascere
E accogliere pienamente la nuova vita.