L’inaugurazione del più prestigioso museo polinesiano

La nuova sala espositiva permanente del Te Fare Iamanaha, il Museo di Tahiti e delle Isole, apre le sue porte il 4 marzo 2023. Evento importante, atteso dal pubblico locale e internazionale, che riserva grandi sorprese ai visitatori.
La prima pietra dello stabilimento venne posata il 21 agosto 2020, dopo la demolizione dell’ex sala espositiva iniziata nel 2019. È il risultato di un lavoro durato quattro anni, interrotto dalla crisi sanitaria, che ha mobilitato più di quaranta aziende con numerose collaborazioni.
Abbiamo avuto il privilegio di essere accompagnati nella visita dalla direttrice del Museo, l’architetto Miriama Bono, il cui padre è italiano.

Miriama Bono, direttrice del Te Fare Iamanaha, il Museo di Tahiti e delle Isole, davanti al Maro ‘ura, la cintura del capo.

1400 mq di cultura polinesiana

Progettata dall’architetto Pierre-Jean Picart in collaborazione con lo scenografo parigino Adrien Gardère, la nuova sala offre un itinerario che tocca ed evidenzia i vari arcipelaghi. L’inizio del percorso, dedicato all’ambiente naturale, introduce alla natura che ha contribuito a plasmare le culture materiali degli arcipelaghi della Polinesia francese. Segue lo spazio interattivo dedicato alla concezione polinesiana della cosmogonia e della creazione del mondo, che immerge i visitatori nella tradizione orale.
Il resto dell’itinerario evidenzia le basi culturali comuni delle società polinesiane per temi principali: popolazione delle isole, navigazione, sacro e marae (i luoghi di culto e assembramento), riti funebri, pesca, vita quotidiana, tapa (il tessuto ricavato dalla corteccia interna di quattro specie di alberi), tatuaggio, danza e musica.
La mostra comprende una sezione dedicata alla Polinesia Orientale, con oggetti provenienti dalle Isole Cook, Aotearoa (Nuova Zelanda), Hawai’i e Rapa Nui (Isola di Pasqua), oltre a uno spazio dedicato a Samoa, Tonga e Fiji per sottolineare il comune retroterra culturale dei popoli polinesiani indipendentemente dagli attuali confini.
La parte finale del percorso, dedicato ai primi contatti tra autoctoni e occidentali, affronta le trasformazioni della società polinesiana con l’arrivo dei navigatori.
Le collezioni in mostra, testimoni dei cambiamenti della cultura materiale, permettono di evocare gli sconvolgimenti sociali e culturali, gli adattamenti e la resilienza, grazie anche alla presentazione di personaggi ed eventi storici.

Da tutto il mondo

Il Te Fare Iamanaha ha accordi con varie istituzioni museali per poter arricchire il percorso dedicato agli arcipelaghi. Oggetti emblematici saranno così esposti dall’inaugurazione del 4 marzo: tra questi, la famosa statua del dio A’a dell’arcipelago delle Australi, il to’o mata (aiuto alla memoria genealogica) e il ta’avaha (copricapo di piume nere) della Fenua Ènata (Terra degli Uomini, l’arcipelago delle Isole Marchesi), il maro kura (cintura del capo) per l’arcipelago delle Tuāmotu, la statua del dio Rongo per Mangareva (l’arcipelago delle Gambier), il maestoso costume del Heva tūpāpa’u, il dolente tahitiano, nonché il frammento di maro ‘ura (cintura del capo) recentemente identificato.
Saranno presentate una ventina di opere, oltre ai 600 oggetti delle collezioni del Te Fare Iamanaha, alcuni dei quali molto poco conosciuti dal pubblico, in particolare la collezione di tapa e di uccelli imbalsamati, finora raramente o mai esposti per motivi di conservazione.
E così, accanto alle collezioni del Te Fare Iamanaha, i visitatori potranno ammirare quelle del British Museum, del Museo di Archeologia e Antropologia di Cambridge, del Musée du quai Branly-Jacques Chirac e della Congregazione dei Padri dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Occasione unica per poter ammirare queste raccolte emblematiche riunite per la prima volta a Tahiti.
Per gestire tasso di umidità, sicurezza e illuminazione delle opere, sono stati installati dispositivi innovativi mai sviluppati  prima in Polinesia francese, contribuendo ad arricchire le competenze tecniche delle imprese locali.
Il Te Fare Iamanaha offrirà ai visitatori un’esperienza unica: con multimedia interattivi, film animati e audioguida in diverse lingue, come francese, inglese e spagnolo). Ma soprattutto, in prima linea nella promozione delle parlate polinesiane, mettendo a disposizione le audioguide gratuite in tahitiano.
Proseguendo, si arriva al giardino etnobotanico di Hit, completamente ridisegnato, testimonia il legame indissolubile tra i polinesiani e la natura.

Le opere

Tra I pezzi forti dell’esposizione va citata l’effige del dio A’a, che ritorna dopo 200 anni nel suo Paese d’origine (era stata trasportata in Inghilterra nel 1775 con il secondo viaggio di James Cook nel Pacifico). È un mistero come la statua in legno scavato sia stata realizzata: la sua riproduzione sarebbe impossibile anche con attrezzi moderni. Essa rappresenta un tiki, il primo uomo del creato divinizzato, con scolpiti in rilievo 33 piccoli tiki, le tribù dell’epoca nell’isola di Rurutu, da dove l’opera  proviene. Nella sua cavità era presente il To’o, un bastoncino di legno con incisa la testa di tiki, protetto da un finissimo intreccio di fibre, rappresentazione divina.



Statua lignea del dio A’a.

Nel corso delle cerimonie funebri, lo heva tūpāpāu, il “costume del dolente” si aggirava facendo risuonare le conchiglie di due ostriche a mo’ di nacchere, terrorizzando gli astanti. Questa figura era stata inserita nello spettacolo sul marae Arahurahu nel 2015.
Quando il costume del dolente è stato aperto per il restauro, al suo interno è stato trovato un piccolo tiki. È l’unico costume di questo genere arrivato a noi quasi integro.



Heva tūpāpāu, il costume del dolente, e sotto il tiki trovato avvolto al suo interno.

Il frammento del maro ‘ura, la cintura portata dal capo, doveva essere estremamente preziosa, per il numero di piume rosse che contiene. Una particolarità: analizzando le sue fibre, si è scoperto che i fili di lana provengono dalla bandiera di Wallis, il primo navigatore ad aver messo piede a Tahiti.

Rongo, rara scultura raffigurante la divinità delle cattoliche isole Gambier, sopravvissuta ai padri missionari che avevano fatto bruciare gli idoli esistenti.


Scultura antropomorfa del dio Rongo.

Ho particolarmente ammirato la collana di denti di delfino e l’abaco per l’intrecciatura delle fibre di pandano (nelle foto qui sotto).

Eco alcuni degli oggetti in prestito o deposito per l’inaugurazione del Te Fare Iamanaha.
Dal Museo Quai Branly-Jacques Chirac:
Maro ‘ura: frammento di cintura del capo, Isole della Società.
Too mata: aiuto per la memoria delle Isole Marchesi. Fibra di palma da cocco intrecciata e annodata.
Ta’avaha: copricapo in piume di gallo e pennacchio associato, Isole Marchesi.
Penu: pestello delle Isole della Società, basalto.

Dal Museo britannico:
A’a: scultura antropomorfa del dio A’a dell’isola di Rurutu, Arcipelago delle Australi.
Maro kura: cintura, Arcipelago Tuamotu.
Taumi: pettorale. Tahiti, Isole della Società. Fibre vegetali, piume, denti di squalo.
Rongo: scultura antropomorfa del dio Rongo, isola di Magareva, Arcipelago delle Gambier.
Heva tūpāpāu: costume da lutto, Tahiti. Piume, fibre vegetali, legno, madreperla.
Ti’i del costume del lutto: idolo in legno associato al costume di Heva Tupapau.

Dal Museo di Archeologia e Antropologia di Cambridge:
Ornamento orecchio: madreperla, fibra vegetale. Isola della Società.
Ornamento orecchio: semi, fibra vegetale. Isola della Società.
Tamburo: legno, fibre vegetali, pelle di squalo. Isole della Società.
Architrave intagliato: Legno. Isole della Società/Isole Australi.
Martello per tatuaggi: legno.
Lampada: Isole della Società.
To’o in basalto: effige divina. Isole della Società.