La scadenza del 3 ottobre 2005 rappresenta l’inizio dei negoziati definitivi tra l’Unione Europea e il governo di Ankara in vista dell’adesione della Turchia alla UE.
Questa adesione sta suscitando da tempo discussioni e polemiche, alimentate soprattutto da movimenti politici a carattere identitario – qui da noi la Lega Nord e alcuni gruppi venetisti – che la interpretano come il preludio della “invasione islamica antieuropea”. Accanto a queste posizioni esistono anche altre obiezioni di segno opposto, talvolta sollevate dalle stesse organizzazioni turche che si battono per la difesa dei Diritti umani.
In base ai precedenti accordi, lo Stato turco avrebbe dovuto rispettare un programma di democratizzazione basato su alcuni criteri quali: libertà di espressione, libertà di manifestazione, diritti delle minoranze sia linguistiche che religiose.
Sembra invece che a poco a poco su queste richieste di democrazia abbiano finito con il prevalere gli interessi commerciali e strategici.
È singolare che tutto il dibattito sui Diritti umani si sia alla fine concentrato sulla legge in merito all’adulterio (che in effetti sarebbe stata modificata) lasciando in ombra questioni non certo irrilevanti come la tortura, le esecuzioni extragiudiziali, la censura dei mezzi di informazione, i massacri operati nelle carceri (dove vige un disumano regime di isolamento per i prigionieri politici), la durissima repressione a cui viene sottoposta la popolazione curda. In particolare sulle montagne, lontano dai riflettori dei mezzi di comunicazione.
Va comunque anche ricordato che proprio alcune organizzazioni curde – tra cui alcune seguaci di “Apo” Ocalan – hanno espresso parere favorevole all’entrata della Turchia nell’Unione Europea.
Forse sperando in una “internazionalizzazione” del contenzioso turco-curdo.
Ad alimentare ulteriormente le polemiche è poi venuta a sovrapporsi la questione di Cipro, dato che Ankara sembra poco intenzionata a riconoscere la repubblica greco-cipriota.
Nonostante la soddisfazione dimostrata da alcuni commissari europei in merito ai “progressi democratici della Turchia” rimangono quindi molte perplessità.
Un portavoce (anonimo, per sua sicurezza) di alcune associazioni di familiari dei prigionieri politici ci spiegava che

la polizia turca pratica ancora sistematicamente torture e stupri nei commissariati, incoraggiata dalla clemenza legislativa nei confronti dei torturatori; scrittori, artisti, disegnatori – soprattutto di satira politica – sono attualmente perseguitati. Attualmente nelle prigioni turche ci sono circa tremila prigionieri politici di opinione. Tra cui sette giornalisti e un gran numero di studenti, sindacalisti, artisti e attivisti politici.

Questi ultimi, in particolare, sarebbero sottoposti a maltrattamenti da parte dei carcerieri.
Il 1° giugno 2005 le autorità turche avevano emanato una serie di leggi per adeguarsi agli standard europei e per una riforma del codice penale apprezzata dalla UE.
Ma, continuava il nostro interlocutore

analizzate nei dettagli, queste leggi mostrano in realtà di limitare fortemente i diritti fondamentali, in particolare la libertà di stampa. E proprio nello stesso giorno passava una nuova legge assai lesiva dei diritti dei detenuti, senza che questo abbia suscitato particolari obiezioni in ambito europeo. Inoltre, le competenze in materia di intercettazioni telefoniche non dipenderanno più dai giudici, ma direttamente dalla polizia. I sospetti potranno essere arestati e rinchiusi nelle celle di isolamento senza bisogno di prove ed è facile prevedere che la propaganda politica sarà sottoposta a ulteriori repressioni.

Anche se non sempre tutto quello che avviene nelle carceri emerge all’esterno, la cronaca recentemente si è dovuta comunque occupare di alcuni gravi episodi.
Il 30 luglio 2005, una ventina di detenuti appartenenti al Dhkp-C (organizzazione della sinistra rivoluzionaria turca, inserita dal Dipartimento di Stato statunitense nella lista delle formazioni terroristiche) sono stati duramente picchiati e bastonati a sangue dai militari della prigione di Tekirdag, dove sono in vigore le celle di isolamento totale denominate “F”. Questi detenuti appartengono alla stessa organizzazione i cui militanti, nella totale indifferenza dell’informazione mondiale, da ormai cinque anni protestano contro il regime carcerario con scioperi della fame dalle conseguenze devastanti.
Uno di questi era iniziato il 20 ottobre 2000; un mese dopo, il 19 dicembre, l’esercito attaccò le carceri uccidendo ventotto detenuti e ferendone un migliaio. Fino a ora le vittime di questo “digiuno della morte” (detenuti e familiari che digiunano per solidarietà) sono almeno 120. Al momento la tragica catena sembra essersi interrotta, ma soltanto perché ai prigionieri in sciopero della fame viene imposta l’alimentazione forzata, una pratica definita da Amnesty International una forma di tortura e proibita dai trattati di Tokyo e di Malta. Questo ha provocato gravi menomazioni fisiche e psichiche a circa seicento detenuti, molti dei quali ora soffrono della sindrome di Wernicke-Korsakoff. Anche i loro familiari che digiunano nel parco Abdi Ipekci, di fronte ai palazzi ministeriali, subiscono sistematicamente le violenze della polizia e dei gruppi di etrama destra, i Lupi Grigi.
Molte associazioni di sostegno ai familiari dei detenuti politici, in particolare Tayad, hanno dichiarato che queste milizie agiscono in accordo con le forze repressive ufficiali e che a loro viene garantita la totale impunità.
In aprile, proprio cinque esponenti di Tayad sono stati linciati dai Lupi Grigi mentre distribuivano materiale di denuncia del regime carcerario. Nello stesso periodo, anche molti studenti universitari – pacifisti, esponenti di ONG, militanti di sinistra – sono stati aggrediti e gravemente feriti. Sempre in aprile, i Lupi Grigi hanno iniziato a bruciare pubblicamente i libri di Orhan Pamuk, lo scrittore che ha osato parlare pubblicamente del genocidio degli armeni e dei massacri subiti dalla popolazione curda. Per le stesse ragioni (coincidenza o sintonia?) era stato accusato dal tribunale di “aver insultato la nazione turca”.
Più recentemente, il 4 settembre 2005 a Bozoyuk e a Eskisehir, i Lupi Grigi hanno picchiato impunemente vecchi, donne e bambini che manifestavano in solidarietà con i curdi.