Ho intervistato Juan Mari Beldarrain a Donostia (San Sebastian) ai margini di una manifestazione indetta da Animalien Eskubideen Aldeko Elkartea (Associazione pro diritti degli animali) contro le corride. Manifestazione cui ho partecipato molto volentieri (molti slogan in euskara, la lingua basca) in quanto mi ha dato la possibilità di conoscere il variegato mondo ecologista e animalista di Euskal Herria, i Paesi Baschi. Ricordo che oltre a Eguzki (“sole”) in Euskal Herria esiste attualmente anche un’altra associazione, presente soprattutto in Navarra: Lurra (“la terra”). (Una curiosità: alla manifestazione avevo incontrato Joseba Alvarez,  noto esponente di Batasuna che partecipava con la famiglia.)

eguski - Juan-Mari-Beldarrain
Juan-Mari-Beldarrain.

Beldarrain, quando e come è nato Eguzki?

In pratica proveniamo tutti dai Comitati Antinucleari. Quando si concluse la vicenda di Lemoiz [centrale nucleare nei pressi di Bilbao mai completata per le proteste e le azioni dirette degli antinuclearisti], 1) organizzammo un incontro per decidere il da farsi e prendemmo la decisione di non disperdere il patrimonio di esperienze e di organizzazione accumulato in tanti anni di resistenza ai progetti dei padroni dell’energia. In questo modo nacque una nuova organizzazione ecologista, Eguzki. 2)
In quel momento c’erano molti gruppi, un’eredità del movimento antinucleare [forse il più ampio tra quelli attivi in Europa]: solo in Hegoalde [Paese Basco del Sud, sotto amministrazione spagnola] i gruppi locali erano un’ottantina. Individuammo varie tematiche ecologiste, ambientali, animaliste e sociali su cui lavorare insieme. In tutti era ben presente la consapevolezza di essere baschi, ma non c’era una posizione comune sulla questione dell’indipendenza.

Ci furono difficoltà (defezioni, scissioni) nel tenere insieme un così gran numero di associazioni, a volte diverse per ideologia?

Quattro-cinque anni dopo ci fu in effetti una scissione. Alcuni militanti se ne andarono e fondarono Eki [ancora “sole”, ma nell’euskara di Iparralde, il Paese Basco del Nord sotto amministrazione francese]. In Eki la tendenza principale era apertamente trotzkista e, in parte, maoista. Mentre in Eguzki prevale la componente della sinistra abertzale (“patriottica”, tendenzialmente indipendentista) ma comunque autonoma rispetto ai partiti.
Questa scissione comportò un indebolimento, una perdita di  “risorse”, anche perché negli anni successivi non abbiamo assorbito molta gente. Attualmente la maggior parte dei militanti è ancora costituita dalla “vecchia guardia” antinucleare, siamo  dei “veterani” con venti-trenta anni di militanza sulle spalle.

Qual è il vostro metodo di intervento?

Lavoriamo su due livelli: interveniamo tutti sulle problematiche nazionali basche e ogni gruppo si occupa dei problemi locali.
Eguzki è una sorta di “camera di compensazione”; prima lottavamo di più a livello di tutta Euskal Herria, ora prevalgono gli interventi specifici, locali. Purtroppo, questo talvolta porta a una scarsità di coordinamento, ed essendo ogni gruppo fondamentalmente autonomo, si rischia di alimentare forme di personalismo.

Dopo la centrale di Lemoiz, anche la questione della diga di Itoiz è diventata quasi un caso internazionale (ricordo le spettacolari azioni dimostrative, in stile Green Peace, nelle principali capitali europeee). Qual è la vostra posizione?

Per quanto riguarda la diga, noi come Eguzki appoggiammo sia il Coordinamento (“Coordinadora”) di Itoiz che i “Solidarios”, anche se tra loro non erano d’accordo sui metodi di lotta.
Contro la diga di Itoiz si operò sostanzialmente in tre modi:
1) con le mobilitazioni, le manifestazioni, l’incatenamento per fermare i lavori;
2) a livello giuridico, utilizzando tutte le possibilità offerte dalla legislazione;
3) con l’azione diretta e il sabotaggio.
Noi pensiamo che tutti questi metodi siano validi. Invece il Coordinamento non considera valido il terzo, e quando avvenne il famoso sabotaggio dei cavi, alla fine degli anni ’90, ruppe con i “Solidarios”.
Come Eguzki tentammo, invano, di mediare. Da quel momento appoggiammo le iniziative, le manifestazioni e mobilitazioni di entrambi, partecipandovi regolarmente. Ricordo che da quel momento ci fu una vera e propria opera di criminalizzazione dei “Solidarios” con persone finite in galera e altre latitanti.
Sottolineo comunque che noi non fummo il “motore” delle lotte contro Itoiz, ma che vi prendemmo parte attivamente.

Qual è attualmente la situazione di Itoiz, dopo che la diga è stata quasi completata?

Ci sono problemi di continui piccoli terremoti dovuti probabilmente al riempimento dell’invaso e la popolazione è seriamente preoccupata per quanto potrebbe avvenire. Si teme un altro Vajont. Recentemente gli abitanti della zona, sia quelli sfollati che quelli dei paesi circostanti, hanno visitato Longarone e la diga del Vajont, dove le conseguenze sono state ben più gravi. Quest’anno saranno invece gli italiani a ricambiare la visita.
Itoiz è attualmente il paese che sta lottando maggiormente. Come sai il vecchio abitato è stato evacuato (ora è ricoperto dall’acqua) e gli abitanti “trasferiti” a forza. L’ultima iniziativa dei “Solidarios” era stata quella di rinchiudersi nelle case sbarrando porte e finestre con il cemento. Per allontanarli hanno dovuto intervenire con le ruspe.

 Mi dicevi che un’altra questione di cui vi state occupando è quella degli inceneritori.

Quello degli inceneritori è un vecchio problema, ritornato prepotentemente d’attualità, soprattutto in Gipuzcoa [una delle province di Hegoalde, insieme a Bizkaia, Araba e Nafarroa].
Già nel ’92 si voleva costruirne uno, ma riuscimmo a impedirlo dando impulso alla raccolta differenziata e al riciclaggio.
Dopo quattro anni ci riprovarono e questo contenzioso rimane aperto. Da parte nostra abbiamo cambiato tattica. Nel primo caso agimmo direttamente come Eguzki, mentre ora partecipiamo a un ampio movimento sociale dei cittadini. Noi segnaliamo, appoggiamo, partecipiamo. Sottolineo che questo movimento non è assolutamente ideologizzato.
In Gipuzcoa sono previsti due inceneritori, uno dei quali vicino alla frontiera con la Francia. Sono interessati tre comuni: Hondarribia, Irun e Hendaia, quest’ultima in Iparralde, Francia. Il progetto è stato “venduto” all’opinione pubblica come “cooperazione europea” e gode di finanziamenti CEE. In Iparralde la cosa è stata al centro di molte discussioni; tutti i municipi avevano rifiutato l’inceneritore, tranne Hendaia, una località prettamente turistica con 25mila abitanti in estate e solo 8mila in inverno. In sostanza è una sorta di alleanza tra PSF (socialisti francesi) e PSE (Partito Socialista di Euskadi, emanazione del PSOE). Purtroppo il progetto di questo inceneritore sta andando avanti, ma cresce anche la resistenza popolare. A Irun ci sono state manifestazioni con più di cinquemila persone (e per una piccola località sono molte). C’era anche la proposta di un referendum, ma è stata bloccata dal governo. Però si è tenuto ugualmente nelle strade, in modo illegale e autogestito. Ha partecipato – nonostante le evidenti difficoltà organizzative – quasi il 50% della popolazione con un secco NO per il 100% dei votanti.

E qui a Donostia?

Un altro inceneritore è previsto appunto a Donostia, ma sta sollevando un grande rifiuto sociale di massa. Inizialmente avevano cominciato a costruirlo a Urnieta e qui ci fu una vera e propria rivolta. In una località con nemmeno tremila abitanti si tennero manifestazioni a cui partecipava l’80% della popolazione. Venne addirittura assalita la casa del sindaco e l’amministrazione ha fatto marcia indietro. Allora il PNV (Partito Nazionalista Basco, “democristiano”) ha cercato un altro sito ed è stato individuato a Donostia (San Sebastian) pensando che in una grande città la coesione sociale è minore.
Perfino il sindaco del PSOE ha detto di no, in parte contro il suo stesso partito. Si tratta anche di una “guerra interna” con il candidato del PNV alle prossime elezioni, ma per una volta lo appoggiamo. La questione al momento è in “ebollizione”, ma in ogni caso sta nascendo una forte opposizione popolare.

Un’altra organizzazione ecologista presente in Euskal Herria è Lurra (“la terra”). Che cosa vi unisce e che cosa vi divide?

Devo fare una precisazione. Quando dall’interno di Eguzki nacque la proposta di una nuova associazione ecologista, Lurra, con un respiro più ampio, ci fu un solo voto contrario, il mio.
Parlo quindi a livello personale, non come portavoce di Eguzki.
Votai contro perché non vedevo possibilità di far crescere, attraverso Lurra, il movimento ecologista. A mio avviso è un accordo di “volontà”, di intenzioni, più che altro teorico. Non è un accordo tra persone che lavorano, lottano insieme; mi pare esista più che altro come immagine, per la stampa, per il pubblico…
Comunque la proposta di Lurra è quella di estendere la lotta ecologista ad altri settori, a persone in relazione con la Terra ma non ecologisti (agricoltori, produttori, reti del commercio biologico e alternativo, associazioni di consumatori, settori sensibili dell’università), in particolare sulle questioni del territorio, dell’acqua, della biodiversità.
Il progetto è quello di un’alleanza per difendere la Terra. L’ipotesi è sicuramente buona anche se, mi pare, nella pratica ancora non funziona.
Lurra esiste ormai da tre anni e ha prodotto libri, riviste… ma non lotte né iniziative nelle strade.
Un’altra contraddizione è che il gruppo è presente soprattutto in Navarra, dove Eguzki praticamente non esiste.
Nelle Vascongadas rimane Eguzki e poco o niente Lurra.
La mia opinione (del tutto personale, non a nome di Eguzki) è che sia abortita, morta giovane.

In molte parti di Europa è cresciuta una coscienza dei Diritti degli Animali. Aumentano le persone che fanno una scelta vegetariana e che si impegnano nella Liberazione Animale (anche tra i no-global). Esistono animalisti in Eguzki?

Capisco di darti una delusione, ma personalmente sono “onnivoro” (quindi mangio anche carne) e in genere non sono d’accordo con chi tiene animali domestici. La considero una forma di schiavitù. [Juan Mari si riferisce a cani e gatti, ma non agli allevamenti, veri lager per gli “altri animali”; su questo, ovviamente, io e lui non siamo assolutamente d’accordo]. Tuttavia in Eguzki, che è un movimento soprattutto di carattere sociale, politico e rivendicativo, sono presenti anche alcuni animalisti, pur essendo una minoranza.
Naturalmente siamo contro la caccia e contro la corrida; siamo contrari alla vivisezione, anche se in Euskal Herria non c’è mai stata una vera e ampia presa di coscienza su questo tema.
Abbiamo invece relazioni politiche sia con i pescatori che con gli agricoltori (allevatori compresi) e difendiamo questi due settori sociali. Lavoriamo insieme al sindacato EHNE (Euskal Herriko Nekazari Elkartea, associazione degli agricoltori baschi) per favorire la produzione locale e biologica. Pensiamo che il piccolo agricoltore, che conosce la sua terra, possa diventarne il “custode”…
Con la questione della caccia abbiamo ottenuto una vittoria significativa: l’UE ha proibito la caccia nel momento del ritorno degli uccelli migratori, in febbraio e marzo. La provincia di Gipuzcoa l’aveva consentita – sostenendo che qui è una “tradizione locale” – e aveva fatto ricorso a Strasburgo, ma è stata multata. Si tratta sicuramente di un successo, anche per i gruppi conservazionisti e protezionisti.

Che opinione avete dei “verdi”? E di Green Peace?

In Hegoalde i “verdi” praticamente non esistono. Sono invece presenti in  Iparralde, e non sono “filofrancesi” ma nemmeno abertzale.
Da noi c’è un gruppo che usa la sigla Berdeak (“verdi” in basco), ma non ha quasi militanti ed è integrato in Izquierda Unida. Sono una copia di I.U.-Verdi della Spagna.
Non abbiamo problemi con Green Peace; 3) ma attualmente non abbiamo nemmeno rapporti dato che riconoscono soltanto Green Peace di Spagna e non in Euskal Herria. Con Green Peace ci fu una grossa polemica al tempo di Itoiz quando questa organizzazione criticò duramente il sabotaggio dei cavi.

Una tua opinione sul cosiddetto “antropocentrismo” (inteso come visione del mondo, spesso con forti implicazioni religiose e gerarchiche) e sulle critiche radicali cui viene sottoposto, soprattutto dai gruppi animalisti.

Esprimo una mia opinione personale. Noi umani siamo abitanti della Terra; non importa come ci siamo arrivati, ma dobbiamo vivere in relazione con il suolo e il mare, con i nostri vicini, piante e animali… E dobbiamo mantenere un equilibrio perché tutti ci aiutiamo: il sole, la terra, l’acqua…
Se uno rompe l’equilibrio, come sta avvenendo ora, tutto si frantuma, si degrada. Quindi per me l’importante è mantenere l’equilibrio, l’armonia.
Per questo siamo anticapitalisti e anche contro lo sviluppo (anche quello dell’URSS di ieri e della Cina di oggi); infatti siamo convinti che il mercato sia fonte di squilibrio e di oppressione, e quanto più grande diventa il mercato (come con la globalizzazione) tanto più aumentano squilibrio e oppressione.

N O T E

1) Juan Mari si riferisce ai primi anni ottanta, quando il Consiglio dei Ministri riconobbe pubblicamente che le previsioni dei futuri bisogni energetici erano state volontariamente e arbitrariamente sovrastimate e stabilì una moratoria per alcune centrali nucleari in costruzione, tra cui Lemoiz, chiusa poi definitivamente nell’inverno del 1994.
2) Ho notato che la maggior parte dei militanti ecologisti prende le distanze dal termine “ambientalista”, sinonimo, in questo contesto particolare, di eccessiva moderazione se non di collaborazionismo. Per esempio spesso vengono definiti “ambientalisti” i “verdi” presenti in Izquierda Unida, considerati parolai.
3) Alcuni dei primi e più attivi militanti di Green Peace in Europa erano baschi.